22 giugno 2014- Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo: la comunione tra l'uomo e Dio

News del 21/06/2014 Torna all'elenco delle news

Tra la festa della Santissima Trinità e quella del sacro Cuore di Gesù, la Chiesa pone quella del Suo Corpo che si fa pane e si dona a noi: alimento per eccellenza e alimento di vita eterna. L' Eucarestia è "il sacramento della vita e della morte del Signore" (P. Cantalamessa). Infatti il suo sangue versato è per eccellenza il calice della salvezza e il suo corpo è straordinario farmaco d'immortalità. "Essendo eterno ed incorruttibile Tu rendi incorruttibili quelli che mangiano Te, e li porti all'eternità con la smisurata efficacia che ti è naturale" (Filocalia). L'uomo è ciò che mangia, diceva Feuerbach, un ateo che intendeva dire che nell'uomo non c'è altro che materia, ma così, senza volerlo, ha dato una definizione esattissima dell'Eucarestia confermando -senza saperlo-ciò che aveva già detto San Leone Magno: "La partecipazione all'Eucarestia, tende a farci diventare ciò che mangiamo". Gesù nell'Eucaristia è presente non come una cosa, ma come una Persona, cioè come un Io che si comunica al nostro io, quindi c'è comunione di persone, incontriamo veramente qualcuno.

Quando andiamo alla Comunione tendendo la mano per ricevere il Signore della vita, siamo come dei mendicanti che tendono la mano per chiedere la carità del Pane di vita eterna, siamo il povero che tutto riceve, anzi riceve il Tutto: una carica esplosiva straordinaria, un fuoco ardente e incendiante. Eppure non bruciamo e non sentiamo la scossa! Non è normale non sentire che il fuoco brucia, e che la corrente dà la scossa. Siamo troppo protetti dall'irruzione di Dio. C'è troppo isolante in noi, cioè troppa indifferenza, troppo poca consapevolezza di chi stiamo per ricevere, troppa sterpaglia e rovi (= gli affanni a gli affari del mondo e le preoccupazioni della vita) che ci impediscono di essere raggiunti da questa forza ad altissima tensione che ci attraversa. Il Cristo si riversa in noi come una forza e un liquore inebriante che dovrebbe trasformaci totalmente, e noi non ce ne accorgiamo neanche, rimaniamo tali e quali con le nostre tristezze e pesantezze, invece di fare l'esperienza dell'ebbrezza dello Spirito. Dobbiamo chiedere la grazia di ridiventare normali: di sentire il fuoco bruciare e la scossa scuotere!

Nella Consacrazione, il sacerdote consacra tante piccole ostie assieme a quella grande, fatte di pane azzimo, cioè non fermentato perché senza lievito. Le piccole ostie siamo noi e dobbiamo diventare anche noi pani azzimi, cioè senza lievito di malizia, di vanagloria e di tutto quello che fermenta e fa gonfiare smisuratamente il nostro io che accaparra tutto e ci impedisce di essere attenti al Tu che riceviamo nell'ostia consacrata. E ci impedisce di sentire la scossa.
Il culto eucaristico poi, non si esaurisce nella Comunione, ma c'è anche l'adorazione a Gesù presente nel Tabernacolo. Ultimamente questo aspetto è stato un po' dimenticato, o perlomeno sottaciuto e va rivalutato. E' infatti un bellissimo gesto quello di andare a salutare Gesù presente nel tabernacolo, ogni volta che passiamo davanti ad una chiesa o fare l'adorazione ogni volta che ne abbiamo l'opportunità. E' come esporsi ai raggi potentissimi del nostro Sole divino.

Nella Comunione e nella S. Messa, siamo noi i mendicanti della Parola e del Pane, ma nel Tabernacolo il mendicante è Gesù che ci dice: c'è qualcuno che si ricorda che Io sono qui veramente presente e in attesa che qualcuno bussi alla mia porticina per riversare su di lui un oceano di luce e di amore? E dopo saremo anche noi come piccoli Soli, come dice Dionigi l'Areopagita, che prima si sono riempiti di splendore irradiato e poi lo trasmettono agli altri. 

La Solennità del Corpus Domini per antica tradizione è la festa più importante e sentita della cristianità circa il culto eucaristico. Il centro della vita di ogni cristiano è la SS. Eucaristia, sia come celebrazione del memoria della Pasqua del Signore, sia come partecipazione alla mensa eucaristica ed al banchetto del cielo che la SS. Eucaristia anticipa sacramentalmente. Intorno a questa festa si sono sviluppate importanti manifestazioni di culto e di fede, che, soprattutto in alcune comunità conservano la loro freschezza, validità, incisività nella vita spirituale dei cristiani...Rinnoveremo questa lode al Signore anche quest'anno con il partecipare prima di tutto alla liturgia eucaristica e poi alla solenne processione del Corpus Domini, che è la madre di tutte le processioni che si svolgono nelle nostre città e nei nostri quartieri, in quanto a camminare per le strade della nostra vita quotidiana è lo stesso Cristo nel santissimo sacramento dell'altare. Non è l'immagine della Madonna e neppure di santi, non sono le icone del Cristo, della Vergine Santa e dei Santi, ma è Gesù stesso che passa per le nostre strade a benedire, confortare e consolare, ma anche a chiedere un impegno di vita cristiana che parta proprio dal culto eucaristico e che si sviluppi in questo orizzonte.

Omelia di padre Antonio Rungi 

 

Le cose semplici che sconfinano nel mistero

Io sono il pane vivo: Gesù è stato ge­niale a scegliere il simbolo del pane. Il pane è una realtà santa perché fa vi­vere, e che l'uomo viva è la prima legge di Dio e nostra. Il pane mostra come la vita dell'uomo è indissolubilmente legata ad un po' di ma­teria, dipende sempre da un poco di pa­ne, di acqua, di aria, cose semplici che confinano con il mistero e il sublime. Le cose semplici sono le più divine: que­sto è proprio il genio del cristianesimo. In esso Dio e uomo non si oppongono più, materia e spirito si abbracciano e scon­finano l'uno nell'altro. È come se il mo­vimento dell'incarnazione continuasse ogni giorno. Non dobbiamo disprezzare mai la terra, la materialità, perché in es­se scende una vocazione divina: assicu­rare la vita, il dono più prezioso di Dio.

Se uno mangia di questo pane vivrà in e­terno. Una parola scorre sotto tutte le parole di Gesù nel Vangelo di oggi, e forma la ner­vatura del suo discorso: la parola «vita». Che hai a che fare con me o Pane di Cri­sto? La risposta è una pretesa perfino ec­cessiva, perfino sconcertante, e tanto semplice: «o ti faccio vivere». Gesù è nella vita datore di vita, come lo è il pane. Il convincimento assoluto di Ge­sù è quello di poter offrire qualcosa che noi prima non avevamo: un incremento, un accrescimento, una intensificazione di vita per tutti coloro che fanno di lui il lo­ro pane quotidiano. Cristo diventa mio pane quando prendo la sua vita buona bella e beata, come misura, energia, se­me, lievito della mia umanità. Mangiare e bere la vita di Cristo è un evento che non si limita alle celebrazioni liturgiche, ma che si moltiplica dentro il vivere quoti­diano, si dissemina sul grande altare del pianeta, nella «messa sul mondo» (Th. de Chardin). Io mangio e bevo la vita di Cristo quando cerco di assimilare il noc­ciolo vivo e appassionato della sua esi­stenza, quando mi prendo cura con te­nerezza di me stesso, degli altri e del crea­to. Quando cerco di fare mio il segreto di Cristo, allora trovo il segreto della vita.

Chi mangia la mia carne e beve il mio san­gue rimane in me e io in lui. La parola de­terminante: io in lui, lui in me. Questa è tutta la ricchezza del mistero: Cristo in voi! (Col 1,27). La ricchezza del mistero della fede è di una semplicità abbagliante: Cri­sto che vive in me, io che vivo in Lui. E­vento d'Incarnazione che continua: il Ver­bo di Dio che ha preso carne nel grembo di Maria, continua ostinato e infaticabi­le a incarnarsi in noi, ci fa tutti gravidi di Vangelo, incinti di luce. Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui as­sorbe il mio cuore, e diventiamo una co­sa sola, un'unica vocazione: diventare, nella vita, pezzo di pane buono per le per­sone che amo.

Omelia di padre Ermes Ronchi 

 

Eucarestia: l'immenso dono di Dio

Se c'è qualcosa che non ha limiti, nel dono e nel tempo, è l'Eucarestia: nel dono totale, fino a diventare "Pane della vita", e nel tempo, perché non conosce limiti.

Oggi la Chiesa nella Solennità del Corpus Domini (Corpo del Signore) ci invita ad entrare in questo mistero della fede, che il sacerdote, ogni volta celebra la Messa così sintetizza, con le ineffabili parole di Gesù in cui si compie il grande dono di Sé: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete questo è il calice del mio sangue. Fate questo in memoria di Me". (Lc. 22, 16)

Il Santo Giovanni Paolo II così scriveva nella sua enciclica "Chiesa ed Eucarestia": "Quando penso all'Eucarestia, guardando alla mia vita di sacerdote, di vescovo, di successore di Pietro, mi viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è successo di celebrarla... la cattedrale di Wawel, la basilica di San Pietro... in cappelle poste sui sentieri di montagna, sulle sponde di laghi, sulle rive dei mari, l'ho celebrata in altari costruiti negli stadi, nelle piazze delle città. Questo scenario così variegato, me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico. Perché quando viene celebrata sul piccolo altare di campagna, l'Eucarestia è sempre celebrata, in un certo senso, sull'altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla... Davvero è questo, il Misterium Fidei, che si celebra nell'Eucarestia; il mondo, uscito dalle mani di Dio creatore, torna a Lui, redento da Cristo". (n. 8) È, quella di S. Giovanni Paolo II, la stessa meraviglia e gioia che ogni credente dovrebbe vivere nella S. Messa, per il dono di Gesù nell'Eucarestia. Eppure noi uomini, deboli e quasi impotenti ad abbracciare la grandezza dell'Amore, che non ha limiti nel dono e nella felicità, facciamo difficoltà ad entrare in quello che, invece, dovrebbe farci sussultare di gioia....perché più amati di così si muore...e più felici di così, davvero non si può essere! Il solo pensare che, nella S. Messa, cui partecipiamo, siamo come i Dodici seduti attorno a Gesù e che, a noi, Gesù fa la stessa offerta, lo stesso Dono, reale e vero, tramite il sacerdote, che in quel momento è Cristo, dovrebbe farci dire: ?Signore, dacci sempre questo pane!'. Ma è così?

Credo che non si possa gustare la solennità del Corpus Domini, senza, con sincerità, interpellarsi su cosa significhi per noi la Messa. Dovrebbe essere, almeno la domenica, il grande momento dell'incontro con Gesù che, con noi "desidera cenare, dandoci il Suo Corpo e Sangue'. Fa davvero impressione come troppi di noi abbiamo perso questo stupendo momento di indicibile gioia. Una gioia che non traspare, tante volte, neppure in chi partecipa alla Messa. Il momento della Comunione, quando il celebrante, accostandoci all'altare, ci offre il "Corpo di Cristo", dovrebbe essere un evento di pace, di completezza, unito alla consapevolezza che, con Gesù, divenuto "Pane della nostra vita, così fragile, siamo diventati, tutti, "un solo corpo", al punto che l'assemblea dovrebbe gustare la gioia di essere, in Lui, con tutti, una comunità che si ama.

Tra i meravigliosi e incredibili doni che Gesù ci ha fatto, certamente l'Eucarestia è il Dono per eccellenza: ci ha donato Se stesso, che sotto le specie del pane si fa 'Pane di vità. Non deve dunque stupire il fatto che tutti i santi abbiano fatto dell'Eucarestia il vero segreto della santità e felicità della vita. Il solo pensiero che nella Comunione incontriamo Gesù vivo e vero, rende inconcepibile pensare alla Celebrazione eucaristica, come un dovere da espletare o un peso da sopportare! E' una questione di fede. Se la Chiesa, nel corso dei secoli, ha pensato alla domenica come "il giorno del Signore", è chiaro che il punto centrale di questo giorno è l'Eucarestia.

Forse occorre recuperare una forte ed efficace catechesi, anche perché, l'allontanamento dall'Eucarestia o l'accostarla senza le dovute disposizioni, o il sentirla semplicemente come un rito da vivere, dipende proprio dall'ignoranza, dalla non comprensione della sua bellezza, del Dono immenso che ci fa Dio stesso in Suo Figlio. Inoltre la celebrazione eucaristica domenicale crea la Comunità, si ripetono i gesti del Maestro nell'Ultima Cena, e come i primi cristiani si impara a vivere "nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" soprattutto volendosi bene: questo è diventare Chiesa, popolo in cammino dietro le orme del proprio Signore. Ecco perché bisogna risvegliare le coscienze cristiane. Non possiamo dirci discepoli di Gesù se non cresciamo nella fede e nella carità, superando tutto ciò che è solo rito o esteriorità e imparando a leggere i "segni sacramentali" nella verità a cui ci rimandano. Solo la fede ci può aiutare a vivere e celebrare l'Eucarestia, comprendendone il valore, il dono e la forza che da essa può scaturire, perché è partecipazione alla stessa passione, morte e resurrezione di Gesù. La S. Messa è la nostra Pasqua quotidiana, cioè "resurrezione a vita nuova" operata in noi da Gesù stesso.

Nella Solennità del Corpus Domini aiutiamoci ad approfondire o recuperare il valore essenziale dell'Eucarestia con alcuni stralci di una catechesi di Papa Francesco: "L'Eucaristia ci introduce nella comunione reale con Gesù e il suo mistero. Come viviamo l'Eucaristia? È solo un momento di festa, è una tradizione consolidata, è un'occasione per ritrovarsi o per sentirsi a posto, oppure è qualcosa di più? Ci sono dei segnali che ci dicono se noi viviamo bene l'Eucaristia. Il primo è il nostro modo di guardare e considerare gli altri. Nell'Eucaristia Cristo attua sempre nuovamente il dono di sé che ha fatto sulla Croce. Tutta la sua vita è un atto di totale condivisione di sé per amore... L'Eucaristia che celebro, mi porta a sentire tutti come fratelli e sorelle? Mi aiuta a riconoscere in loro il volto di Gesù? Tutti noi andiamo a Messa perché amiamo Gesù e vogliamo condividere, nell'Eucaristia, la sua passione e la sua risurrezione. Ma amiamo, come vuole Gesù?... Un secondo indizio, molto importante, è la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare.... In quel pane e in quel vino che offriamo e attorno ai quali ci raduniamo si rinnova ogni volta il dono del Corpo e del Sangue di Cristo per la remissione dei nostri peccati. Dobbiamo andare a Messa umilmente, come peccatori e il Signore ci riconcilia. Un ultimo indizio prezioso ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre comunità cristiane. L'Eucaristia non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No. È proprio un'azione di Cristo! È Cristo che lì agisce, che è sull'altare. E' un dono di Cristo, il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sé, per nutrirci della sua Parola e della sua vita. Attraverso l'Eucaristia, Cristo vuole entrare nella nostra esistenza e permearla della sua grazia. Viviamo quindi l'Eucaristia con spirito di fede, di preghiera, di perdono, di penitenza, di gioia comunitaria, di preoccupazione per i bisognosi e per i bisogni di tanti fratelli e sorelle, nella certezza che il Signore compirà quello che ci ha promesso: la vita eterna".

E allora, carissimi, facciamo festa, oggi, ma una festa senza fine, come è quella di accogliere l'Eucarestia, il Corpo di Cristo, "vera gioia del cuore". Farsi amare da Dio così è dare alla vita quella serenità che diventa poi contagiosa per quanti incontriamo e in quello che facciamo.

Omelia di mons. Antonio Riboldi

 

Liturgia e Liturgia della Parola della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) 22 giugno 2014

tratto da www.lachiesa.it