20 aprile 2014 - Solennità di Pasqua, Resurrezione del Signore: Cristo non solo è il Risorto, al passato, ma è il Risorgente, qui e ora, sorgente di vita nuova

News del 19/04/2014 Torna all'elenco delle news

A Pasqua, un Vangelo dove tutto si colora di urgenza e di passione.

Urgenza del seme che si apre, del masso che rotola via, e il sepolcro vuoto e risplendente nel fresco dell'alba è co­me un grembo che ha partorito, come il guscio di un seme aperto.

Passione che sorregge quel lungo correre di tutti nell'alba, corre Maria, corrono Pie­tro e Giovanni, perché l'amore ha sem­pre fretta; passione come lacrime, quelle di Maddalena, che non si rassegna all'e­videnza della morte. Amare è dire: tu non morirai (G. Marcel).

Il Vangelo accompagna passo passo il di­svelarsi della fede, che prende avvio da un corpo assente: dove l'avete portato? Io andrò a prenderlo... io, piccola donna e immenso cuore; io, deboli braccia e indomito amore. Poi la prima parola del Ri­sorto, umile, commovente, che incanta ancora: «Donna, perché piangi?» Il Dio del cielo si nasconde nel riflesso più profon­do delle lacrime. E quando parla, la sua voce trema: non piangere, amica mia.

Il Risorto ricomincia gli incontri con il suo stile unico: il suo primo sguardo non si posa mai sul peccato di una persona, il suo primo sguardo si posa sempre sulla sua sofferenza. Inconfondibile: è il Si­gnore!

Maria vorrebbe afferrarlo e non lasciarlo andare. Ma Gesù: Non mi trattenere, dice, devo andare! Da questo giardino al cosmo intero, da queste tue lacrime a tutte le la­crime del mondo. Non mi trattenere, so­no in viaggio oltre le parole, oltre le idee, oltre le forme e i riti, oltre le chiese. Oltre la morte. Inizia l'immensa migrazione de­gli uomini verso la vita. Anche se Cristo sembra allontanato dalla casa del mon­do, egli è nella stanza più intima del mon­do, negli inferi della storia, nelle profon­dità della materia e della persona. E co­loro che non accettano che il mondo a­vanzi così, si perpetui così, coloro che vogliono cieli nuovi e una nuova terra, san­no che la Pasqua ormai matura come un seme di luce nella terra, come un seme di fuoco nella storia.

Cristo non solo è il Risorto, al passato, ma è il Risorgente, qui e ora, e continua a ro­tolare via i massi dall'imboccatura del cuore. Cristo non è semplicemente risor­to una volta per tutte, non è solo risor­gente per l'eternità dal fondo del mio es­sere, egli è la Risurrezione stessa, energia che ascende, germe di vita, vita germi­nante, risveglio e ascesa. Pasqua è la fe­sta dei macigni che rotolano via. E noi usciamo pronti alla primavera di rapporti nuovi. Trascinati in alto dal Cristo risor­gente in eterno da tutti gli inferi della sto­ria, della materia, della persona.

La sua Risurrezione non riposerà finché non sia spezzata la pietra che chiude l'ul­timo cuore e le sue forze non arrivino al­l'ultimo ramo della creazione.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Cristo - luce del mondo

Nella Veglia pasquale il Triduo raggiunge il suo culmine sacramentale. Infatti nel nucleo più originale della Pasqua, questa veglia è come una sintesi di tutta la liturgia annuale, perché, attraverso una prolungata celebrazione della Parola di Dio e poi della Luce e dell'Acqua, ricùpera tutta la ricchezza del simbolismo, che ci permette di accostarci realmente al mistero. L'introduzione della liturgia della luce (benedizione del fuoco e del cero pasquale) con il canto dell'annuncio della resurrezione ci introduce nella nuova ed eterna alleanza ricostituita fra Dio e l'umanità in Cristo Gesù. La luce è la prima opera della creazione. Ora dal fuoco-luce si accende il cero pasquale, simbolo della luce di Cristo, luce che possiede-ha attraversato le tenebre del mondo, della storia e del peccato. La storia della salvezza viene rievocata a tappe nelle letture bibliche in chiave pasquale. La creazione diviene ora ri-creazione dalla risurrezione del Signore. Il sacrificio di Abramo è figura del sacrificio di Cristo, vero agnello che toglie il peccato del mondo. L'alleanza, figura nuziale fra Dio e il popolo, è destinata ora a divenire una comunità di discepoli con il Signore. La benedizione dell'acqua del fonte, che richiama il compimento di tanti riferimenti biblici, ci prepara alla celebrazione del Battesimo, o almeno alla rinnovazione dei nostri impegni battesimali. Cristo è risalito dalle acque della morte come noi risorgeremo dal sepolcro, divenuto come il seno materno, fecondo di vita nuova. La commensalità col Risorto diventa per noi il segno sacramentale più efficace per un cammino verso il nostro compimento. Alleluia! Il Signore della vita è risorto. Come Simon Pietro e l'altro discepolo corriamo anche noi verso quel sepolcro vuoto. Davanti ad esso è stata proclamata la grande rivelazione angelica alle donne, lì accorse per prime: "E' risorto! Non è qui!" La celebrazione eucaristica del Risorto ci invita a comprendere che l'oggetto della nostra fede non è solo "confessare con le labbra che Gesù è il Signore", ma anche a credere col cuore, che la salvezza, che proviene dal Risorto, passa attraverso questo memoriale della Pasqua del Cristo. Il Risorto ci ha donato la vita, ma ci comunica anche il potere di dare anche a noi la vita ai fratelli per amore, a imitazione sua, "l'amore di Cristo ci spinge verso l'altro".

Omelia dei Monaci Benedettini Silvestrini

 

Guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio

La frase posta a titolo di queste note deriva da quanto ha ricordato il papa Francesco nell'udienza dello scorso 9 aprile, parlando del primo dono dello Spirito Santo, la sapienza. "Non si tratta" ha detto il papa "semplicemente della saggezza umana, che è frutto della conoscenza e dell'esperienza: la sapienza-dono dello Spirito è la grazia di poter vedere ogni cosa con gli occhi di Dio. E' vedere il mondo, vedere le situazioni, le congiunture, i problemi, tutto, con gli occhi di Dio. Alcune volte noi vediamo le cose secondo il nostro piacere o secondo la situazione del nostro cuore, con amore o con odio, con invidia... No, questo non è l'occhio di Dio. La sapienza è quello che fa lo Spirito Santo in noi, affinché noi vediamo tutte le cose con gli occhi di Dio".

C'è un motivo, per cui ricordiamo oggi la sapienza: essa è uno dei frutti della Pasqua, e noi lo riceviamo nella misura in cui viviamo la Pasqua. Ma forse non tutti sanno che cosa significhi... Da giorni risuona nei nostri incontri l'augurio di "buona Pasqua", tanto ripetuto da divenire quasi automatico e così perdere di senso; non so poi quanti lo saprebbero spiegare. Sarà forse altrettanto automatico, ma almeno è esplicito il saluto che oggi si scambiano sorridenti i cristiani di tradizione orientale: "Cristo è risorto!" dice uno, incontrando un amico o anche uno sconosciuto; "Cristo è risorto!" risponde l'altro. Tuttavia, in occidente o in oriente che sia, ci si può chiedere perché continuare a celebrare un evento di duemila anni fa: e la risposta porta a scoprire che la Pasqua di Gesù, cioè il suo passaggio dalla morte alla vita, è l'apice di una vicenda cominciata tanto tempo prima, e nel contempo la fonte del suo seguito, ancora ben lontano dall'essersi esaurito.

La vicenda affonda le sue radici nell'infinita bontà divina, che offre agli uomini la redenzione, vale a dire la possibilità di superare la malizia di cui sono impastati. Per questo Dio scelse Abramo, i discendenti del quale costituirono l'ambito in cui accogliere il Redentore. Allo scopo gradatamente li istruì, e tante volte intervenne ad aiutarli, in particolare mandando Mosè a liberarli dalla schiavitù cui erano stati sottoposti in Egitto. Proprio là si cominciò a parlare di Pasqua, cioè "passaggio": è il passaggio notturno di un castigo che sterminò i primogeniti egiziani, risparmiando invece le case degli ebrei segnate dal sangue di un agnello; è il prodigioso passaggio del mare, con cui un insieme di persone divenne un popolo, cui Dio diede una terra e una legge. Gli ebrei hanno poi sempre considerato questi fatti come l'epopea nazionale, ricordandola ogni anno con la festa detta appunto Pasqua, e confidando nell'aiuto di Dio per altre liberazioni dalla soggezione a popoli stranieri. Quando il Redentore è giunto, si aspettavano di essere liberati dal dominio romano; non avevano capito i tanti preannunci che l'Atteso sarebbe venuto a liberare gli ebrei, ma anche tutti gli altri popoli, e non da soggezioni politiche ma dalla soggezione al male che tutti ci portiamo dentro.

L'Atteso lo ha fatto sobbarcandosi i peccati di tutti, espiandoli con la propria morte liberamente accettata e vincendo la stessa morte con la risurrezione. Questa è la Pasqua che festeggiamo, il passaggio di Gesù dalla morte alla vita; e lo festeggiamo, perché egli offre a quanti hanno fede in lui di partecipare alla sua vittoria: sin da adesso, chiedendogli e ottenendo di passare dalla morte spirituale del male in cui siamo invischiati a una vita libera dai gravami che la soffocano, libera di guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio, tanto libera da poter accogliere, quando sarà, il dono di condividere la sua stessa vita, per sempre.

Buona Pasqua: intesa così, lo sarà davvero. Cristo è risorto, e ci offre la possibilità di risorgere con lui.

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

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