Chi è il più grande

News del 19/09/2009 Torna all'elenco delle news

Ancora, come nel passo letto domenica scorsa, troviamo oggi Gesù intento a istruire gli apostoli, in particolare preparandoli agli eventi prossimi, così diversi da quelli che essi si attendevano dal Messia. Eccolo allora ribadire che lui, “il Figlio dell’uomo, viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. Tuttavia, la greve umanità di coloro che pure lui stesso ha scelto come primi collaboratori insiste nell’aggrapparsi all’opinione corrente di un Messia politico, il quale, cacciati i Romani occupanti, restaurerà l’antico regno d’Israele, indipendente e glorioso come quello di Davide e Salomone. Sono così radicati in questa prospettiva, che invece di badare alle parole del Messia discutono tra loro su chi sia il più grande, e dunque a chi di loro, nel futuro regno, toccherà il posto più importante.
Pazientemente Gesù torna a spiegare e, come usavano fare gli antichi profeti, accompagna le sue parole con un gesto esemplificativo. I bambini allora erano privi di rilevanza giuridica e sociale; perciò un bambino si prestava ad essere il simbolo degli emarginati, dei tanti che “non contano”. In quel bambino, Gesù li abbraccia tutti, e invita a fare altrettanto.
Quale cambio di prospettiva! Il più grande è chi serve, chi accoglie nella propria mente e nel proprio cuore anzitutto quanti non godono di privilegi, quanti nella società stanno un passo (o due, o tre, e spesso di più) dietro agli altri. Nel mondo nuovo che Gesù instaura, l’importanza di una persona non si misura dal suo potere, dal suo danaro, dal suo successo, ma dalla disponibilità, dall’impegno a fare giustizia, ad alleviare le condizioni dei meno fortunati.
Così ha fatto lui, e dopo di lui una schiera di uomini e donne che hanno cercato di imitarlo. In virtù del loro impegno, questo rivoluzionario principio in duemila anni ha cambiato il mondo; oggi formalmente tutti, e non solo i cristiani, condannano certi atteggiamenti e criteri di vita che un tempo erano ritenuti normali (la discriminazione delle donne, la pedofilia, la schiavitù, il dispotismo eccetera); almeno a parole, oggi tutti riconoscono che la fame nel mondo è frutto di un’ingiustizia da sanare, ed è pacifico che chi è investito di autorità non dovrebbe operare per l’utile proprio ma per il bene comune. Insomma, sull’antico criterio dello sfruttare gli altri a proprio vantaggio (o, quando andava bene, dell’indifferenza per le condizioni altrui) oggi trionfa il criterio prettamente cristiano del servire. Trionfa negli enunciati delle leggi e nelle dichiarazioni pubbliche; se però si guarda ai fatti, si rischia di deprimersi costatando la loro difformità rispetto ai principi.
Ne deriva l’impegno, per ogni uomo che si riconosca tale, ad adeguare il proprio comportamento ai principi che un’onesta intelligenza riconosce giusti. E ciò vale in prima linea per la Chiesa, che da sempre proclama l’autorità come servizio (la sua massima autorità, il papa, porta ufficialmente il titolo di “servo dei servi di Dio”) e prevede figure a ciò specificamente deputate ( ad es. il compito proprio del diacono è proprio il servire). L’impegno vale però anche per i singoli cristiani, se vogliono ritenersi seguaci del Figlio di Dio, il quale è venuto tra noi, come ha dichiarato lui stesso (Vangelo secondo Marco 10,45), non per essere servito ma per servire. Sino a dare la vita.

Testo di mons. Roberto Brunelli

 

La competitivita' evangelica

Il Vangelo di questa domenica sembra darci una risposta alle grandi esigenze dell'umanità: un ribaltamento delle prospettive: a chi vuole essere il più grande è proposto di essere il più piccolo. Solo in questo modo si fa esperienza di Dio perché proprio nell'accoglienza di un piccolo si accoglie Gesù e il Padre stesso. E' una logica difficilissima da accettare in un mondo dove la rincorsa della competitività sembra inarrestabile, dove il potere fa la parte del padrone, dove i 10 uomini più ricchi del mondo hanno in mano la ricchezza del prodotto interno lordo di tutti i Paesi africani...
Chi non vorrebbe essere il più grande? La tendenza a primeggiare, a eccellere, fa parte della natura umana. Dentro di noi c'è la paura di passare innosservati, di non essere nessuno, di essere considerati ultimi, i più piccoli, i meno amati...
Oggi questa tendenza a "emergere" si è accentuata ed è diventata frenesia... Si fanno le cose più strane e assurde per farsi notare... Senza arrivare a forme estreme, ciascuno di noi vive nel proprio ambiente di lavoro, a scuola forme di arrivismo e competitività esasperate.
Gesù sa che questa tendenza è racchiusa nel cuore dell'uomo e non dice di non essere i più grandi, i primi, anche lui che è Dio non può annullare questa tendenza che è in noi che è l'aspirazione all'Infinito. Gesù stesso ci propone una competitività evangelica:"Se vuoi essere grande, sii piccolo, come questo bambino".
E' una competitività all'incontrario, così come spesso il Vangelo propone. Gesù non condanna il desiderio di eccellere, di fare cose grandi nella vita, di dare il meglio di sè, Gesù non vuole dispepoli rinunciatari, e meschini.
"Se vuoi essere grande, guarda questo bambino...." Perché Gesù pone proprio il bambino come esempio? C'è nel bambino la voglia di crescere, la voglia di diventare come il papà. Gesù dunque ci dà una misura ed è quella di essere grandi come Dio-Padre, con un cuore grande come il suo.
Un esempio è proprio Madre Teresa di Calcutta. Lei è stata certamente una "prima donna". Poco più alta di un metro, è sicuramente la donna più famosa nel mondo, che ha vinto più di tutti premi e riconoscimenti nella sua vita. Al suo funerale erano presenti i capi di stato e i grandi della terra, ma la sua grandezza è stata a beneficio di milioni di persone, una benedizione in tutto il mondo.
Il primato che ci propone Gesù è il primato dell'amore. Chi più ama (cioè che non pensa a sè, ma agli altri) più è grande, di quella grandezza che non dà il mondo, ma quella grandezza che il mondo riconosce perché rimane per la vita eterna.
"Se vuoi essere il primo, sull'esempio di Madre Teresa,
ama gli 840 milioni di uomini malnutriti;
ama il miliardo e 600 milioni di analfabeti,
che non sanno leggere il proprio nome...
ama il miliardo e duecento milioni di persone senza acqua potabile;
ama i poveri senza casa, senza medicine, senza dignità..."
Madre Teresa non faceva grandi discorsi, ma le sue parole sapevano raggiungere in profondità: "Quando moriremo, ella diceva, non saremo giudicati in base alla quantità di lavoro compiuto, ma in base all'amore che vi avremo messo. E questo amore deve risultare dal sacrificio di sè ed essere sentito fino a far male..."
Concludiamo con queste parole di Madre Teresa scritte sul muro di una casa a Calcutta che accoglie i bambini che nessuno vuole:
"L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico, NON IMPORTA, AMALO.
Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici, NON IMPORTA, FA' IL BENE.
Se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici, NON IMPORTA, REALIZZALI.
Il bene che fai verrà domani dimenticato, NON IMPORTA, FA' IL BENE.
L'onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile, NON IMPORTA, SII FRANCO E ONESTO.
Quello che hai costruito può essere distrutto in un attimo, NON IMPORTA, COSTRUISCI.
Se aiuti la gente, se ne risentirà, NON IMPORTA, AIUTALA.
Dà al mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci, NON IMPORTA, DA' IL MEGLIO DI TE." 

Testo di Comunità Missionaria Villaregia (giovani)  

Foglietto della Messa di domenica 20 settembre 2009

Liturgia della Parola di domenica 20 settembre 2009