23 febbraio 2014 - VII Domenica del Tempo Ordinario: Siate perfetti, chiamati ad amare come Dio
News del 22/02/2014 Torna all'elenco delle news
Siate perfetti come il Padre (Mt 5,48), siate santi perché io, il Signore, sono santo (Lev19,2). Santità, perfezione, parole che ci paiono lontane, per gente che fa un'altra vita, dedita alla preghiera e alla contemplazione. E invece quale concretezza nella Bibbia: non coverai nel tuo cuore odio verso tuo fratello, non serberai rancore, amerai il prossimo tuo come te stesso (Lev 19,17-18).
La concretezza della santità: niente di astratto, lontano, separato, ma il quotidiano, santità terrestre che profuma di casa, di pane, di gesti. E di cuore.
Siate perfetti come il Padre. Ma nessuno potrà mai esserlo, è come se Gesù ci domandasse l'impossibile. Ma non dice «quanto Dio» bensì «come Dio», con quel suo stile unico, che Gesù traduce in queste parole: siate come Lui che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi.
Mi piace tanto questo Dio solare, luminoso, positivo, questo suo far sorgere il sole su buoni e cattivi.
Così farò anch'io, farò sorgere un po' di sole, un po' di speranza, un po' di luce, a chi ha solo il buio davanti a sé; trasmetterò il calore della tenerezza, l'energia della solidarietà. Testimone che la giustizia è possibile, che si può credere nel sole anche quando non splende, nell'amore anche quando non si sente. C'è un augurio che rivolgo ad ogni bambino che battezzo, quando il papà accende la candela al cero pasquale: che tu possa sempre incontrare, nei giorni spenti, chi sappia in te risvegliare l'aurora. Quante volte ho visto sorgere il sole dentro gli occhi di una persona: bastava un ascolto fatto col cuore, un aiuto concreto, un abbraccio vero!
Amate i vostri nemici. Fate sorgere il sole nel loro cielo; che non sorgano freddezza, condanna, rifiuto, paura. Potete farlo anche se sembra impossibile. Voi potete non voi dovete. Perché non si ama per decreto. Io ve ne darò la capacità se lo desiderate, se lo chiedete.
Allora capisco e provo entusiasmo. Io posso (potrò) amare come Dio! E sento che amando realizzo me stesso, che dare agli altri non toglie a me, che nel dono c'è un grande profitto, che rende la mia vita piena, ricca, bella, felice. Dare agli altri non è in contrasto col mio desiderio di felicità, amore del prossimo e amore di sé non stanno su due binari che non si incontrano mai, ma coincidono. Dio regala gioia a chi produce amore.
Cosa significano allora gli imperativi: amate, pregate, porgete, prestate. Sono porte spalancate verso delle possibilità, sono la trasmissione da Dio all'uomo di una forza divina, quella che guida il sole e la pioggia sui campi di tutti, di chi è buono e di chi no, la forza solare di chi fa come fa il Padre, che ama per primo, ama in perdita, ama senza aspettarsi contraccambio alcuno.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro
Continuiamo, nella domenica VII del tempo ordinario, la lettura del "discorso della montagna". Nel brano che oggi ci è proposto, Matt.5,38-48, Gesù, contro coloro che affermano che la sua venuta ha come conseguenza l'abolizione della Legge e dei Profeti, continua a proclamare che in Lui tutte le Scritture trovano il "compimento": Gesù, nella sua persona, mostra il vero senso della Legge e delle promesse profetiche.
Così, il Vangelo di Matteo ci guida a comprendere in modo sempre nuovo, chi è Gesù e che cosa significa per noi l'incontro personale con Lui.
La conclusione del nostro brano (v.48), che è pure il termine della prima parte del discorso, ci apre la vita verso orizzonti infiniti: "Siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste". Certo, per gli esegeti rimane sempre aperto il problema di comprendere esattamente il senso di questo invito di Gesù: la Liturgia ci stimola ad entrare con Lui in un'esperienza nella quale l'uomo non rimane ripiegato su se stesso ma si apre ad una relazione che lo dilata all'infinito.
Gesù è il "compimento" delle Scritture. Matteo che, conoscendo bene le Scritture, intende dimostrarlo, non può non rimandare alla prima pagina del libro della Genesi che parla dell'uomo come "immagine di Dio".
Gesù è il compimento anche di questa Scrittura: la sua relazione filiale con il Padre, realizza pienamente in Lui l'immagine di Dio.
Il libro del Levitico 19,2 (è la prima lettura della Liturgia di questa domenica) ricorda la parola detta dal Signore a Mosè: "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo". Il popolo ha sperimentato nel corso dei secoli che cosa significhi la santità di Dio: non è il rimanere chiuso nella sua irraggiungibile alterità, ma, al contrario è il suo compromettersi nella storia senza esaurirsi mai, il suo coinvolgersi per salvarla, il farsi piccolo per donare ad essa la sua grandezza inesauribile.
Gesù è il "santo", proprio perché è l' "Emmanuele", "Dio con noi", che è disceso per stare con i peccatori, mangiare con loro, soffrire e morire con loro per essere il Dio "per" loro. Anche per questo Gesù di Nazareth è l' "immagine" di Dio: di un Dio che rivela la sua onnipotente divinità, la sua santità, nell'immergersi nella carne. È il Figlio che riceve tutto dal Padre: si svuota di tutto per accogliere tutto dal Padre. In questo consiste il "compimento" che porta al termine, in modo inatteso, il progetto di Dio: tutto è grazia, dono, vita del Padre donata al Figlio, e tutto è così "carne", fragile, debole.
Nella novità di Gesù, prende senso anche la novità del "discorso della montagna". "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei non entrerete nel Regno dei cieli". Gesù non intende proporre un'etica più alta come impegno attraverso il quale l'uomo possa raggiungere una più piena realizzazione di sè. Egli offre all'uomo la propria esperienza filiale di apertura a Dio, l'accoglienza della vita del Padre che genera nell'uomo la vita divina. Offre all'uomo la sua esperienza di Figlio di Dio che vive la vita dell'uomo, con e per gli altri uomini, mostrando, perché lo vive, il senso pieno della parola del Levitico: "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo...Amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore". Gesù sperimenta nel suo cuore umano l'infinito amore del Padre e con il suo cuore umano trasmette agli uomini l'amore infinito del Padre. La santità di Dio è l'Amore con il quale egli ama la sua creatura. La santità di Gesù è il suo essere Amore che si incarna nella storia: ed è questa la via proposta da Gesù ai suoi discepoli, essere con Lui, segno dell'Amore di Dio nella quotidianità della vita. Non si tratta di un'etica perfetta ma della vita dell'uomo nuovo, del Figlio di Dio, Gesù, l'immagine piena di Dio, donata a chi come Lui si lascia amare dal Padre.
"Non sono venuto ad abolire ma a dare compimento". "Avete inteso che fu detto...ma io vi dico...": con una serie di cinque antitesi, Matteo ricorda alla sua comunità in che cosa consista il compimento portato da Gesù. Si tratta di un orizzonte che si allarga all'infinito: si tratta di vincere il male credendo nella forza del bene, di credere l'Amore nelle situazioni più comuni, anche più oscure, della vita. E questo è possibile solo ascoltando la parola di Gesù: "Io dico a voi...". E Lui conosce, sperimenta personalmente ciò di cui parla.
Il punto di arrivo, l'ultima antitesi di Matteo 5,43ss. esprime il respiro più profondo del cuore di Gesù. Riprendendo il testo del Levitico: "Amerai il tuo prossimo" con l'aggiunta che veniva dalla normale consuetudine umana "e odierai il tuo prossimo", Gesù dice: "Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano". E spiega con una delle frasi evangeliche più profonde, nella quale rivela e comunica tutta la sua esperienza più intima, la sua relazione con il Padre, la sua esperienza di Dio che fonda la novità dell'agire cristiano: "affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli". Solo l'esperienza dell'Amore del Padre rende l'uomo capace di vivere fino in fondo l'Amore filiale e fraterno. E Gesù aggiunge: "egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti". È qui, tutta la novità dell'esperienza di Dio di Gesù: Dio è Padre. È un Padre che dona il "suo sole", la vita; opera, "fa sorgere...fa piovere". Il suo è Amore operante che travolge tutte le discriminazioni umane, morali e religiose: "cattivi e buoni...giusti e ingiusti". Chi crede in questo Padre, vede come lui, ama come lui: anche in una persona sommersa dal male, in qualunque situazione tragica o drammatica si trovi, scorge un figlio amato dal Padre, un fratello da amare e dal quale ricevere Amore.
E Gesù esplicita ancora di più il suo invito con un richiamo forte, che deve risvegliare anche noi, abituati a leggere queste parole con superficiale disattenzione, senza accorcerci del rischio di non viverle perché diamo per scontata la nostra relazione con il Padre: "Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto solo ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?". L'esperienza di Dio Padre, l'esperienza filiale e fraterna, l'Amore come vita nuova è la differenza cristiana: Gesù sottolinea la diversità dell'agire cristiano capace di cambiare anche il senso sociale delle relazioni umane. Il Padre fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti: chi crede l'Amore ricrea la vita in tutti.
La conclusione, meravigliosa, è la sintesi del progetto di vita del "discorso della montagna": "Siate dunque, voi, perfetti, come il Padre vostro celeste è perfetto". Gli esegeti facendo il confronto con il testo parallelo di Luca 6,36 "siate misericordiosi come è misericordioso il vostro Padre", si chiedono quale sia la forma più vicina alle parole autentiche di Gesù. Certo Matteo porta al termine il discorso rivolto alla sua comunità. Gesù è il compimento delle Scritture, è il "santo", l' "immagine" di Dio, il Dio con noi, il Figlio mandato dal Padre per essere con gli uomini. In nessun testo la Scrittura parla di un Dio " perfetto" come noi potremmo pensare alla luce delle nostre filosofie. Per la propria esperienza, Gesù conosce un Padre che nella storia continua a comunicare il suo Amore inesauribile, senza limite: continua a far sorgere il sole. La sua "perfezione", il suo "compimento" non è mai finito: l'Amore si dilata nella storia. Ai suoi discepoli Gesù dice: "voi siate dunque, nella vostra storia, con la vostra vita, oggi, lo spazio in cui si compie l'Amore del Padre".
Omelia di mons. Gianfranco Poma
Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni
L'amore universale è già presente nell'Antico Testamento. Nel Libro della Sapienza esso è un amore di salvezza, redenzione, giustificazione, perdono. Non è mai un amore fine a se stesso. L'amore di Dio è generatore di vera elevazione spirituale. Tutto l'onnipotenza di Dio è al servizio del suo amore e della fedeltà verso l'uomo.
Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall'accusa di giudice ingiusto. Né un re né un sovrano potrebbero affrontarti in difesa di quelli che hai punito. Tu, essendo giusto, governi tutto con giustizia. Consideri incompatibile con la tua potenza condannare chi non merita il castigo. La tua forza infatti è il principio della giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti l'insolenza di coloro che pur la conoscono. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Se infatti i nemici dei tuoi figli, pur meritevoli di morte, tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza, concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla loro malvagità, con quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi figli, con i cui padri concludesti, giurando, alleanze di così buone promesse! (Sap 12,13-21).
Non è mai vero amore quello non finalizzato alla salvezza non di un solo uomo, ma di tutti gli uomini e di tutto l'uomo, nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito. All'amore dell'Antico Testamento dell'uomo verso l'uomo, manca l'arrendevolezza fino alla morte di croce per la sua vera salvezza. L'arrendevolezza è il frutto della vera sapienza, della sapienza completa e perfetta, così come Gesù oggi la insegna. San Giacomo è l'assertore della vera sapienza che sa sempre arrendersi.
Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall'alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia (Gc 3,13-18).
Con Gesù l'amore è nel dono di se stessi al fratello per la sua vera redenzione, giustificazione, elevazione, salvezza. Un amore che non è orientato e finalizzato alla vera salvezza, di tutto l'uomo, di ogni uomo, non è amore evangelico, non è amore cristiano, non è amore divino. È puramente e semplicemente convenienza umana.
Si ama, perdendosi, rinnegandosi, annientandosi, umiliandosi, sprofondandosi negli abissi della divina carità. Soprattutto si può amare solo dal cuore di Cristo Gesù, la sola fonte e sorgente del vero amore. Chi non è un solo cuore con il cuore di Gesù Signore, mai potrà amare, allo stesso modo che un assetato in un deserto mai potrà dare acqua da bere ad un altro assetato. Invece se uno è in una sorgente di acqua viva, potrà sempre dissetare il mondo che passa dinanzi a lui. Senza Cristo siamo assetati in un deserto senz'acqua. Diciamo parola di amore, esprimiamo desideri, ma non amiamo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci un solo cuore con Gesù.
Omelia a cura del Movimento Apostolico - rito romano
Liturgia e Liturgia della Parola della VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) 23 febbraio 2014