2 febbraio 2014 - Festa della Presentazione del Signore: Gesù, la luce preparata per i popoli
News del 01/02/2014 Torna all'elenco delle news
Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio per presentarlo al Signore, ma non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo contendono: Gesù non appartiene al tempio, egli appartiene all'uomo. È nostro, di tutti gli uomini e le donne assetati, di quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; di quelli che sanno vedere oltre, come Anna, e incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro. Gesù non è accolto dai sacerdoti, ma da un anziano e un'anziana senza ruolo, due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. È la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l'eterna giovinezza di Dio.
Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io le conservassi nel cuore: tu non morirai senza aver visto il Signore. La tua vita non si spegnerà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per me il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire. Io non morirò senza aver visto l'offensiva di Dio, l'offensiva del bene, già in atto, di un Dio all'opera tra noi, lievito nel nostro pane.
Simeone aspettava la consolazione di Israele. Lui sapeva aspettare, come chi ha speranza. Come lui il cristiano è il contrario di chi non si aspetta più niente, ma crede tenacemente che qualcosa può accadere. Se aspetti, gli occhi si fanno attenti, penetranti, vigili e vedono: ho visto la luce preparata per i popoli. Ma quale luce emana da questo piccolo figlio della terra? La luce è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall'uomo, mescola la sua vita alle nostre. E a quella di tutti i popoli, di tutte le genti... la salvezza non è un fatto individuale, che riguarda solo la mia vita: o ci salveremo tutti insieme o periremo tutti.
Simeone dice poi tre parole immense a Maria, e che sono per noi: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno di contraddizione.
Cristo come caduta e contraddizione. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, che contraddice la quieta mediocrità, il disamore e le idee false di Dio.
Cristo come risurrezione: forza che mi ha fatto ripartire quando avevo il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Risurrezione della nobiltà che è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato.
Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro alla vita, aprono brecce. Gesù ha il luminoso potere di far vedere che le cose sono abitate da un «oltre».
Omelia di padre Ermes Ronchi
La presentazione al tempio
La Chiesa celebra un gesto di devozione che Giuseppe e Maria vollero compiere per indicare la loro appartenenza al Padre.
Allora, non essendo ancora avvenuta la redenzione di Gesù, che ci fa tutti figli nel battesimo, gli ebrei usavano mostrare la loro appartenenza, o almeno il desiderio di essere considerati figli del Padre, visitando il tempio, che era considerato il luogo della Presenza di Dio.
Presentavano il primogenito come atto di sottomissione e fede in Dio.
Per questo vi era la presentazione al tempio. La famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria, sentono profondamente la loro appartenenza al Padre, e sanno, che il Figlio è stato loro affidato, perché lo custodiscano, secondo la volontà del Padre, poiché Egli è venuto per la salvezza di molti.
È davvero commovente il fatto che Dio ci ami tanto. Forse non ci pensiamo e, a volte, viviamo senza lo sguardo rivolto alla vera ragione della nostra nascita, che dovrebbe essere un coraggioso e gioioso cammino verso la vera vita.
La Chiesa vuole ricordarci la premura di Giuseppe nel portare la sua famiglia al tempio, come atto di fede e di amore. Ed è proprio in quel momento che la figura di Simeone, uomo giusto e timorato di Dio si rivolge a Maria, la mamma.
Rileggiamo questo stupendo racconto degli inizi della vita di Gesù tra di noi.
"Quando furono compiuti i giorni della purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: ?Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore' - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: ?Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele'." (Lc. 2, 22-32)
In questa scena così semplice ed ordinaria, in cui una coppia di sposi timorati di Dio porta all'altare l'offerta dei poveri, Simeone ha gli occhi del cuore aperti e guarda con una vista molto più acuta di tutti coloro che pure sono lì presenti.
È lo sguardo che proviene dallo Spirito Santo e dall'attesa vigile di vedere realizzata un'antica promessa fatta da Dio. Simeone sa che Dio è sempre fedele alle Sue promesse.
Non stupiscono dunque le sue parole: sono la profezia di quanto avverrà nella vita di Gesù e Maria. Gesù sarà molto amato, ma anche molto odiato e osteggiato.
La sua non sarà ?la passeggiata di un Dio fatto uomo tra noi', ma una vita a lungo meditata e preparata a Nazareth, con una missione di dono totale fino alla croce per la nostra salvezza.
Un dono a cui Maria parteciperà con tutta se stessa: ?Una spada ti trapasserà l'anima'.
La presentazione di Gesù al tempio non è un mistero gaudioso, ma doloroso. Maria, con Giuseppe, presenta a Dio il figlio Gesù, glielo ?offre'. Ora, ogni offerta è una rinuncia.
Comincia il mistero della sua sofferenza, che raggiungerà il culmine ai piedi della croce.
Gesù, il Primogenito per eccellenza, non sarà "risparmiato", ma con il suo sangue porterà la nuova e definitiva liberazione.
Ma questa liberazione non avrà i toni trionfalistici che il mondo attendeva: la redenzione passa attraverso il silenzio, il nascondimento, il rifiuto e la croce stessa.
È in quel racconto che vediamo, come Simeone, la nostra storia di redenti alla vita celeste.
Scopriamo il vero disegno che Dio ha per noi, nel donarci il frutto della redenzione del Figlio, preparato tanto a lungo.
Dio non ci ha certamente creati per una breve esistenza da vivere qui, ma ha mandato il Figlio, lo ha donato, perché seguendoLo partecipassimo della sua stessa gloria. Ma ci pensiamo?
Omelia di mons. Antonio Riboldi
La Festa della Luce
Sono trascorsi quaranta giorni dalla festa del Natale; da quando cioè abbiamo contemplato la nascita del Bambino Gesù, che è venuto al mondo per la salvezza di noi tutti. Ed ecco che quel Bambino viene finalmente portato nel tempio di Gerusalemme, nella casa di Dio, a Lui presentato, offerto e consacrato. Ed è in questo giorno che Lui, potremmo dire, inizia a occuparsi delle "cose del Padre suo" e Padre nostro, qualcosa che riempirà sempre più il suo cuore, tanto che un giorno da grande dirà: "Mio cibo è fare la volontà del Padre mio", cioè, questo è il mio desiderio più grande, fare ciò che fa contento Dio.
Quel Dio che aveva promesso di fare un'alleanza, un'amicizia eterna con l'umanità, di essere l'Emanuele, il Dio-con-noi, eccolo ora, per le mani di Maria e Giuseppe, entrare in quel tempio di Gerusalemme, luogo della lunga attesa del messia, del consacrato di Dio. Questo è il motivo più profondo che ha spinto Dio a scendere sulla terra e diventare uomo: per "rendersi in tutto simile ai fratelli" (II lett.) proprio per poter capire profondamente quello che proviamo tutti noi, ed "essere in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova" (II lett.). La sua missione riguarda tutto il mondo ora, come afferma il vecchio Simeone, "salvezza preparata davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti".
Il vangelo ci presenta questi due anziani, Simeone e Anna, che sono davvero il modello di ogni discepolo, come dovremmo essere tutti noi, non importa se abbiamo 9 anni o 90: sono i primi a riconoscere Gesù, ancora bambino, come Signore e gloria del popolo di Israele; i primi a lodarlo e a darne testimonianza.
Non per nulla nel racconto Luca insiste sul fatto che siano proprio questi due "poveri di Signore", a riconoscere Gesù, non i capi e i sommi sacerdoti: poveri del Signore perché appartenenti a quella lunga schiera di semplici uomini e donne di fede, a quel piccolo resto di Israele, che puntavano tutto sulla salvezza del Messia atteso. Questo vale anche per noi: per poter riconoscere e accogliere il Dio che si rivela in Gesù, bisogna essere come quei piccoli e poveri ai quali viene rivelato il mistero di Dio, il suo bellissimo segreto.
Ma come avviene questo riconoscimento? Esso avviene soprattutto grazie alla perseveranza nella fede e nella preghiera. Di Anna, in particolare, si dice che non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio giorno e notte. Lei pensava sempre a Dio, questa dedizione continua, questo servizio umile a Dio pieno di fede e di donazione, è questo che la rende capace di "profetare" davvero, cioè di parlare al posto di Dio, di dire le cose vere e giuste su Gesù, facendo capire a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme, che è proprio quel Bambino il salvatore.
La preghiera intensa di Simeone che finalmente vede il messia atteso è bellissima: "Ora puoi lasciare o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola": avendo il bambino Gesù tra le braccia si sente sazio, soddisfatto, ora ha capito, ora può andare, è pronto anche a morire, perché ora tutto torna. Sono sufficienti pochi minuti per dare senso, luce e felicità a tutta una vita di sofferenze, pochi minuti per dare luce ad una vita di attesa. L'importante è avere un cuore spalancato, capace, non rinchiuso dal dolore e dalla rabbia, non superficiale.
Per Maria, la madre di Gesù, c'è una parola dura e inaspettata: "una spada ti trafiggerà l'anima". La spada è un'immagine che significava la Parola di Dio. Anche per Maria si annuncia che sarà faticoso e doloroso seguire Gesù e accettare che si compia in lei la volontà di Dio.
Oltre a Simeone e Anna, anche Maria è modello di ogni credente, chiamato a scegliersi come migliore amico Gesù. Stare con Gesù significa stare a contatto con la Luce, e divenire anche noi luminosi, come le candele che accendiamo in questa festa!
In questa festa della luce, che il Signore doni anche a noi, specialmente a chi è affaticato e sconfortato, di non arrendersi, per vedere nella propria vita, infine, la traccia del passaggio di Dio.
Omelia di don Pino Pulcinelli
Liturgia della Parola della Festa della Presentazione del Signore 2 febbraio