26 gennaio 2014 - III Domenica del Tempo Ordinario: Convertitevi, il regno dei cieli è vicino
News del 25/01/2014 Torna all'elenco delle news
Con la terza domenica del tempo ordinario riprendiamo la lettura continua del Vangelo secondo Matteo. Matt. 4,12-23 è l'inizio del ministero di Gesù ma ne è, al tempo stesso, una mirabile sintesi perché ne comprende tutti gli elementi essenziali.
Matteo comincia col darci le indicazioni storiche e geografiche in cui si colloca il ministero di Gesù ma ci dice pure che nella concretezza degli eventi che accadono nel tempo e nello spazio, si "compie" il progetto di Dio. Così ci rivela la prospettiva nella quale egli interpreta l'evento di Gesù: è il "compimento" che avviene in modo inatteso della fede e della speranza di Israele. E' il "compimento" della rivelazione di Dio, il "Dio con noi": Gesù è il "Dio con noi" perché condivide l'umanità in tutto, sino alla morte. Proprio perché "compimento" ha la dimensione universale per la quale Israele è stato scelto: per essere "luce delle genti". Ma perché il modo è "inatteso", chiede di essere accolto spogliandosi di tutte le precomprensioni con cui l'uomo attende l'intervento di Dio. Gesù è il "compimento" perché è la rivelazione di un Dio che per amare si abbassa sino ad annientarsi.
Ed è questo il motivo per il quale, "quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò in Galilea, lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafarnao": non è per paura che Gesù inverte il suo cammino verso Gerusalemme, ma perché la città, i capi religiosi e i capi del popolo, chiusi nelle loro sicurezze, non accolgono e non testimoniano la luce, ma strumentalizzano la Legge per farne strumento di potere. Gesù non si lascia rinchiudere dai centri del potere, ma comincia il suo cammino di "annientamento" e di amore: "si ritira" in Galilea, "lascia anche Nazaret e si stabilisce a Cafarnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali". Matteo non dice il motivo per il quale Gesù lascia Nazaret, il suo paese: più tardi (Matt.13) ci parlerà dell'incredulità trovata nella sua patria e nella sua casa. Ma in tutto ciò che accade, Matteo vede "il compimento di ciò che era stato detto per mezzo del profeta": le regioni che erano state umiliate dal re dell'Assiria e che continuano a non godere di buona fama, diventano il luogo dell'esperienza della salvezza, coloro che erano considerati non-popolo, accolgono la presenza di Gesù che "si ritrae" per poter stare con loro, perché coloro che lo cercano lo possano trovare, non dentro gli spazi chiusi del sacro o del potere, ma nella Galilea, dove gli uomini vivono la loro vita quotidiana.
"Da quel momento", dalla Galilea, da una regione che Gerusalemme giudicava terra di tenebra, dalla riva del mare, perché possa varcare ogni limite, comincia a risplendere la luce: "Gesù cominciò ad annunciare": è l'annuncio che da quel momento iniziale continua a risuonare nel mondo, è l'annuncio che oggi è affidato a noi perché lo gridiamo al mondo. "Convertitevi, è vicino infatti il regno dei cieli". E' singolare il fatto che l'annuncio di Gesù è identico a quello del Battista: eppure sulle labbra di Gesù ha un senso radicalmente nuovo. Se per il Battista la conversione ha un senso morale, e la vicinanza del regno è l'annuncio dell'ormai prossimo intervento di Dio giudice per porre fine alla infedeltà del suo popolo, per Gesù la conversione è l'invito ad un radicale cambiamento nel modo di vedere Dio, che non guarda più all'uomo per condannarlo, ma che si abbassa per amarlo. Convertirsi, per Gesù, significa incontrare ed entrare in relazione personale con lui, lasciarsi amare da lui, sperimentando con lui che lo rivela, l'amore di Dio. Convertirsi significa quindi lasciarsi amare da Dio; significa, con Gesù, liberati dalla paura, entrare nella relazione filiale con Dio e fraterna con gli altri uomini e di conseguenza cominciare a vivere una vita nuova. Tutto il Vangelo descriverà "il regno dei cieli" che con Gesù si è fatto vicino perché ogni uomo possa farne l'esperienza.
Adesso Matteo continua a mostrarci che cosa significhi l'invito di Gesù alla conversione, che oggi è rivolto a noi perché comprendiamo che la vita cristiana, nella sua essenza, è tutta un cammino di conversione, un percorso quotidiano di sequela, e lo fa presentandoci la chiamata dei primi quattro discepoli, quattro pescatori del lago di Tiberiade: Simone (Pietro) e suo fratello Andrea, Giacomo e suo fratello Giovanni. Il testo si presenta come un dittico quasi perfetto, formato di tre elementi: l'incontro di due fratelli pescatori; la chiamata; il cammino delle persone chiamate. E' Gesù il soggetto che dà inizio all'incontro: è lui che passando, vede due persone precise (con il loro nome); le vede nella concretezza della loro quotidianità, con la loro vita impostata, con il lavoro che risolve il loro problema; le chiama: "Venite dietro a me: vi farò pescatori di uomini". Gesù parla, entra in relazione con loro e propone loro di entrare in relazione con lui: l'essenziale della proposta di Gesù consiste precisamente in questa relazione personale. Anche per questo, il Vangelo mostrerà tutta la preoccupazione di Gesù di far capire, educare i suoi discepoli ad entrare, approfondire, rimanere in relazione con lui. Qui Gesù dice che andare dietro lui significa spostare l'asse portante dell'esistenza dalle preoccupazioni immediate per la propria vita, alla passione per tutti gli uomini, per tutto ciò che è umano. E Matteo ci descrive la risposta dei primi chiamati: "Ed essi, subito, lasciarono le reti (la barca e il loro padre) e lo seguirono". La loro vita è completamente ristrutturata: non più attorno alle loro cose (l'avere) e ai loro affetti (l'essere), ma con lui, nella libertà da tutto ciò che li tratteneva, per essere con una persona che li proietta in un orizzonte nuovo e sconfinato. L'incontro con Gesù avviene "mentre camminava lungo il mare di Galilea": ritorna in Matteo il simbolismo del mare. Tutto parte da Cafarnao: sulla riva del mare, la via del mare, e Gesù cammina sulla riva del mare. Matteo ormai vede l'esperienza affascinante della libertà che Gesù propone, diffondersi sulle acque e oltre le acque del mare: il mare è il simbolo dello spazio e degli ostacoli che i discepoli dovranno affrontare per portare il messaggio a tutte le nazioni. Conosceranno le tempeste e la barca dei discepoli troverà pericoli mortali ma i pescatori di Galilea "seguono Gesù" il pescatore per eccellenza: è lui che vuole raccogliere gli uomini, essi agiscono perché sono e rimangono con lui.
Gli ultimi versetti descrivono Gesù che cammina, annuncia il vangelo, opera nella Galilea: i tempi dei verbi usati da Matteo, all'imperfetto, ci invitano a vedere, in trasparenza, in Gesù che cammina nella Galilea, la Chiesa che cammina nel mondo oggi, "insegnando e annunciando il vangelo del regno", mostrando che oggi, nella nostra storia complessa Dio è vicino, con il suo amore, leggendo i segni della sua presenza; "guarendo ogni sorta di malattia e infermità nel popolo" rendendo visibile il volto di un Dio non che condanna, che impone dei pesi, ma che com-patisce, infonde serenità, nuova speranza e gioia.
Omelia di mons. Gianfranco Poma
La chiamata di Dio rivolta a ciascuno
Il Vangelo comincia con una citazione presa dal profeta Isaia che abbiamo ascoltato anche nella prima lettura. Come abbiamo sentito ci sono dei nomi a noi poco conosciuti: Zabulon, Neftali, Galilea delle genti. a noi sconosciuti, ma importanti da conoscere. Zabulon e Neftali sono due dei dodici figli di Giacobbe, uno dei patriarchi del popolo di Israele. Questi dodici figli, stabilitisi in Egitto crescendo di numero, fecero paura al popolo Egiziano e così il faraone li rese schiavi. Dio intervenne e li liberò dalla schiavitù per mezzo del suo servo Mosè e donò loro la terra che aveva promessa ad Abramo. Questa terra fu divisa come in tante regioni, e ogni "figlio-tribù" andò ad abitare nella parte a lui assegnata. Le "regioni" presero il nome del capostipite della tribù. In questo caso noi abbiamo Zabulon e Neftali che abitavano una parte della Palestina vicina al mare. Questo luogo era di passaggio e tanti stranieri si fermarono ad abitare lì. "Galilea delle genti" è una espressione per dire territori dei gentili, cioè degli stranieri. In più questa terra molto fertile, veniva dominata da altri popoli potenti.
Quando un popolo con la forza, occupa il territorio di un altro popolo è come se in quella terra il sole non brillasse più.
In quella situazione di oppressione, di "notte", c'è la profezia del profeta Isaia, profezia di speranza, che annuncia la grande luce che arriverà su questa terra. Luce che porterà pace, fratellanza, benessere. La grande luce è Gesù! Ricordiamo che anche san Giovanni nella prima pagina del suo Vangelo ci parla di Gesù come luce che viene a illuminare ogni uomo, luce che le tenebre non possono vincere. Gesù è luce, e chi lo accoglie, diventa luce come lui. "Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino" sono le prime parole che pronuncia. Convertirsi vuol dire cambiare, lasciare ciò che è sbagliato e incominciare a vivere e a cercare sempre il bene.
Chi ascolta la Parola del Signore, ascolta una bella notizia: "il regno dei cieli è vicino", cioè Dio sta vicino a te, cammina con te, ti apre la strada! Se tu vuoi puoi somigliargli e allontanare le tenebre insieme a lui. In concreto cosa bisogna fare?
Bisogna fare come questi quattro giovani: Gesù passa vicino a loro. Stanno lavorando, ma il lavoro non impedisce di ascoltare la sua parola: "Seguitemi!" Ed essi, dice il vangelo, subito, lasciarono tutto e lo seguirono.
Potremmo dire: ma come hanno potuto lasciare un lavoro sicuro, tutti i beni per Gesù? Solo chi ascolta con il cuore può cogliere nelle parole di Gesù un bel progetto di vita e di speranza non solo per se stesso ma per tutti gli uomini.
Oggi Gesù è qui e chiama anche noi a seguirlo, nelle varie situazioni che ci presenta. Potremmo avere la tentazione di presentare tutti i nostri motivi, le nostre scuse, di rimandare più avanti, in altra occasione... E' oggi invece che siamo chiamati a dare una risposta perché lui ci chiama.
Proviamo a fidarci del suo amore per noi, del suo progetto di bellezza su di ciascuno di noi. Il suo progetto ci porta sulle strade del mondo e ci rende capaci di essere fratelli e amici di tutti, ci aiuta ad essere costruttori di pace, di giustizia, di perdono, di solidarietà. Ci aiuta ad essere capaci di verità e a riconoscere i nostri errori. Ci sostiene nel nostro impegno a servizio di quanti hanno bisogno. Ci apre il cuore alla preghiera, al dialogo con Dio, all'impegno a dare alla nostra vita un alto significato, sempre, a qualunque età, in qualunque situazione.
Omelia di don Roberto Rossi
Si converte l'uomo che scopre di essere amato da Dio
La parola inaugurale di Gesù, premessa a tutto il Vangelo è: convertitevi. E subito il «perché» della conversione: perché il regno si è fatto vicino. Ovvero: Dio si è fatto vicino, vicinissimo a te, ti avvolge, è dentro di te. Allora «convértiti» significa: gìrati verso la luce, perché la luce è già qui. La conversione non è la causa ma l'effetto della tua «notte toccata dall'allegria della luce» (Maria Zambrano).
Immaginavo la conversione come un fare penitenza del passato, come una condizione imposta da Dio per il perdono, pensavo di trovare Dio come risultato e ricompensa all'impegno. Ma che buona notizia sarebbe un Dio che dà secondo le prestazioni? Gesù viene a rivelarci che il movimento è esattamente l'inverso: è Lui che mi incontra, che mi raggiunge, mi abita. Gratuitamente. Prima che io faccia qualcosa, prima che io sia buono, Lui mi è venuto vicino. Allora io cambio vita, cambio luce, cambio il modo di intendere le cose. Scrive padre Vannucci: «la verità è che noi siamo immersi in un mare d'amore e non ce ne rendiamo conto». Quando finalmente me ne rendo conto, comincia la conversione. Cade il velo dagli occhi, come a Paolo a Damasco. Abbandono le barche come i quattro pescatori, lascio le piccole reti per qualcosa di ben più grande.
Gesù passando vide... Due coppie di fratelli, due barche, un lavoro?
No, vede molto di più: in Simone vede Kefa', Pietro, la roccia su cui fondare la sua chiesa; in Giovanni intuisce il discepolo dalla più folgorante definizione di Dio: Dio è amore; Giacomo sarà «figlio del tuono», uno che ha dentro la vibrazione e la potenza del tuono. Lo sguardo di Gesù è uno sguardo creatore, una profezia. Mi guarda, e vede in me un tesoro sepolto, nel mio inverno vede grano che matura, una generosità che non sapevo di avere, strade nel sole. Nel suo sguardo vedo per me la luce di orizzonti più grandi.
Venite dietro a me: vi farò pescatori di uomini. Raccoglieremo uomini per la vita. Li porteremo dalla vita sepolta alla vita nel sole. Risponderemo alla loro fame di libertà, amore, felicità.
I quattro pescatori lo seguono subito, senza sapere dove li condurrà, senza neppure domandarselo: hanno dentro ormai le strade del mondo e il cuore di Dio.
Gesù camminava per la Galilea e annunciava la buona novella, camminava e guariva la vita.
La bella notizia è che Dio cammina con te, senza condizioni, per guarire ogni male, per curare le ferite che la vita ti ha inferto, e i tuoi sbagli d'amore. Dio è con te e guarisce. Dio è con te, con amore: la sola cosa che guarisce la vita.
Questo è il Vangelo di Gesù: Dio con voi, con amore.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. 1Cor 1,10
Paolo scrive ai cristiani di Corinto dove egli stesso aveva fondato la chiesa: una chiesa vivace, ma dove presto serpeggiò la divisione. C'era chi si era fatto discepolo di Apollo, un giudeo-alessandrino della scuola di Filone; c'erano dei giudei-cristiani provenienti dalla Palestina che volevano far riferimento solo a Pietro; altri si vantavano di essere di Paolo: Perfino era sorto un partito di Cristo! Ma Paolo reagisce con forza: "Cristo è stato forse diviso? Paolo è stato crocifisso per voi?"
Nell'invito a bandire ogni divisione pervenendo a una "perfetta unione di pensiero e di sentire" è la consapevolezza profonda che aprirsi al Regno di Dio e alla sua giustizia vuol dire scoprire una relazionalità positiva. Essa è fatta di rapporti che ci uniscono gli uni agli altri e che, proprio dentro questo tessuto unitivo, esprimono anche agli altri che il Regno di Dio è lì: Lui stesso è presente dove i fratelli si amano. Non è antichissimo il canto "Ubi caritas et amor Deus ibi est"?
In questo ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani, quanto è propizio questo invito che Paolo rivolge anche a noi oggi!
Oggi, nella mia pausa contemplativa, cercherò in me ciò che crea divisioni o tendenze rigide all'uniformità più che all'unità. Chiederò al Fuoco dello Spirito Santo di fondere in me ciò oppone e divide.
Signore, manda il fuoco del tuo Santo Spirito dentro il mio cuore, purifica, distruggi tutto quello che non è pace in me e con gli altri.
La voce del cardinale Walter Kasper
Noi siamo abituati a parlare della conversione degli altri. Ma la conversione deve iniziare in noi stessi. Non dobbiamo osservare la pagliuzza nell'occhio del fratello mentre non ci accorgiamo della trave che abbiamo nel nostro occhio (cfr Mt 7, 3). L'ecumenismo ci incoraggia ad esercitare autocritica. Non gli altri devono convertirsi, noi tutti dobbiamo convertirci a Cristo.
Omelia a cura dell'Eremo San Biagio
Liturgia della parola della III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) 26 gennaio 2014