5 gennaio 2014 - II Domenica dopo Natale: in ogni uomo un frammento di Dio

News del 03/01/2014 Torna all'elenco delle news

Ciascuna delle celebrazioni dopo il Natale mira a sottolineare qualcuno dei molteplici aspetti relativi all'ingresso di Dio nel mondo.

Tra gli altri, che egli ha voluto nascere in una famiglia (lo si è ricordato domenica scorsa I Domenica di Natale 29 dicembre 2013 Festa della Santa Famiglia ), si è fatto uomo attraverso una madre appartenente alla specie umana (è il senso della celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio il 1 gennaio), per offrire a tutti gli uomini la possibilità di conoscerlo (sarà il tema dell'Epifania il 6 gennaio).

Il vangelo di oggi (Giovanni 1,1-18) scruta del Bambino la vita precedente ("In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio") e, della sua venuta, le conseguenze per l'umanità ("A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio").

Queste conseguenze sono di tale portata, che lascio il commento alla voce di un papa che è anche santo e dottore della Chiesa; motivo di particolare interesse per noi è inoltre il fatto che si tratta del primo papa venuto in terra mantovana, quando nell'anno 452 a Governolo fermò Attila, intenzionato con i suoi Unni a invadere l'Italia. Parlo di Leone Magno, del quale seguono passi tratti dal primo dei suoi discorsi sul Natale.

"Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio chi non crede, perché è chiamato alla vita.
Il Figlio di Dio infatti, giunta la pienezza dei tempi che l'impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l'assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama". Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera ineffabile dell'amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l'umanità nella sua miseria! Carissimi, ringraziamo Dio Padre, perché nella infinita misericordia con cui ci ha amati ha avuto pietà di noi e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo, perché fossimo creatura nuova, nuova opera delle sue mani. 
Deponiamo dunque l'uomo vecchio con la condotta di prima e, poiché siamo partecipi della generazione di Cristo, rinunziamo alle opere di male. Riconosci, cristiano, la tua dignità; reso partecipe della natura divina, non voler tornare all'abiezione di un tempo. Ricorda chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio".
 

Riconosci la tua dignità, invita papa Leone: la tua, e quella dei tuoi simili. E anche oggi, a distanza di secoli, non è un invito superfluo. Riconosci, già nei tuoi pensieri e poi nei discorsi e nei comportamenti, la dignità di tutti gli uomini e di tutte le donne, la dignità dei bambini e dei vecchi, di chi è malato, di chi soffre la fame, di chi è discriminato perché straniero, dei disoccupati e dei giovani senza prospettive, di chi è perseguitato o impedito nella sua libertà. 
La dignità di chiunque presenta le fattezze che il Figlio di Dio ha voluto assumere come proprie. 

Omelia di mons. Roberto Brunelli (Riconosci la tua dignità)

 

In ogni uomo un frammento di Dio

In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Giovan­ni inizia il suo Vangelo con una poesia, con un can­to, con un volo d'aquila che proietta subito Gesù di Na­zaret verso l'in principio e verso il divino. Nessun altro canto, nessun'altra storia può risalire più indietro, vo­lare più in alto di questa che contiene l'inizio di tutte le cose: tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nul­la senza di lui .

In principio, tutto, nulla, so­no parole che ci mettono in rapporto con l'assoluto e con l'eterno. La mano di Dio su tutte le creature del cosmo e «il divino traspare dal fondo di ogni essere» ( Tehilard de Chardin). Non solo degli esseri umani ma perfino della pietra. «Nel cuore della pietra Dio sogna il suo sogno e di vita la pietra si riveste» ( Vannucci).

Un racconto grandioso che ci da un senso di vertigine, ma che poi si acquieta dentro una parola semplice e bella: accogliere. Ma i suoi non l'hanno accolto, a quanti invece l'hanno ac­colto ha dato il potere di di­ventare figli.

Accogliere: parola bella che sa di porte che si aprono, di mani che accettano doni, di cuori che fanno spazio alla vita. Parola semplice come la mia libertà, parola verti­ce di ogni agire di donna, di ogni maternità. Dio non si merita, si accoglie.

«Accogliere» verbo che ge­nera vita, perché l'uomo di­venta ciò che accoglie in sé. Se accogli vanità divente­rai vuoto; se accogli disor­dine creerai disordine at­torno a te, se accogli luce darai luce.

Dopo il suo Natale è ora il tempo del mio Natale: Cri­sto è venuto ed è in noi co­me una forza di nascite. Cri­sto nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso: na­sca figlio! Il Verbo di Dio è come un seme che genera secondo la propria specie, Dio non può che generare figli di Dio. Perché Dio si è fatto uomo? Perché Dio na­sca nell'anima, perché l'a­nima nasca in Dio (M. Eckart).

E il Verbo si è fatto carne.

Non solo si è fatto Gesù, non solo uomo, ma di più: carne, esistenza umana, mortale, fragile ma solidale.

Bambino a Betlemme e car­ne universale. Dio non pla­sma più l'uomo con polve­re del suolo, come fu in principio, ma si fa lui stes­so polvere plasmata. Il va­saio si fa argilla di un picco­lo vaso. E se tu devi piangere, anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire anche lui conoscerà la morte.

Da allora c'è un frammen­to di Logos in ogni carne, qualcosa di Dio in ogni uo­mo. C'è santità e luce in o­gni vita. Il Verbo entra nel mondo e porta la vita di Dio in noi. Ecco la vertigine: la vita stessa di Dio in noi. La profondità ultima del Nata­le: Dio nella mia carne. E destino di ogni creatura è diventare carne intrisa di cielo.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Liturgia e Liturgia della parola della II Domenica dopo Natale 5 gennaio 2014