24 novembre 2013 - XXXIV Domenica del Tempo Ordinario: Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo

News del 24/11/2013 Torna all'elenco delle news

Con questa domenica concludiamo l'anno liturgico, celebrando la festa di "Nostro Signore Gesu' Cristo re dell'universo". Con la prossima domenica inizieremo il nuovo anno, con l' "Avvento": così la fine aggancia l'inizio e sempre più lasciandoci afferrare dal mistero di Cristo sperimentiamo che nello scorrere del tempo irrompe l'eternità e l'inesauribilità della vita di Dio che gradualmente trasforma noi e l'universo.
La festa di Cristo re fu istituita dal Papa Pio XI nel 1921 in un contesto storico e sociale ben preciso, come grido di libertà di fronte ad ogni tipo di assolutismo e di totalitarismo: Cristo solo è il Re dell'universo, ma il suo è "un regno di giustizia, di amore e di pace".
Potremmo chiederci se ha ancora senso per noi, all'inizio del nuovo secolo, in un contesto ben diverso, celebrare questa festa, ma se anche solo per un istante ci fermiamo a riflettere sulla nostra esperienza, ci accorgiamo di quanto siamo esposti al rischio di soccombere di fronte a totalitarismi nuovi, più subdoli e raffinati e di quanto abbiamo bisogno di entrare in un rapporto profondo con Cristo Re per poter gustare e vivere intensamente la libertà che egli ci dona.
Certo le situazioni nuove in cui ci troviamo, ci spingono a riscoprire il senso della regalità di Cristo stando bene attenti al rischio che possiamo correre di strumentalizzazioni, usando la regalità di Cristo per imporre al mondo le nostre velleità di potenza.

 

Un Dio che si sacrifica per l'uomo

Cristo re dell'universo, proclama la liturgia. Ma dov'è il suo regno, dov'è mai la terra come Lui la sogna, la nuova architettura del mondo e dei rapporti u­mani? Lui, venuto come se non fosse venuto...Il Vangelo di oggi ci aiuta a delineare alcuni tratti del Regno. Il pri­mo è rivelato dalle parole dei capi del popolo: ha salvato gli altri, salvi se stesso. Rico­noscono in Gesù una storia di uomini e donne salvati, guariti, rimessi in piedi, tra­sfigurati. Riconoscono che Gesù salva altri e non pensa a salvare se stesso. Qui è po­sta l'immagine nuova di Dio, l'assoluta novità cristiana: un Dio che non chiede sacrifici all'uomo, ma che si sacrifica lui per l'uomo. Che al centro dell'universo non pone se stesso, ma l'uomo salvato e guarito; che come obiettivo della storia non mette la pro­pria gloria o l'adorazione, ma la vita piena dell'uomo.

Regale è davvero questo a­more che si inabissa, dimen­ticandosi, nell'amato.

Il secondo tratto del volto del re è rivelato dalle parole del malfattore appeso alla croce: egli invece non ha fatto nul­la di male. Una frase sola, di semplicità sublime: non ha fatto nulla di male. In queste parole è racchiuso il segreto della regalità vera: niente di male, in quell'uomo; inno­cenza mai vista ancora, nes­sun seme di odio, il solo che non ha nulla a che fare con la violenza e con l'inganno.

Questo è bastato ad aprirgli il cuore: il ladro intravede in quell'uomo non solo buono, ma esclusivamente buono, un possibile futuro diverso, l'inizio di una umanità nuo­va. Intuisce che quel cuore pulito è il primo passo di u­na storia diversa, l'annuncio di un regno di bontà e di per­dono, di giustizia e di pace. Ed è in questo regno che do­manda di entrare.

Ricordati di me - prega il la­dro morente. Sarai con me ­risponde l'Amore. Sintesi ultima di tutte le possibili pre­ghiere.

Ricordati - prega la paura. Ti terrò con me - ri­sponde l'Amore. Solo ricor­dati e mi basta - prega l'ulti­mo respiro di vita. Sarai con me, risponde l'immortale. Non solo nel ricordo, ma in un abbraccio forte.

Ecco il nostro Re: uno che ha la forza regale e divina di di­menticare se stesso dentro la paura e la speranza dell'al­tro; il cuore di chi rivolge le sue ultime parole per gli uo­mini a un assassino e, in lui, a tutti noi che nascondiamo in fondo all'anima la tenta­zione o la capacità di una cul­tura di morte. È lì, nel ladro ucciso, la consacrazione su­prema della dignità dell'uo­mo: nel suo limite più basso l'uomo è sempre e ancora a­mabile per Dio, basta solo la sincerità del cuore. Non c'è nulla e nessuno di definiti­vamente perduto, nessuno che non possa sperare, per oggi e per domani.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Regalità di Gesù: un potere che si fa dono

C'è un anno 'solare', che tutti conosciamo, e un anno 'liturgicò, che segna la storia di Dio con e per l'uomo ed è scandito dai fatti salienti della vita di Gesù, indicando così 'il tempo della vita dello spirito'. Inizia con l'attesa del Messia, ossia con l'Avvento, che porta al Natale, e si chiude con questa Solennità di Gesù Cristo, Re dell'universo.

Un vero 'calendario - guida dello spirito', per noi che seguiamo il Cristo: un tempo vissuto per Cristo, con Cristo e in Cristo. Dovrebbe farci riflettere questa centralità di Gesù, nella nostra vita di fede. E dirGli un GRAZIE. Vero è che la Sua Presenza tra noi e in noi è silenziosa, ma meravigliosa come una carezza che risveglia il cuore: è proprio in questa umiltà la bellezza dell'Amore e della Presenza di Gesù tra di noi.

Così ne parla oggi S. Paolo, innamorato di Gesù fino alla follia, dopo che aveva cercato di combatterlo: "Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre, e ci ha trasferiti nel regno del Suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.

Egli è l'immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura: perché per mezzo di Lui sono state create tutte k cose, quelle nei cieli e- quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili, Troni, Dominazioni, Principati, Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui. Egli è anche il Capo del Corpo che è la Chiesa, il principio, il Primogenito di coloro che resuscitano dai morsi, per ottenere il primato su tutte le cose. Perciò piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a Sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della Sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli".(Col. 1, 12-20)

Parole di un Apostolo veramente innamorato di Gesù, che riassumeva il senso della sua vita e missione proclamando: 'Per me vivere è Cristo'.

Gesù il Re dei cuori, ha scelto, per affermare la sua regalità, che non ammette ombra, i momenti più drammatici della Sua vita tra noi.

Davanti a Pilato, che aveva il potere di giudicarlo e condannarlo, Gesù si difese da questa 'colpa', cioè l'affermazione della Sua regalità, che agli occhi del governatore romano era imperdonabile. Ma Gesù fu chiaro: la Sua regalità non ha niente a che fare con il significato con cui la intendiamo noi uomini qui in terra, cioè basata sulla potenza e sul dominio sugli altri, ma la regalità del Cristo si fa servizio e amore fino a donarsi totalmente.

Altra era la potenza, infatti, di Pilato, che rappresentava l'Impero romano, pronto a fare sentire il suo peso oppressivo, altro era Gesù, solo, abbandonato da tutti, forte solamente del suo essere Figlio di Dio, venuto a salvare e volutamente alieno da ogni esercizio di supremazia, di arroganza o dominio terreno. La potenza di Gesù, la Sua regalità, è l'Amore, che non è mai imposizione, ma solo dono, incredibile dono, che non ha paura di andare incontro ad ogni conseguenza per essere tale.

L'Amore, quando è vero, non si ferma davanti alle difficoltà, ma va fino in fondo... pagando di persona. Questo Amore che si dona, oggi, viene raccontato dall'Evangelista Luca:

"In quel tempo, il popolo stava a vedere, i capi invece schernivano Gesù dicendo: 'Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il Suo eletto'. Anche i soldati lo schernivano e Gli si accostavano per porgerGli l'aceto, e dicevano: 'Se tu sei il re dei Giudei salva te stesso'.

C'era anche una scritta sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei'.

A questo punto, proprio nel momento più drammatico, più difficile e incomprensibile per noi uomini, sollecitati dalla superbia ad affermarci sempre sugli altri, Gesù offre una meravigliosa prova della natura del Suo Amore, della Sua Regalità.

La vicenda del 'buon ladroné fa nascere un profondo stupore interiore. Ecco un uomo che ammette i suoi errori, riconosce quello che ha fatto di male e, di fronte all'innocenza di Gesù, che dà la vita per salvare chi è perduto, comprendendone misteriosamente il senso e il valore, Gli rivolge quella stupenda preghiera: ' Ricordati di me nel tuo Regno': una preghiera che compendia una conversione e che subito riceve la risposta, che giunge a ciascuno di noi, quando imitiamo il buon ladrone: ' Oggi sarai con me in Paradiso'.

Meraviglioso e fedele Amore di Dio che non si fa deviare, ridurre, bloccare, consumare - come il nostro povero amore umano - dalle nostre negligenze o peccati, ma diviene tenerezza e calore, quando Lo riconosciamo, accogliamo, e a Lui ci affidiamo.

Appartenere al Regno di Dio, e quindi accettare la Sua regalità, è quello che i martiri desideravano e per cui davanti alla morte gioivano, come se questa, subita per amore a Lui, fosse un premio e non una pena. Lo comprendono tanti che, per rispondere all'Amore di Gesù che 'chiama', si lasciano affascinare e donano totalmente se stessi, consacrandosi a Lui.

Un giorno, una persona consacrata, a cui chiesi come considerava la sua vita da 'esclusa da questo mondo', mi rispose: 'Sono felice perché non esisto più per me, ma per Gesù'.

Lo comprendono tanti laici cristiani, che pur essendo immersi nelle tante forme di vita attiva sulla terra, non mettono in un angolo l'amore a Dio, ma lo vivono e rendono la loro vita 'normale', 'quotidiana' un continuo: 'Ti amo e mi dono'. Davvero inconcepibile pensare di definirsi cristiani, vivendo come se Gesù non esistesse. Che senso ha? Se davvero Lo si ama, sperimentando la gioia che si riceve da Lui che ci ama, si dà alla vita, già ora, la pace e fecondità di appartenere alla Sua regalità,. E poiché la regalità di Gesù è amare, non si può non partecipare i doni che si ricevono, diventando dono di amore a Lui e ai fratelli.

Vero che noi a Gesù possiamo donare solo un 'sì', come è nello stile dell'amore, ma poi è un farsi portare sulle Sue braccia, anche se qualche volta ci invitano a distendersi con le sue sulla croce. Ma, se ci pensiamo bene, con Lui o senza di Lui, nella vita le croci sono inevitabili... meglio allora, con Lui!

Non dobbiamo avere paura di amare e farci amare da Gesù. Dobbiamo temere di metterLo in un angolo, come non esistesse... perché è come mettere in un angolo il dono che Dio fa del Suo Amore, unica nostra forza, speranza e senso della vita. Abbiamo bisogno, e tanto, di Lui, carissimi.

Omelia di mons. Antonio Riboldi

 

Oggi con me, sarai in Paradiso

Con la festa di "Gesù Cristo re dell'universo", concludiamo questo anno liturgico, nel quale abbiamo letto il Vangelo di Luca. Quante volte abbiamo avuto l'occasione di sottolineare la meraviglia suscitata in noi dalle splendide pagine di questo Vangelo che ci ha fatto gustare la gioia di essere amati da un Padre che ci avvolge del suo amore unicamente perché siamo suoi figli. Quante volte Gesù si è seduto a mensa con noi, fragili, deboli, delusi, per infonderci la speranza, il coraggio per rialzarci e riprendere il cammino. Quante volte eravamo smarriti e lui ci ha cercato, eravamo feriti e lui ci ha curato, eravamo soli e lui solo si è avvicinato a noi, eravamo svuotati di tutto e lui ha pagato per noi. Quante volte è entrato nelle nostre case e ci ha dato la forza di rinnovare le nostre relazioni. Quante volte siamo rimasti toccati dalla sua tenerezza e dalla sua sensibilità verso i poveri, i peccatori, e verso le donne, Maria, Marta e Maria, Maria di Magdala e le altre donne che lo accompagnano perché trovano in lui la risposta al loro desiderio più profondo. Così abbiamo potuto sperimentare che il Cristo che Luca ci annuncia è "bello", ma di una bellezza t particolare perché è il riflesso dell'amore di cui Egli vive. Gesù infatti non è altro che l'incarnazione della bellezza di Dio, dell'amore del Padre. Se nel Vangelo di Luca Gesù è vicino ai poveri, ai pubblicani e ai peccatori, è perché Egli è il volto umano di Dio che si piega sui piccoli. La sua non è una bellezza fredda che allontana, ma è piena di un calore che attira.

Il brano che oggi leggiamo, Lc.23,35-43, (che va allargato a quanto precede e a quanto segue, Lc.23,32-48), rappresenta il vertice, l'esplosione dello splendore della bellezza misteriosa di Cristo che sulla croce dice: "Padre, perdona loro: non sanno quello che fanno. In verità io ti dico: oggi tu sarai con me, in paradiso. Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". Gli esegeti ritengono questo brano "il centro e il cuore dell'intero racconto della crocifissione" perché qui Luca ci introduce nel cuore del mistero di Gesù, di ciò che Egli è, fa e dice. Luca presenta la croce come la rivelazione più profonda e drammatica della comunione tra Gesù e il Padre e quindi della preghiera più intensa che ne è la manifestazione, e della più feconda comunione tra Gesù e tutta l'umanità: è il momento in cui si compie la rivelazione di Dio all'umanità, della sua volontà di salvezza, di rispondere al bisogno dell'umanità di trovare il vero significato dell'esistenza. Ma proprio perché è rivelazione divina avviene in modo drammatico: solo la fede può condurre l'uomo a credere lo splendore della bellezza di Dio nella contemplazione di Gesù in croce.

Tutto ha inizio sul monte degli ulivi quando Gesù rivolge ai suoi discepoli l'invito: "Pregate, per non entrare nella tentazione". Li prepara Gesù alla drammaticità di ciò a cui dovranno assistere e chiede loro di pregare, in sintonia con quello che lui stesso farà per rimanere fedele alla sua identità di figlio che fa la volontà del Padre. Da questo momento, per lui tutto è vissuto nella preghiera, in un dialogo drammatico con il Padre ma che non cessa neanche un istante di essere un dialogo di amore. ...occorre che il Figlio si spogli di tutto ciò che non è il dono del Padre, occorre che il Figlio sia solo l'Amore accolto dal Padre. Ma questa spogliazione quanto è terribile! Il racconto della passione, punto di arrivo di tutta l'esperienza umana di Gesù, è la descrizione di che cosa significhi per Lui, aderire, incarnare la volontà del Padre, viverla come volontà di amore che realizza la sua persona e che per questo diventa fonte di amore per tutta l'umanità.

Nel momento nel quale lo crocifiggono Gesù è in colloquio con il Padre: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Adesso è sulla Croce, patibolo e trono, piantata nel cuore della storia perché tutti vedano....L'ultima parola di Gesù è ancora un dialogo con il Padre: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Sulla Croce noi vediamo solo Gesù nel dramma della sua solitudine e della sua morte: ma ascoltiamo il Figlio che si abbandona nelle braccia del Padre. Il Padre tace ma il Figlio sa che il Padre gli chiede tutto per donargli tutto, perché attraverso Lui passi l'amore che salva il mondo. Nel silenzio del Padre e nell'abbandono totale di Gesù c'è la rivelazione più piena del mistero di Dio.

Gesù è vicino ad ogni uomo, al più povero degli uomini: si è spogliato di tutto ciò che poteva dargli sicurezza, protezione. Egli si mostra fratello degli uomini perché figlio fragile e vulnerabile di un Dio che è possibile afferrare, ferire. Non ha più niente di suo, perché ha fiducia solo in Dio: può mettere la sua vita nelle mani degli uomini, volere unicamente ciò che Dio vuole, rimettere la sua vita nelle mani del Padre, perché è abitato dalla certezza che dalla sua morte Dio trarrà la vita. Così Gesù ci rivela un nuovo volto di Dio, ci fa scoprire il volto bello del Padre che possiamo attendere senza nessuna inquietudine.

Omelia di mons. Gianfranco Poma

 

Liturgia e Liturgia della Parola della XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) 24 novembre 2013

tratti da www.lachiesa.it