Santo del giorno 4 agosto: san Giovanni Maria Vianney, patrono dei sacerdoti
News del 04/08/2024 Torna all'elenco delle news
Più noto come il Santo curato d'Ars, San Giovanni Maria Vianney, sacerdote patrono dei sacerdoti. Il suo corpo incorrotto è custodito all'interno della basilica di Santa Filomena di Ars-sur-Formans Sanctuaire d'Ars.
Beatificato nel 1905 da Pio X, Giovanni Maria Vianney viene canonizzato nel 1925 da Pio XI che nel 1929 lo proclama “patrono di tutti i parroci del mondo”. Nel 1959, nel centenario della sua morte, San Giovanni XXIII gli dedica l’Enciclica "Sacerdotii Nostri Primordia", additandolo a modello dei sacerdoti mentre nel 2009, per il 150esimo anniversario dalla sua scomparsa, Benedetto XVI indice un “Anno sacerdotale”, per “contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti, per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi” indicandolo come modello. L'Anno Sacerdotale a lui dedicato si è chiuso il 21 giugno 2010.
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Martirologio romano: Memoria di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote, che per oltre quarant’anni guidò in modo mirabile la parrocchia a lui affidata nel villaggio di Ars vicino a Belley in Francia, con l’assidua predicazione, la preghiera e una vita di penitenza. Ogni giorno nella catechesi che impartiva a bambini e adulti, nella riconciliazione che amministrava ai penitenti e nelle opere pervase di quell’ardente carità, che egli attingeva dalla santa Eucaristia come da una fonte, avanzò a tal punto da diffondere in ogni dove il suo consiglio e avvicinare saggiamente tanti a Dio.
San Giovanni Maria Vianney nacque a Dardilly, nel dipartimento francese di Lione, l’8 maggio 1786, giorno della memoria liturgica delle Apparizioni di San Michele Arcangelo al Gargano in Italia, quarto figlio di sei che ebbero i contadini Matteo Vianney e Maria Béluze.
Fin da piccolo, Giovanni fu educato a frequentare la chiesa parrocchiale. Le celebrazioni liturgiche lo affascinavano tanto che i suoi giochi da bambino ne erano spesso l’imitazione. Quando conduceva al pascolo il bestiame, spesso lasciava ai compagni la custodia degli animali e correva dietro un cespuglio a recitare il santo rosario, meglio ancora era felice di entrare in una chiesa appena sentiva suonare la campana. Oltre che a pregare, imparò ben presto anche a venire incontro alle necessità dei bisognosi. La sua famiglia contadina era benestante e, quindi, con generosità sfamava spesso fino a dieci poveri al giorno. Il piccolo Giovanni dava loro il cibo ed il necessario riscaldamento dopo averli sempre gentilmente invitati a fare una breve orazione. Quando il babbo gli commissionava di portare la legna ai meno abbienti del villaggio, Giovanni s’impegnava a caricare l’asinello più che poteva.
Il padre, che aveva bisogno di braccia forti per l’azienda agricola familiare, si oppose per circa due anni alla vocazione presbiterale del figlio. Poi, nel 1806, lo mandò a studiare presso il parroco di Ecully, l’abate Carlo Balley, molto austero. Nell’apprendimento scolastico, il giovane Vianney incontrò molti problemi, non arrivò mai a scrivere correttamente la lingua francese e sapeva leggere appena il breviario in latino. Il suo maestro Don Balley, invece di rimproverarlo, avendo intuito le grandi qualità spirituali del giovane lo incoraggiava.
Lo zelante parroco lo presentò al vescovo per la tonsura e, nel 1812, lo fece entrare nel seminario minore di Verrières, che il cardinale Fesch, zio di Napoleone, aveva recentemente aperto, affinché gli fosse data una infarinatura della filosofia e teologia scolastica. Giovanni Maria, che si applicava con sforzo e tenacia nello studio, purtroppo, non capendo il latino non otteneva alcun risultato perciò fu rimandato di nuovo presso Don Balley, il quale, convinto sempre più che il giovane fosse chiamato da Dio al sacerdozio, gli mise tra le mani un libro di teologia in francese che, con molta pazienza gli spiegava. Dopo questa preparazione lo presentò per l’ammissione agli ordini minori e al suddiaconato. L’esame gli fu fatto nel presbiterio d’Ecully e il vicario generale della diocesi prese su di sé la responsabilità formativa del pio giovane. Vianney fu ordinato diacono a Lione il 23 giugno 1815 e, finalmente, grazie alle insistenze di Dom Balley, che era assai stimato in curia, ricevesse ad agosto il sacerdozio affinché gli fosse dato come vicario parrocchiale.
Anche dopo l’ordinazione Vianney continuò con Don Balley una vita “seminariale” con uno stretto regolamento di studio e preghiera.
Nel 1817 il Balley improvvisamente morì e Giovanni rimase del tutto disorientato. Essendo la parrocchia di Ecully considerata troppo elevata per le sue capacità, il 13 febbraio 1818, fu nominato Cappellano di Ars-en-Dombes, villaggio di appena 230 abitanti, soggetto alla Parrocchia di Mizèrieux. Solo nel 1821 Ars divenne parrocchia a se stante. Il Vicario generale, nel comunicargli la sua nomina aveva esclamato: “Voi andate in una parrocchia dove non c’è molto amor di Dio ma ce ne metterete”.
Infatti, i parrocchiani di Ars non tardarono a capire di avere un nuovo curato “molto particolare”. Lo osservarono con stupore ritornare i vecchi mobili alla castellana d’Ars che li aveva donati alla canonica. Inoltre, lo vedevano mangiare poco o niente e stare ore ed ore in preghiera in chiesa. Don Giovanni non aveva voluto una domestica, non andava a pranzo al castello dei signori come avevano fatto tutti i suoi predecessori. Chi voleva incontrarlo doveva andare a cercarlo in chiesa dove, ogni giorno, per lunghe ore di preghiera implorava da Dio la conversione della gente di Ars. Il curato cercò fin dall’inizio del suo ministero pastorale ad Ars di avere un contatto diretto con le anime a lui affidate dal vescovo.
Da giovane Vianney si diede ad eccessive penitenze che nell’età matura definì follie di gioventù”. Faceva cuocere alcune patate, le metteva in un paniere e durante la settimana le mangiava fredde; dormiva per terra e appena sveglio si flagellava; d’abitudine portava il cilicio con l’intenzione che dalla sua parrocchia fossero debellati i balli, le osterie ed il lavoro festivo. Per tutta la sua vita fu ossessionato dallo scrupolo di non avere né la formazione culturale né le virtù richieste per fare degnamente il parroco e così di mettere in pericolo la salvezza personale ed altrui. Era affascinato dalla vita di solitudine per contemplare Dio in preghiera ma, per tutta la vita, egli sarà il confessore “mangiato dai penitenti”, confessando anche fino a sedici ore al giorno. Fin dall’arrivo ad Ars aveva provveduto al restauro della chiesa, ristrutturando l’altare ed il tabernacolo ed acquistando la biancheria e le suppellettili per il culto.
Nel 1821 la cappellania di Ars fu eretta in parrocchia e divenne soggetta alla nuova curia episcopale di Belley, retta allora da monsignor Alessandro Devie, da allora Giovanni Maria Vianney ebbe il titolo canonico di curato d’Ars.
Il santo si impegnava molto anche ad aiutare i parroci vicini nel periodo delle missioni popolari. Normalmente egli non predicava, ma restava a disposizione dei penitenti fino a notte inoltrata. Proprio per la sua partecipazione alle missioni popolari egli si fece una fama eccezionale di santo confessore ed Ars incominciò ad accogliere numerosi pellegrini in cerca del perdono dei loro peccati.
Tutti si impressionavano nel vederlo indossare la sua talare piena di rammendi e di contemplare la grande povertà della sua canonica. Qualche confratello sacerdote un po’ invidioso lo denunciò al vescovo affermando che c’era dell’esibizionismo in tali manifestazioni esterne.
Fin dal suo arrivo ad Ars egli si preoccupò dell’educazione sia cristiana che scolastica dei fanciulli. Eresse una scuola per le ragazze con l’aiuto di alcune brave contadine che egli aveva formato spiritualmente, tra cui Caterina Lassagne, prima direttrice dell’Istituto “La Provvidenza”. Il curato fu lui stesso l’architetto, il muratore ed il finanziatore.
Il pellegrinaggio ad Ars dei penitenti andò crescendo sempre più tanto che fu opportuno iniziare un servizio di vetture tra Lione ed Ars. Fu allora che il curato, nel tentativo di distogliere dalla sua persona il rischio del culto della personalità, che lo rattristava più ancora delle calunnie, instaurò nella sua chiesa il culto di santa Filomena, attribuendo tutti i prodigi a questa martire. Il lavoro spossante a cui si vedeva condannato continuava a gettarlo nell’angoscia tanto che più volte aveva chiesto al vescovo di avere un altro incarico.
Se si considera il lavoro estenuante di confessore che faceva, lo scarso alimento che prendeva, le spaventose coliche e i dolori di testa da cui frequentemente era assalito, le poche ore di sonno durante la notte, il freddo da cui era intorpidito, il caldo da cui era soffocato nel confessionale, bisogna dire che veramente era sostenuto da una speciale grazia nel portare avanti un ministero sacerdotale così pesante. I malati erano condotti dinnanzi a lui da ogni parte della Francia perché numerosi grazie alle preghiere di Vianney recuperavano la salute.
Il flusso dei pellegrinaggi continuò ad aumentare a tal punto che il vescovo ritenne necessario dare al santo curato un vice parroco che si prendesse cura della comunità dal momento che Giovanni Maria doveva restarsene tutto il giorno in confessionale. Il primo suo vicario fu l’abate Antonio Raymond, una personalità rude, autoritaria. Col suo temperamento difficile e con la sua corporatura imponente per ventun anni tenne in soggezione il santo curato che, per la sua grande bontà, era incapace di mantenere la disciplina tra la massa dei pellegrini. Nonostante che Don Raymond lo contrariasse, Vianney si mostrò sempre con il vescovo soddisfatto di lui e dell’aiuto che gli prestava, pur dovendo ingoiare parecchi rospi a causa del carattere ambizioso del suo vicario.
Morì il 4 agosto 1859 alle due del mattino. Fu sepolto nella chiesa di Ars e Pio X lo beatificò l’8 settembre 1904 mentre Pio XI lo canonizzò il 31 maggio 1925. Le sue reliquie sono venerate ad Ars nella nuova chiesa costruita come prolungamento dell’antica ed ogni anno oltre mezzo milione di pellegrini si recano da tutto il mondo a pregare dinnanzi alle sue spoglie mortali, rimaste incorrotte.
estratto da un testo di don Marcello Stanzione (ri-fondatore della associazione Milizia di san Michele Arcangelo)
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Atto d'amore di San Giovanni Maria Vianney
Ti amo, mio Dio, e il mio desiderio é di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.
Ti amo, o Dio infinitamente amabile, e preferisco morire amandoti, piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.
Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo è di amarti eternamente.
Ti amo, mio Dio, e desidero il Cielo, soltanto per avere la felicità di amarti perfettamente.
Mio Dio, se la mia lingua non può dire ad ogni istante: ti amo, voglio che il mio cuore te lo ripeta ogni volta che respiro.
Ti amo, mio divino Salvatore, perché sei stato crocifisso per me, e mi tieni quaggiù crocifisso con te.
Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti e sapendo che ti amo.
«Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente».
Nessuna posizione umana è comparabile a quella del sacerdote:
«Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina».
Sul sacerdozio non riusciva a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati da Dio a una creatura umana:
«Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...».