Santo del giorno 21 giugno: San Luigi Gonzaga

News del 21/06/2024 Torna all'elenco delle news

San Luigi Gonzaga protettore degli studenti. Figlio del marchese Ferrante Gonzaga, già a 10 anni Luigi aveva deciso che la sua strada era un'altra: quella che attraverso l'umiltà, il voto di castità e una vita dedicata al prossimo l'avrebbe condotto a Dio. A 12 anni ricevette la prima comunione da san Carlo Borromeo, venuto in visita pastorale a Brescia. Decise poi di entrare nella Compagnia di Gesù e per riuscirci dovette sostenere due anni di lotte contro il padre. Rinunciò al titolo e all'eredità ed entrò nel Collegio romano dei gesuiti, dedicandosi agli umili e agli ammalati, distinguendosi soprattutto durante l'epidemia di peste che colpì Roma nel 1590. Dio gli era così presente che giunse a pregare: “Allontanati da me, Signore”. Il suo motto era: “Come gli altri”, dimenticando cioè tutti i privilegi. Questo coraggio e questa forza, anche fisica, sentiva che gli venivano da Dio stesso e dal Cristo che lui serviva nei sofferenti. Trasportando sulle spalle un malato di peste moribondo, rimase contagiato e in poco tempo morì. Era il 21 giugno 1591 e aveva solo 23 anni. E' sepolto a Roma nella Chiesa di Sant'Ignazio di Campo Marzio.

 

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Martirologio Romano: Memoria di san Luigi Gonzaga, religioso, che, nato da stirpe di principi e a tutti noto per la sua purezza, lasciato al fratello il principato avito, si unì a Roma alla Compagnia di Gesù, ma, logorato nel fisico dall’assistenza da lui data agli appestati, andò ancor giovane incontro alla morte.

 

Nasce, nel 1568, praticamente con l’archibugio in mano e con il destino già segnato: ereditare, insieme al marchesato, il patrimonio di intrighi, violenze e sangue di cui un tempo ogni feudo era ricco.  Primogenito del marchese di Castiglione delle Stiviere, in quel di Mantova, fin da bambino gli insegnano quello che un giorno dovrà fare. Così, a neppure cinque anni, già indossa una divisa militare e si diverte con archibugi e bombarde, precocissimo “bambino-soldato” che sta attendendo di diventare signore e padrone di un marchesato di per sé insignificante ma certamente strategico.

Dei suoi sette fratelli, tre muoiono giovanissimi, uno viene ucciso a pugnalate ed un altro ad archibugiate, il sesto si macchierà di orrendi crimini, mentre l’ultimo sarò odiato a vita.

Invece lui, l’erede designato, a sette anni ha già fatto la sua scelta, non propriamente in linea con la tradizione di famiglia: merito di sua mamma, che ha sempre pregato perché uno dei suoi figli si facesse religioso e che, con delicatezza e discrezione, sta controbilanciando con i suoi insegnamenti e i suoi esempi l’educazione militaresca che papà gli sta impartendo.

Inutile dire che questo figlio impara da lei: dimostra sempre maggior disinteresse per le cose di guerra, si stacca dalla vita mondana di corte, lo trovano sempre più spesso appartato a pregare. A dieci anni si consacra a Maria e che sia ben cosciente di questo gesto, nonostante la giovane età, lo dimostra la svolta che da quel giorno dà alla sua vita, sempre più orientata verso la preghiera, la penitenza, il distacco dalle cose del mondo.

Comprensibile la preoccupazione di papà, che osserva questo cambiamento e comincia ad avere qualche dubbio su colui che dovrebbe essere il suo erede, dato che già a 16 anni comincia sempre più apertamente a parlare di rinunciare al marchesato per farsi religioso.

Con il dichiarato scopo di “distrarlo” e con la speranza di “recuperarlo”, papà lo spedisce nelle corti di Madrid, Mantova, Parma, Ferrara, Pavia e Torino, ma il risultato non è quello che si attendeva. Anzi, sembra che il clima corrotto respirato abbia finito per stomacare ancor di più il giovane, che l’anno dopo, davanti ad un padre singhiozzante e ad un notaio incredulo, rinuncia definitivamente ai diritti della primogenitura a favore del fratello e va a Roma con i Gesuiti.

Ha già fatto da solo un buon cammino spirituale, ma adesso preghiera e penitenza mettono le ali al suo desiderio di perfezione. Si divide tra studio, preghiera e opere di carità fino a quando nella Città Eterna scoppia la peste. Che fa di lui non il martire della fede (anche se ne ha da vendere) ma della carità più squisita. Se la salute gracile non gli permette infatti di essere sempre in prima linea al fianco dei malati, non gli può certo impedire di caricarsi sulle spalle l’appestato scartato da tutti e abbandonato per strada.

Contagiato anche lui, muore a 23 anni nel 1591, il 21 giugno, giorno in cui la Chiesa adesso lo festeggia dopo che Paolo V nel 1605 ha proclamato beato e Benedetto XIII nel 1726 ha proclamato santo Luigi Gonzaga, il giovane ricco che aveva abbandonato tutto per trovare solo in Dio la sua vera ricchezza.

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