IL NATALE DI GESU' di San Padre Pio
News del 25/12/2024 Torna all'elenco delle news
IL NATALE DI GESÙ di Padre Pio da Pietrelcina
Nel cuore della notte, nella stagione più rigida, nella più gelida grotta, più abitazione di armenti che di umana creatura, veniva alla luce nella pienezza dei tempi il promesso Messia — Gesù — il Salvatore degli uomini.
Non strepito attorno a lui; un bue ed un asino riscaldano il neonato povero Bambino; un'umile donna, un povero uomo stanco adoranti presso di lui.
Non si odono che vagiti e pianto del Dio pargoletto. E con questo pianto e con questi vagiti egli offre alla divina giustizia il primo riscatto della nostra riconciliazione.
Da ben quaranta secoli egli è atteso; con sospiri gli antichi Padri ne avevano invocato la venuta; i sacri scrittori chiaramente avevano profetato ed il luogo e l'epoca della sua nascita, eppure tutto è silenzio e sembra che nessuno sia a conoscenza di questo grande avvenimento. Solo un po' più tardi egli è visitato da pastori intenti a vigilare il gregge nei prati. Sono avvertiti da spiriti celesti dello strepitoso avvenimento, invitati a recarsi alla sua grotta.
Quali e quanti non sono, o cristiani, gli insegnamenti che si partono dalla grotta di Betlemme! Oh come deve sentirsi acceso il cuore di amore per colui che tutto tenerezza si è fatto per noi! Oh come dovremmo ardere del desiderio di condurre il mondo tutto a quest'umile grotta, asilo del re dei re, più grande di ogni reggia umana, perché trono e dimora di Dio! Chiediamo a questo divin Bambino di rivestirci di umiltà, perché solo con questa virtù possiamo gustare questo mistero ripieno di divine tenerezze.
Scintillano i palazzi della superba Israele, eppure non in essi venne al mondo la Luce! Baldanzosi di umana grandezza, nuotanti nell'oro e negli agi sono i magnati della nazione giudaica, ricolmi di vana scienza e superbia i sacerdoti del santuario, contro il vero senso delle divine rivelazioni attendono un Salvatore troppo impicciolito, veniente al mondo con umana grandezza e potenza.
Ma Dio, che è sempre intento a confondere la sapienza di questo mondo, disperse i loro disegni e, contro l'aspettativa di chi è privo della sapienza divina, discende fra noi nella più grande abiezione, rinunzia fino a nascere nell'umile casetta di Giuseppe, rinunzia finanche ad un modesto alloggio fra parenti e conoscenti nella città di Giuda e, quasi rifiuto degli uomini, chiede rifugio e soccorso a vili animali, scegliendo la loro dimora per luogo di sua nascita, il loro fiato per riscaldare il suo tenero corpicciuolo. Permette che il primo ossequio gli sia tributato da poveri e rozzi pastori, che egli stesso, per mezzo dei suoi angeli, informa del grande mistero.
O sapienza o potenza di Dio, ci sentiamo di dover esclamare — estasiati col tuo Apostolo — quanto sono incomprensibili i tuoi giudizi e non investigabili le tue vie! Povertà, umiltà, abiezione, disprezzo, circondano il Verbo fatto carne; ma noi, dall'oscurità in cui questo Verbo fatto carne è avvolto, comprendiamo una cosa, udiamo una voce, intravediamo una sublime verità: tutto questo l'hai fatto per amore, e non c'inviti che all'amore, non ci parli che di amore, non ci dai che prove di amore.
Il celeste Bambino soffre e vagisce nel presepe per rendere a noi amabile, meritoria e ricercata la sofferenza: egli manca di tutto, perché noi apprendiamo da lui la rinunzia dei beni e degli agi terreni; egli si compiace di umili e poveri adoratori per invogliarci ad amare la povertà e preferire la compagnia dei piccoli e dei semplici a quella dei grandi del mondo.
Questo celeste Bambino tutto mansuetudine e dolcezza vuole infondere nei nostri cuori col suo esempio queste sublimi virtù, affinché nel mondo dilaniato e sconvolto sorga un'era di pace e di amore. Egli fin dalla nascita ci addita la nostra missione, che è quella di disprezzare ciò che il mondo ama e cerca.
Oh! prostriamoci innanzi al presepe e con il grande S. Girolamo, il santo infiammato di amore a Gesù bambino, offriamogli tutto il nostro cuore senza riserva, e promettiamogli di seguire gli insegnamenti che giungono a noi dalla grotta di Betlemme, che ci predicano essere tutto quaggiù vanità delle vanità, non altro che vanità.