18 aprile 2020 - XXVIII anniversario del pio transito di mons. Giovanni Ferro: continuiamo a pregare per la sua beatificazione!

News del 18/04/2020 Torna all'elenco delle news

Nella Cattedrale di Reggio, nella navata destra, si trova la sepoltura dell’arcivescovo Giovanni Ferro, su cui s’innalza una grande statua che lo ritrae in abiti pontificali in atto di accogliere i numerosi fedeli, di benedirli e di annunziare ad essi i grandi misteri della carità di Cristo. 

Egli veniva a Reggio all’insegna di “Omnia in charitate”. Tutto nasce, cresce e matura nella carità. E alla fine la carità trionfa: “Omnia vincit amor!”; ma la carità è un dono e cammina col tempo di Dio e la pazienza di Cristo. “La carità non verrà mai meno”. “Ora vi sono la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande è la carità”.  Come arcivescovo fece l’ingresso in Reggio il 2 dicembre 1950 con la forza umile e potente della carità. 

E proprio animato dalla carità il suo servizio episcopale non conobbe limiti. 

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"Hai pregato abbastanza?"

«Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto». La preghiera che la Chiesa pone sulle nostre labbra fu la costante del Servo di Dio Giovanni Ferro. Egli fu soprattutto un permanente in preghiera. Ricordo che, accompagnando monsignor Sorrentino per la prima visita di cortesia in Prefettura, mi impressionò la richiesta del prefetto del tempo, dottor Ciompi, al novello Arcivescovo: «Continui anche lei a farci rivolgere lo sguardo verso l’Alto così come faceva il suo predecessore. Dopo aver dato la soluzione con le sue sagge risposte alle delicate questioni che gli sottoponevo, concludeva il colloquio alzandosi in piedi e, sfregandosi le mani, fissava il cielo con i suoi occhi sorridenti e penetranti. Un invito a invocare l’altissimo e farsi da lui illuminare». Un gesto che molti di noi ci portiamo ancora dentro. Non sempre lo comprendevamo quando portando a lui i nostri problemi ci poneva la domanda: «Hai pregato abbastanza?». Poi lo ritrovavi nella sua cappella per lunghe ore dinanzi al Santissimo sacramento e capivi che la domanda, che ti metteva in crisi, aveva una risposta in quell’icona del contemplativo che si saziava di Dio contemplando il suo volto e incontrando in lui i volti e la storia dei suoi figli. Raramente lasciava scoprire le afflizioni del suo animo, riservando alla preghiera, spesso sofferta e solitaria, il gemito e l’effusione del cuore.

(da una testimonianza di mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo emerito di Cosenza - Bisignano, su www.avveniredicalabria.it)

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CAPPELLA FUNERARIA IN CATTEDRALE