29 marzo 2020 - TERZA LETTERA ai fedeli di don Demetrio Sarica, parroco della Cattedrale

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Carissimi tutti, 

la domenica che oggi celebriamo è l’ultima di questa Quaresima prima della celebrazione della Settimana Santa: domenica prossima, infatti, sarà la domenica delle Palme e della Passione del Signore. E ci troviamo ancora, presi tutti alla sprovvista, dentro questo “tempo di tempesta”, la quale – come ci diceva papa Francesco nella sua memorabile e preziosa meditazione offerta durante il momento straordinario di preghiera di venerdì scorso – smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità.

Risuonano ancora nel nostro cuore le parole del papa che invitano a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta: il tempo di scegliere tra che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. Un tempo in cui risuona più forte l’appello alla fede; il quale si traduce non soltanto nel credere che Dio esista, ma soprattutto nel “venire a Lui e fidarsi di Lui”. Un tempo in cui sperimentare la forza di Dio, che volge al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai. É proprio questo il messaggio contenuto nella liturgia della parola di questa domenica, detta “della risurrezione di Lazzaro”: un invito a fare esperienza di una risurrezione anticipata, proprio oggi, quando quasi tutto attorno a noi ci parla di paura, solitudine, dolore, morte.

“Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”: come è difficile in questo momento per noi credere a queste parole di Gesù! Ci attrae, però, questo pianto del Signore che manifesta in un modo speciale la sua umanità e il suo amore: “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro”. Le lacrime di Gesù schiudono davanti agli occhi del nostro cuore una “via privilegiata” che siamo chiamati anche noi a precorrere, fino a giungere davanti al sepolcro. Proprio qui, davanti alla pietra che separa la morte dalla vita, il buio dalla luce, il non senso dalla speranza, risuona l’annunzio pasquale: ciò che vince la morte è l’amore! L’amicizia con Gesù non esime Lazzaro dalla malattia né dalla morte, ma la Sua presenza è potenza che opera una vera e completa salvezza: non evita il problema e la drammaticità della sofferenza e della morte, ma “entra e illumina”, chiama alla vita. 

Le più sofisticate “strategie” umane si rivelano sempre più insufficienti davanti ai profondi problemi esistenziali, ed oggi più che mai ci si deve rendere conto che bisogna percorrere un’altra strada. Gesù percorre la strada della sua missione: offrire ad ogni uomo la salvezza nel dono della Sua vita per noi. La Sua non è una carità qualunque, ma “quella che spinse il Figlio a dare la vita per noi”. Quella carità nella quale la preghiera di questa domenica ci fa chiedere di vivere ed agire sempre.

La vita, la nostra vita non è fatta per restare chiusa in un sepolcro. Nella nostra vita ci sono sepolcri che ci siamo costruiti, che abbiamo costruito, che abbiamo permesso ad altri di costruire … Gesù dice: “Togliete la pietra!”. Sono tanti i sepolcri da aprire, pesanti le pietre da far rotolare via, ma il Signore ci aiuta ad aprirli con la forza del tuo Spirito!

Ci dice ancora: “Liberatelo e lasciatelo andare!”. Liberiamo la nostra preghiera: rendiamola ancora più vicina al grido dell’umanità sofferente e provata, trasformando questo grido in una manifestazione della speranza dell’anima in attesa del Signore, che ha sempre cura di noi.

Voglio concludere ricordando ancora le parole di papa Francesco: “Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza”! E sulla scia delle parole del papa vi invito a vivere questa domenica nel segno del gesto dell’abbraccio. Anche da casa, in questo isolamento che qualcuno simpaticamente definisce “arresti domiciliari”, è possibile abbracciare il Signore nella preghiera e attraverso la Comunione spirituale, ed è anche possibile abbracciare fisicamente quelli che vivono con noi, come pure coloro che vivono da soli possono abbracciare spiritualmente tutti. Fatelo senza vergogna, rispondendo così ad un profondo bisogno del cuore. Abbracciate per me i piccoli che sono nelle vostre famiglie!   

Vi giunga il mio abbraccio e la mia benedizione e, mentre vi ricordo che vi porto sempre e tutti con me nella Santa Messa, vi auguro una buona domenica! 

              don Demetrio  

 

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