5 gennaio 2019 - II Domenica dopo Natale: c'è santità e luce in ogni vita
News del 04/01/2020 Torna all'elenco delle news
Ancora una volta la liturgia ci fa leggere il prologo di Giovanni. Oggi non trovo parole migliori per tradurre il suo intenso significato se non quelle di un poeta:
«... eri tu il mistero,
la radiosa notte
che racchiudeva il giorno,
che avrebbe rivestito di carne la luce
e dato un nome al silenzio»
(David Maria Turoldo)
Sarebbe bello prepararci alla festa dell'Epifania di domani trattenendo la bellezza e la verità di queste parole.
Omelia di Don Luigi Maria Epicoco
Già nei tempi antichi, gli uomini ispirati, con toni poetici e a volte enigmatici, parlavano della dimora di Dio con il suo popolo. Il libro del Siracide declina questa dimora in chiave di una sapienza divina che mette la sua tenda in Israele. La Sapienza, con tratti personali, prende la parola e dice: «Allora il creatore dell'universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse:
"Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei eletti"». Con il Nuovo Testamento, ciò che è detto in linguaggio figurativo, prende carne, prende volto. Chi avrebbe mai detto che la Sapienza di Dio fosse veramente persona e che avrebbe veramente preso in corpo e posto la sua dimora sulla terra? Giovanni contempla questa sapienza e afferma il gesto incredibile di Dio, il Logos, che si fa uomo: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». All'inizio di questo nuovo anno, sostiamo nuovamente per contemplare questa novità che era già nel cuore di Dio dall'eternità e che ha rinnovato la faccia della terra.
Commento di Robert Cheaib
Icone di Dio: c'è santità e luce in ogni vita
Vangelo immenso, un volo d'aquila che ci impedisce piccoli pensieri, che opera come uno sfondamento verso l'eterno: verso «l'in principio» (in principio era il Verbo) e il «per sempre». E ci assicura che un'onda immensa viene a battere sui promontori della nostra esistenza (e il Verbo si fece carne), che siamo raggiunti da un flusso che ci alimenta, che non verrà mai meno, a cui possiamo sempre attingere, che in gioco nella nostra vita c'è una forza più grande di noi. Che un frammento di Logos, di Verbo, ha messo la sua tenda in ogni carne, qualcosa di Dio è in ogni uomo.
C'è santità e luce in ogni vita. E nessuno potrà più dire: qui finisce la terra, qui comincia il cielo, perché ormai terra e cielo si sono abbracciati. E nessuno potrà dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perché creatore e creatura si sono abbracciati e, almeno in quel neonato, uomo e Dio sono una cosa sola. Almeno a Betlemme. «Gesù è il racconto della tenerezza del Padre» (Evangelii gaudium), per questo penso che la traduzione, libera ma vera, dei primi versetti del Vangelo di Giovanni, possa suonare pressappoco così: «In principio era la tenerezza, e la tenerezza era presso Dio, e la tenerezza era Dio... e la tenerezza carne si è fatta e ha messo la sua tenda in mezzo a noi».
Il grande miracolo è che Dio non plasma più l'uomo con polvere del suolo, dall'esterno, come fu in principio, ma si fa lui stesso, teneramente, polvere plasmata, bambino di Betlemme e carne universale. A quanti l'hanno accolto ha dato il potere...
Notiamo la parola: il potere, non solo la possibilità o l'opportunità di diventare figli, ma un potere, una energia, una vitalità, una potenza di umanità capace di sconfinare. «Dio non considera i nostri pensieri, ma prende le nostre speranze e attese, e le porta avanti» (Giovanni Vannucci).
Nella tenerezza era la vita, e la vita era la luce degli uomini. Una cosa enorme: la vita stessa è luce. La vita vista come una grande parabola che racconta Dio; un Vangelo che ci insegna a sorprendere parabole nella vita, a sorprendere perfino nelle pozzanghere della terra il riflesso del cielo. Ci dà la coscienza che noi stessi siamo parabole, icone di Dio. Che chi ha la sapienza del vivere, ha la sapienza di Dio. Chi ha passato anche un'ora soltanto ad ascoltare e ad addossarsi il pianto di una vita è più vicino al mistero di Dio di chi ha letto tutti i libri e sa tutte le parole.
Da Natale, da dove l'infinitamente grande si fa infinitamente piccolo, i cristiani cominciano a contare gli anni, a raccontare la storia. Questo è il nodo vivo del tempo, che segna un prima e un dopo. Attorno ad esso danzano i secoli e tutta la mia vita.
Omelia di padre Ermes Ronchi
LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA II DOMENICA DOPO NATALE (5 GENNAIO 2020)
tratto da www.lachiesa.it