7 aprile 2019 - V Domenica di Quaresima: Il Signore apre le porte delle nostre prigioni
News del 06/04/2019 Torna all'elenco delle news
Una trappola ben congegnata: «che si schieri, il maestro, o contro Dio o contro l'uomo». Gli condussero una donna... e la posero in mezzo. Donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è il suo peccato; anzi è una cosa, che si prende, si porta, si mette di qua o di là, dove a loro va bene. Si può anche mettere a morte. Sono funzionari del sacro, diventati fondamentalisti di un Dio terribilmente sbagliato. «Maestro, secondo te, è giusto uccidere...?». Quella donna ha sbagliato, ma la sua uccisione sarebbe ben più grave del peccato che vogliono punire.
Gesù si chinò e scriveva col dito per terra..., mostrando così la strada: invita tutti a chinarsi, a tacere, a mettersi ai piedi non di un codice penale ma del mistero della persona.
«Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei». Gesù butta all'aria tutto il vecchio ordinamento legale con una battuta sola, con parole definitive e così vere che nessuno può ribattere. E se ne andarono tutti.
Allora Gesù si alza, ad altezza del cuore della donna, ad altezza degli occhi, per esserle più vicino; si alza
con tutto il rispetto dovuto a un principe, e la chiama ?donna?, come farà con sua madre: Nessuno ti ha condannata? Neanch'io lo faccio. Eccolo il maestro vero, che non s'impalca a giudice, che non condanna e neppure assolve; ma fa un'altra cosa: libera il futuro di quella donna, cambiandole non il passato ma l'avvenire: Va' e d'ora in poi non peccare più: poche parole che bastano a riaprire la vita.
Il Signore sa sorprendere ancora una volta il nostro cuore fariseo: non chiede alla donna di confessare il peccato, non le chiede di espiarlo, non le domanda neppure se è pentita. È una figlia a rischio della vita, e tanto basta a Colui che è venuto a salvare. E la salvezza è sciogliere le vele (io la vela, Dio il vento): infatti non le domanda da dove viene, ma dove è diretta; non le chiede che cosa ha fatto, ma cosa farà. E si rivolge alla luce profonda di quella creatura, vi intinge la penna come uno scriba sapiente: «Scrivo con una minuscola bilancia come quella dei gioiellieri. Su un piatto depongo l'ombra, sull'altro la luce. Un grammo di luce fa da contrappeso a diversi chili d'ombra...»(Ch Bobin). Le scrive nel cuore la parola ?futuro?. Le dice: «Donna, tu sei capace di amare, tu puoi amare bene, amare molto. Questo tu farai...».
Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso trasciniamo noi stessi e gli altri. Lui sa bene che solo uomini e donne perdonati e amati possono disseminare attorno a sé perdono e amore. I due soli doni che non ci faranno più vittime. Che non faranno più vittime né fuori né dentro di noi.
Omelia di padre Ermes Ronchi
La novità dell'amore
Già nell'episodio parabolico del ?padre misericordioso? di cui alla Domenica precedente, Gesù attesta all'avvento della novità assoluta che irrompe nella storia e con lo stesso argomento trattato ci ragguaglia che sono sorti ?tempi nuovi? e rinnovate dimensioni, per le quali vanno dimenticate le cose antiche, come espresso dal profeta Isaia. E la novità assoluta è la seguente: Dio ci ama singolarmente e la sua misericordia tende a recuperarci anziché condannarci. L'amore di Dio si evince dal fatto che lui si ostina a cercare chi si è smarrito nel peccato, nella misura in cui noi ci ostiniamo a perseverare le peccato e si tratta di un ?novum? che sconvolge le aspettative tipicamente umane di pregiudizio e di condanna.
Se l'uomo tende a vendicarsi, Dio perdona a dismisura. Se l'uomo si accanisce, Dio si riconcilia. Se l'uomo esclude ed estromette, Dio chiama alla comunione; se l'uomo distrugge, Dio ricompone con la saldatura dell'amore. Se l'uomo usa pregiudizi e illazioni, Dio concede fiducia e risolleva.
Le procedure di Dio marciano insomma in senso opposto al nostro comune pensare, questa è la novità assoluta che adesso ci viene rivelata in Cristo e, come già nella parabola succitata del Padre misericordioso, anche nell'episodio presente ne siamo ragguagliati.
Il tranello che viene teso a Gesù è molto sagace e malizioso e certamente chi glielo sta ponendo vuole che lui precipiti nell'inattendibilità popolare. Al presenziare di questa donna probabilmente sposata ma colta in flagranza di reato per adulterio lui potrebbe acconsentire che venga uccisa a colpi di pietra, come prescrive la Legge di Mosè (Lv 20, 10); ma il tal caso si metterebbe in contrasto contro la legislazione romana, per la quale solo all'imperatore (o chi per lui) aveva potere di condanna capitale. E in più smentirebbe le sue continue affermazioni intorno alla misericordia e al perdono di Dio. Se invece negasse la condanna a morte, sarebbe ugualmente colpevole di trasgredire una normativa della Legge giudaica.
Il peccato da parte di questa donna è inequivocabile, è avvenuto e non lo si può negare o disattendere e neppure si può prendere sottogamba quanto ad esso correlato, cioè la legge mosaica e la condanna a morte.
Si nota un particolare gesto insolito da parte di Gesù, che è stato suscettibile di varie interpretazioni: anziché interloquire con gli astanti che pongono la domanda, Gesù si china per terra, davanti all'ingresso del tempio di Gerusalemme dove la discussione sta avvenendo, e segna alcuni tratti sulla sabbia. Scrive per terra. Alcuni hanno collegato l'atteggiamento inusuale a Geremia 17,13 sul fatto che chi abbandona il Signore ?sarà abbandonato nella polvere?; altri si sono collegati a Es 31, 18 che descrive come le tavole della Legge furono scritte ?con il dito di Dio? e pertanto quello che Gesù sta per proferire è di natura divina. O forse Gesù considera che la questione che gli viene posta è talmente banale o di soluzione così evidente che non varrebbe neppure la pena prestare ascolto a questi intriganti interlocutori che non fanno altro che sollevare polveroni inutili:
Praticamente senza parlare e contemplando la polvere sta dicendo loro: ?Occorre che io stia a controbattere o ad elucubrarvi di nozioni perché capiate che la questione in realtà è un'altra? Voi siete talmente a posto con la vostra coscienza al punto da poter condannare questa donna senza riprovare voi stessi? Per caso non avete voi delle irresponsabilità della stessa portata dell'adulterio o dell'infedeltà? Insomma è proprio certo che voi siate più innocenti di questa donna? Non dico che lei non meriti riprovazione né tantomeno che vada giustificata; ma voi avete la coscienza talmente tranquilla da poterlo fare??
Solo chi non ha mai commesso peccato è in grado di giudicare gli altri e questo compete solo a Dio. Ma soprattutto nessuno di noi è talmente immacolato e perfetto da eseguire una sentenza di condanna a morte. Quindi, ?chi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei. Ma lo faccia chi davvero è esente da peccati e irresponsabilità.
Gesù ferisce nell'orgoglio gli astanti e mentre essi imbastiscono un processo all'adultera presente, lui organizza il tribunale severo dell'interiorità e del loro cuore nel quale non si può ricorrere in appello. Il tribunale che li condannerebbe a pene ben più severe, ma davanti al quale non vogliono sostare; dal quale non vogliono farsi processare per il semplice fatto che è assai confortevole perseverare ciascuno nei propri errori, senza avere la ?seccatura? di essere inquisiti o giudicati. Bello continuare a peccare giustificando i propri sbagli e senza che nessuno ce li faccia notare; è esaltante persistere nell'errore e chi intende mettercelo di fronte è fastidioso e inopportuno. Meglio allora che ce ne andiamo tutti, a partire da coloro che fra di noi si reputano più saggi e sapienti: gli anziani.
Questa è la novità decantata da Isaia, Dio è amore e misericordia che anziché condannare fa di tutto per riabilitare i peccatori e non vuole la morte di nessuno. Il vero nemico da combattere è infatti il peccato stesso, la sua aberrazione e la sua inutilità perniciosa, ma non il soggetto che pecca. Madre Teresa di Calcutta affermava che giudicare le persone non ci concede il tempo di amarle; nell'ottica della misericordia di Dio occorre amare prima di giudicare ed è inammissibile sostituirci a Dio pretendendo di saperla lunga sul nostro fratello.
La novità dei Figli di Dio in Cristo consiste pertanto nel non considerarci migliori degli altri, non vantare eccessiva stima di noi stessi, ma piuttosto analizzarci a puntino, onde venire a capo ciascuno dei nostri demeriti e delle nostre mancanze prima ancora di condannare inesorabilmente coloro che non conosciamo fino in fondo.
La novità dei figli di Dio è quindi quella della coerenza, della trasparenza e del dono di noi stessi agli altri secondo misericordia, che esclude ogni sorta di dispregio e di pregiudizio verso chi sbaglia. La novità dell'amore che vince le nostre ostinazioni.
Omelia di padre Gian Franco Scarpitta
L’amore va oltre le apparenze
Il cammino dell’amore non è mai indolore; esso deve farsi strada tra egoismi, pregiudizi, risentimenti e paure. Per questo il più delle volte l’amore sembrerebbe essere spacciato, vittima della sua stessa fragilità o soffocato dalla cattiveria che lo sovrasta. Quante volte udiamo espressioni come: «C’è troppo male in giro; non credo più al bene!».
Se simili frasi sono comprensibili in quanto spesso dettate da esperienze di vita dolorose, esse non sono però accettabili, perché decreterebbero la fine della capacità di amare intrinseca ad ogni persona. Qualunque sia il peso della storia che ti ha schiacciato, dentro di te rimane il desiderio stringente di essere amato e di amare, l’unico che ci mantiene in vita. Il problema è che l’amore spesso lo si cerca nei posti sbagliati. L’adultera lo ha cercato fuori del matrimonio, non avendo la pazienza di attendere che quella relazione coniugale le raccontasse tutta la bellezza che aveva in serbo per lei. E mendicando amore qua e là, è diventata per gli altri, e forse anche per se stessa, ‘adultera’, senza più volto né nome, assumendo la maschera che il peccato personale e altrui le avevano attribuito. Sì, perché nel racconto non è solo ‘posto in mezzo’ il male della donna, come cercano di fare gli scribi e i farisei, ma anche il peccato di questi ultimi, ammantato di giustizia, che Gesù saprà disarmare indicando a tutti la strada dell’amore. All’inizio neanche il luogo sacro è in grado di custodire l’amore, anzi il tempio diventa tutto il contrario, la sua tomba. Quegli uomini religiosi hanno già ucciso la donna, anche se non ancora fisicamente, in quanto per loro è solo una pietra da scagliare contro Gesù, al pari delle pietre che recano in mano. Già pregustano come il caso dell’adultera permetterà loro di sferrare un attacco decisivo ai danni di quel maestro incontenibile, che le maglie della Legge non erano riuscite finora a neutralizzare. Che rabbia doveva suscitare quel rabbi che sembrava farsi beffe di Mosè! Egli era sempre dalla parte dell’uomo e questo la gente lo aveva capito; non era perciò tollerabile che la Legge, quale strumento di controllo del popolo, perdesse terreno a vantaggio della libertà e responsabilità del singolo. Gesù non si scompone e «si mise a scrivere col dito per terra» una nuova legge, che richiama quella della nuova alleanza scritta sul cuore, di cui parlava Geremia. Il cuore di pietra dei nemici di Gesù può adesso essere inciso con parole d’amore da Colui che non si lascia agitare dal clamore del male. Possiamo immaginare la concitazione di quei momenti, l’ansimare e digrignare i denti di quegli uomini che, dominati dalla rabbia, non sono capaci di vedere ciò che si nasconde oltre le apparenze, il bisogno della donna di amare prima e di essere perdonata adesso. Non sono neanche capaci di cogliere nel silenzio di Gesù la possibilità che viene loro data di abbracciare una logica del tutto nuova ma più alta. Che fai quando la vita non ti dà le risposte che vuoi sentirti dire? Ti accanisci fino a darti tu stesso la risposta che vuoi udire, forzando le situazioni a scapito dell’autenticità delle stesse, o sai aspettare che qualcuno ti tracci una strada diversa? La grandezza di Cristo sta proprio nell’indicare una via nuova a tutti. Non è ‘la via della seta’ e neanche ‘la via dell’oppio’; non sono gli scambi umani, leciti o illeciti, a integrare i bisogni e riempire i vuoti. L’invito a gettare la pietra è l’invito a passare dallo scagliare contro al deporre la pietra a terra, perché nessuno ti garantisce che un giorno tu non possa trovarti nella medesima situazione e se non impari oggi a disarmare la tua mano alimenterai un minuto dopo il clima di odio nel mondo. Le pietre che cadono a terra sono tutte insieme la pietra che rotolerà via dal sepolcro di Gesù; queste pietre sono l’inizio della risurrezione dell’uomo dal peccato. Un passo indietro dell’ipocrisia e finalmente il tempio torna ad essere luogo di vita perché luogo di incontro nell’amore tra Dio e l’uomo. «Donna» significa sposa; come Osea, Gesù sposa un’adultera, la feconda col seme della misericordia e la invia a cantare il vero amore. «Va’ e d’ora in poi non peccare più» non significa ‘non farti più beccare’, ma ‘non…più’ vuol dire ‘entra nella definitività dell’alleanza con me e sarai capace di vivere l’amore che hai sempre desiderato, che esisteva anche quando non ci credevi più e che nessuno potrà mai colpire a morte’. Se il peccato è umanamente incancellabile, Gesù col perdono lo rende il concime per il frutto futuro di ciascun uomo.
Omelia di don Tonino Sgrò tratta da www.reggiobova.it
LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) 7 APRILE 2019
trattto da www.lachiesa.it