La Rivelazione

News del 07/12/2009 Torna all'elenco delle news

Le letture bibliche della Messa di oggi ci mettono davanti a due Rivelazioni, quella dell'Antico e quella del Nuovo Testamento, diverse fra loro, ma complementari, nel senso che la seconda completa e chiarisce la prima.
Dai capitoli iniziali del libro della Genesi veniamo a conoscere gli antefatti della condizione umana. Non ci furono testimoni fino al sesto giorno della creazione e anche verso la sera del sesto giorno quando fu plasmato Adamo, nessuno assistette alla scena, se non gli angeli di Dio.
Dunque Dio dovette spiegare per sommi capi ad Adamo il susseguirsi degli eventi fino al momento culminante, quando al suo corpo di creta fu concessa l'anima spirituale e poi, dopo la confusione seguita alla prima disobbedienza, Dio dovette ripetere il racconto a Mosè e agli altri saggi autori del libro sacro.
Proprio a motivo della brusca interruzione seguita alla cacciata dei progenitori, dal racconto mancano alcuni particolari che renderebbero la descrizione più completa e soddisfacente, ma nel complesso tutte le informazioni importanti ci sono state rivelate.
Senza fermarci ad analizzare ogni singola frase noi possiamo andare subito al significato dottrinale del testo.
In sintesi il messaggio del racconto è che Dio creò l'uomo senza necessità, per amore e dopo averlo fatto a propria immagine e somiglianza lo voleva elevare alla condizione di amicizia con sé.
Dobbiamo aggiungere che Adamo ed Eva in quanto creature libere e coscienti si dovevano decidere per il bene e parallelamente dovevano rifiutare il male.
Si era già consumata infatti la rivolta di Satana e degli altri angeli ribelli e quindi un principio di disordine era stato introdotto nel mondo.
L'uomo poteva rimanerne indenne, ma doveva fare uno sforzo di volontà, oppure ne avrebbe sopportato le conseguenze negative. Toccava a lui la scelta; non era una minaccia, solo un avvertimento. Nel pericolo e nel dubbio l'uomo avrebbe potuto chiedere aiuto a Dio, purché si fidasse.
A motivo del pericolo Dio non aveva accantonato il suo disegno di ammettere l'uomo alla sua amicizia e fare di lui quasi un suo familiare.
Se Dio passeggiava per il giardino di Eden, annunciando il suo arrivo con la brezza del giorno era per parlare e trattenersi in conversazione con lui e così elevarlo alla sua condizione divina.
Anche Adamo prima della rottura seguita alla disobbedienza da parte sua non avvertiva come motivo di intimidazione la presenza di Dio. Egli non aveva ancora sperimentato nella sua coscienza il rimorso della colpa e dunque non aveva bisogno di nascondersi al suo Creatore.
Fu solo in seguito alla trasgressione che egli perse la spontaneità del dialogo con Dio e la sua voce che lo interpellava gli divenne estranea.
Secondo la fede, tutto il male così pervasivo sulla terra e che noi constatiamo con disgusto, non deriva dalla condizione umana in quanto tale, ma dal peccato.
La domanda di Dio su quello che è successo nasce da una sincera preoccupazione: Dio non trova più Adamo nella sua posizione centrale di signore di tutto il resto del giardino e allora si mette a cercarlo.
Dio sa già tutto, ma vuole una presa di coscienza da parte sua e della donna che Egli gli aveva messo accanto. Adamo non ha nulla di nuovo da dichiarare a Dio e allora accusa. La denuncia delle responsabilità termina al serpente, che riceve la sua punizione di perdere le zampe, una punizione simbolica, come metaforica è anche la sua figura. In realtà sotto l'immagine viscida e insidiosa della serpe il racconto si nasconde il tentatore e nemico per eccellenza dell'umanità che è il diavolo. Per lui nella sentenza dell'Onnipotente non c'è opportunità di redenzione.
Invece alla coppia dei progenitori Dio apre una speranza di riscatto, promettendo inimicizia eterna fra una donna e il serpente, che come abbiamo raffigura il male nel suo principio spirituale.
Dio annuncia che fuori dal paradiso terrestre, nella storia seguente dell'umanità, è destinata a svolgersi una lotta duratura fra Satana e una donna, fra la stirpe del primo e quella della seconda.
"Si aprirono loro gli occhi e si accorsero di essere nudi": a questa rivelazione del peccato fa subito seguito la rivelazione da parte di Dio di una rivalsa e di una vittoria potremmo ben dire schiacciante.

La Chiesa ha applicato la descrizione del libro della Genesi alla persona di Maria santissima e alla sua condizione di Immacolata Concezione.
Per essere trionfatrice del male insieme con il suo Figlio Gesù in lei non ci doveva essere nessuna incrinatura che predisponesse al cedimento nei confronti della tentazione e della disobbedienza verso Dio.
Il suo calcagno doveva essere saldo, per quanto leggero: leggero per fuggire dalla tentazione e non lasciarsi appesantire dall'attrazione della concupiscienza; saldo per respingere il tentatore e infiacchire la sua minaccia non solo per sé, ma anche per tutto il genere umano.
Non fu una missione facile quella di Maria, ma Dio l'aveva previsto fin dal principio. Anche lei dovette apprenderla un po' alla volta. Dio però la sostenne sempre nel suo cammino.
La rivelazione del male strisciante nel mondo per lei fu sempre una scoperta esterna, dalla parte di Dio, una compartecipazione al dolore divino per la rovina di tanti figli di Adamo.
La rivelazione che da Dio venne a Maria per mezzo dell'angelo Gabriele invece fu un annuncio felice, di cui allietarsi e gioire.
Maria rimane stupita delle parole dell'angelo che le indicano la sua missione: non si immaginava di essere lei la prescelta per l'adempimento dell'antica promessa. Desiderava che il Messia venisse presto, ma non attribuiva a se stessa il privilegio di essere la sua madre terrena.
Della novità Maria si può ben rallegrare, e lo farà nel Magnificat. Così ella dimostra a tutti noi che la Rivelazione di Dio non è mai causa di tristezza se non quando svela il male che c'è già, mentre quello che promette come opera di Dio è sempre per il bene e la salvezza dell'uomo.
Insieme a Maria santissima dunque non temiamo la Rivelazione da parte di Dio, ma la accogliamo nella fede e assieme con tutta la Chiesa oggi la celebriamo nella gioia. 



Maria, nuovo sì di Dio e dell'umanità

L'Immacolata è la prima semente e il primo fiore della promessa. Nella sua figura si raccoglie l'intero dramma dell'umanità, a partire dalla tragedia del primo peccato, fino all'attuarsi nel tempo della venuta del Salvatore. In Maria, nella sua vicenda di persona salvata in anticipo e in pienezza, tutta l'umanità è già scelta e orientata alla salvezza, per il tempo e per l'eternità. Lo proclama anche la seconda lettura: in Cristo anche noi siamo scelti e predestinati alla vita e alla felicità; siamo segnati da un destino buono, al quale siamo invitati a corrispondere.

Ecco il punto nel quale la promessa di Dio comincia ad attuarsi come avvenimento della storia, diventando reale nella vita di una persona umana. La promessa di Dio non è un mito, al quale si potrebbe venire iniziati attraverso riti complicati, ma si realizza in un fatto che accade in un paese di questo mondo, in una abitazione reale; viene a compiersi nella volontà, nel cuore, nel corpo di una giovane donna. I grandi fiumi lungo i quali è venuta a scorrere la storia umana sboccano fino a questo tenue ruscello, fino alla giovane figlia di Sion, la ragazza di Nazaret sulla quale viene a posarsi e a risplendere il raggio di Dio. Rimaniamo sorpresi nel riconoscere come l'immensità della iniziativa di Dio e la grandiosità del suo intervento accadano a una donna, promessa sposa del falegname di Nazaret: su di lei lo Spirito scende, l'ombra dell'Altissimo la copre, da lei nascerà il Figlio di Dio. Maria è il punto del tempo e dello spazio nel quale l'umanità accoglie nuovamente Dio, che non solo scende a conversare con l'uomo in una breve passeggiata come nel paradiso terrestre, ma viene ad abitare nel suo grembo come vero figlio e vero uomo.
La donna di Nazaret diventa la prima sorgente della nuova umanità: Immacolata Concezione, nuovo principio di vita per gli uomini. L'iniziativa di Dio ricomincia per un nuovo paradiso, per una nuova umanità che ha in Cristo il nuovo Adamo.
La libertà dell'amore di Dio che ricrea l'uomo, domanda che anche il no di Eva e del primo Adamo, si converta nel sì di Maria. Trascinati da questa prima corrente, anche noi, piccole gocce umane, veniamo lavati nell'acqua della salvezza.

Sii piena di gioia o Maria, perché il Signore è con te e da te viene a noi, per risanare l'umanità intera. Ti ringraziamo perché il tuo sì è stato il terreno dove ha posto la sua tenda il Figlio di Dio. Ave Maria.

Il sì di Maria introduce e sostiene il nostro sì a Cristo. Anch'io voglio dire sì al Signore e domando la grazia di rispondergli con l'atteggiamento e la disponibilità di Maria.

Testo di don Angelo Busetto
 


L'Immacolata scuote dalla 'narcosi da peccato'

Con il dogma dell'Immacolata Concezione la Chiesa cattolica afferma che Maria, per singolare privilegio di Dio e in vista dei meriti della morte di Cristo, è stata preservata dal contrarre la macchia del peccato originale ed è venuta all'esistenza già tutta santa. Quattro anni dopo essere stata definita dal papa Pio IX, questa verità fu confermata dalla Madonna stessa a Lourdes in una delle apparizioni a Bernardetta con le parole: "Io sono l'Immacolata Concezione.

La festa dell'Immacolata ricorda all'umanità che c'è un sola sola cosa che inquina veramente l'uomo ed è il peccato. Un messaggio quanto mai urgente da riproporre. Il mondo ha perso il senso del peccato. Ci scherza come se fosse la cosa più innocente del mondo. Condisce con l'idea di peccato i suoi prodotti e i suoi spettacoli per renderli più attraenti. Parla del peccato, anche dei peccati più gravi, al vezzeggiativo: peccatucci, vizietti, passioncelle. L'espressione "peccato originale" viene usata nel linguaggio pubblicitario per indicare qualcosa di ben diverso dalla Bibbia: un peccato che conferisce un tocco di originalità a chi lo commette!

Il mondo ha paura di tutto, fuorché del peccato. Ha paura dell'inquinamento atmosferico, dei "mali oscuri" del corpo, della guerra atomica, oggi del terrorismo; ma non ha paura della guerra a Dio che è l'Eterno, l'Onnipotente, l'Amore, mentre Gesù dice di non temere coloro che uccidono il corpo, ma di temere solo colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna (cf Lc 12, 4-5).

Questa situazione "ambientale" esercita un influsso tremendo anche sui credenti che pure vogliono vivere secondo il Vangelo. Produce in essi un addormentamento delle coscienze, una specie di anestesia spirituale. Esiste una narcosi da peccato. Il popolo cristiano non riconosce più il suo vero nemico, il padrone che lo tiene schiavo, solo perché si tratta di una schiavitù dorata. Molti che parlano di peccato, hanno di esso un'idea del tutto inadeguata. Il peccato viene spersonalizzato e proiettato unicamente sulle strutture; si finisce con identificare il peccato con la posizione dei propri avversari politici o ideologici. Un'inchiesta su che cosa pensa la gente che sia il peccato darebbe dei risultati che probabilmente ci spaventerebbero.

Anziché nel liberarsi dal peccato, tutto l'impegno è concentrato oggi nel liberarsi dal rimorso del peccato; anziché lottare contro il peccato, si lotta contro l'idea di peccato, sostituendola con quella assai diversa del "senso di colpa". Si fa quello che in ogni altro ambito è ritenuta la cosa peggiore di tutte e cioè negare il problema anziché risolverlo, ricacciare e seppellire il male nell'inconscio anziché rimuoverlo. Come chi crede di eliminare la morte, eliminando il pensiero della morte, o come chi si preoccupa di stroncare la febbre, senza curarsi della malattia, di cui essa è solo un provvidenziale sintomo rivelatore. San Giovanni diceva che se affermiamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e facciamo di Dio un bugiardo (cf 1 Gv 1, 8-10); Dio, infatti, dice il contrario, dice che abbiamo peccato. La Scrittura dice che Cristo "è morto per i nostri peccati" (cf 1 Cor 15, 3). Togli il peccato e hai vanificato la stessa redenzione di Cristo, hai distrutto il significato della sua morte. Cristo avrebbe lottato contro dei semplici mulini a vento; avrebbe versato il suo sangue per niente.

Ma il dogma dell'Immacolata ci dice anche qualcosa di sommamente positivo: che Dio è più forte del peccato e che dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia (cf. Rom 5,20).
Maria è il segno e la garanzia di questo.
La Chiesa intera, dietro di lei, è chiamata a divenire "tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Ef 5, 27). Un testo del concilio Vaticano II dice: "Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima vergine la perfezione, con la quale è senza macchia e senza ruga, i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti" (LG, 65). 

Testo di padre Raniero Cantalamessa
 

tratti da www.lachiesa.it