Lettera dell'arcivescovo Morosini ai giovani: ho pensato di aprire un dialogo con voi

News del 15/02/2016 Torna all'elenco delle news

Carissimi giovani, 

abbiamo iniziato la quaresima ed è risuonato ancora una volta il grido dell’Apostolo: Vi supplico in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio (2Cor 5, 20). Tale grido ci richiama alle esigenze della fede, tante volte difficili da accettarsi. Ricordiamo anche l’altra esortazione: Non conformatevi alla mentalità di questo mondo (Rm 12, 2).

Parallelamente, il Parlamento italiano ha iniziato la discussione e votazione in aula di una legge, che riguarda la famiglia e l’adozione dei figli, che turba le nostre coscienze di credenti. Una legge che trova disorientati soprattutto voi più giovani, che sentite forti le due realtà: coerenza nella fede, apertura ai cambiamenti in atto nella società. Comprendo le vostre difficoltà, gli opposti richiami. Da qui per voi il drammatico interrogativo: Dove sta la verità? È possibile trovare una via d’uscita?

Ecco perché vi scrivo: voglio parlare con voi e aiutarvi a cercare la verità, a non dare per scontato che tutto ciò che si dice attorno a noi sia pura verità. Voglio aiutarvi, per quanto posso, sperando di contribuire alla vostra crescita.

 

1. Entra nella tua camera e chiudi la porta

Nella Messa del Mercoledì delle Ceneri abbiamo proclamato il brano di Mt 6 e abbiamo riletto diversi richiami di Gesù ad interiorizzare il bene e la verità per non peccare di formalismo. Tra di essi c’era quello sulla preghiera: entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto.

È questo il primo invito che vi rivolgo, cari giovani: fate silenzio attorno a voi e rientrate in voi stessi. La verità si cerca in solitudine, nel profondo del cuore, dove le decisioni sono più autentiche e più motivate. Dobbiamo chiudere la porta sul vociare esterno: troppo chiasso, troppi rumori attorno a temi così vitali e capitali per il futuro della nostra società. Un accavallarsi di voci non sempre autentiche, non sempre libere, non sempre sincere. Non vi dico nulla di nuovo se vi esorto a stare attenti alle manipolazioni che i centri di poteri, occulti e meno occulti, tentano di fare delle vostre coscienze attraverso i media.

Entrate nella vostra stanza e chiudete la porta. Confrontatevi poi con la vostra interiorità. S. Agostino scriveva: Nell’intimo del cuore dell’uomo dimora la verità.

In questa clausura interiore ci guidino le parole di S. Paolo: (bisogna) edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo (Ef 4, 14-15).

 

2. Come affrontare il problema?

I cambiamenti in atto della società non possono essere ignorati; è necessario che li affrontiate. È necessario allora entrare nel silenzio della vostra coscienza per riflettere e decidere. All’inizio, forse, sentirete la confusione delle diverse ragioni e dei diversi motivi che vi vengono presentati su problemi di capitale importanza. farete fatica a valutare e a decidere da quale parte schierarvi, quale visione seguire, quale cammino intraprendere. Poi, andando avanti nella vostra ricerca, se saprete riflettere seguendo informazioni più serene e ponderate, se saprete valutare la natura dell’uomo così come è stata accettata dall’umanità, se analizzerete con calma la nostra lunga tradizione culturale, se saprete usare bene la vostra ragione, troverete maggiore serenità ed equilibrio per la formazione di un vostro pensiero, che non sia una resa di comodo al pensiero dominante. Se poi siete credenti, cercate di conciliare le esigenze della fede con queste novità in campo morale e sociale; analizzate tutto attentamente alla luce della parola di Dio e l’insegnamento della Chiesa; avrete così qualche elemento in più e forse una maggiore serenità e sicurezza per formarvi convinzioni capaci di sfidare anche la cultura dominante e di farvi uscire dal gregge di chi rinuncia a pensare e segue inconsapevolmente il cammino della massa. Occorre mettersi in un atteggiamento di ricerca coniugando saldezza di fede e capacità di ascolto e di dialogo.

3. Il dialogo con il Vescovo

Con questa lettera ho pensato di aprire un dialogo con voi, anzitutto con gli appartenenti ai nostri gruppi ecclesiali, poi anche con i cattolici dichiarati e infine anche con coloro che si professano indifferenti o atei, ma che forse hanno chiesto di avvalersi dell’insegnamento religioso a scuola. Con questo dialogo spero di potervi aiutare nella riflessione che vi sto invitando a fare nella clausura interiore della vostra ‘stanza’.

Il dialogo potrebbe estendersi a tutti i contenuti della fede cattolica, ma voglio restringerlo ai temi di natura morale, che stiamo affrontando in questi giorni. Voglio aprirmi con voi in una duplice veste: da una parte di Vescovo, sul quale pesa la responsabilità della guida di una Chiesa e di un popolo che fa parte di essa, e dall’altra di comune credente, maturo nella fede e negli anni, che ha insegnato per molti anni filosofia, ha dialogato con i giovani, mettendosi con loro in ricerca di risposte ai problemi che la vita pone.

Con ciò non voglio apparirvi scisso nella mia personalità, quasi a proporvi due verità distinte, secondo i livelli in cui mi pongo; ringrazio Dio, infatti, per l’unità che ho raggiunto nella mia vita tra fede e ragione. Mi presento con due facce, del Vescovo che insegna e del comune credente che cerca, solo per aiutarvi ad accostarvi ai problemi con serenità, ma anche con metodo e verità.

Il Vescovo S. Agostino si esprimeva così con i suoi fedeli: Per voi sono guida e pastore, con voi sono uomo che cerca la verità aiutato dalla fede. È con questo stesso stato d’animo che vi scrivo, cari giovani.

 

4. Fede e libertà di scelta

È chiaro che, nel parlarvi come Vescovo, devo fare leva sulla vostra libertà di adesione alla Chiesa che rappresento e della quale sono guida. La fede è libertà, anzi la massima espressione della libertà dell’uomo. Ma proprio perché espressione di libertà, essa, una volta accolta ed accettata, esige fedeltà e coerenza. Sarebbe questo un ragionamento ovvio, condivisibile da tutti, ma che si dimentica facilmente. La grave situazione che attraversa oggi la vita del cattolicesimo dell’Italia meridionale, e non solo, consiste nel fatto che abbiamo ridotto la fede a cultura; non rinunciamo, infatti, o non vogliamo rinunciare ai gesti tradizionali della nostra storia religiosa, ma pretendiamo che essi convivano con scelte morali contrarie ai presupposti di fede. Vogliamo costruirci una fede ‘fai da te’, alla quale facciamo seguire scelte morali perfettamente in linea con il pensiero dominante, sempre più anticristiano. Questa operazione non ci crea alcun problema, tanto che spesso protestiamo nei confronti della gerarchia della Chiesa, che vediamo adeguata alle nostre scelte e alla quale non riconosciamo più il dovere di giudicarci e di guidarci. Vi sembra un comportamento coerente?

La religione cristiana finisce così di essere una comunità, che ha ricevuto da Gesù il mandato di conservare la fede, e diventa agli occhi di tutti, anche di tanti credenti, come l’ufficio burocratico al quale rivolgersi per la soddisfazione di alcuni bisogni religiosi, legati al fattore culturale. Riduciamo sempre più la religione ad un fatto individuale, mentre Gesù ha voluto istituire una Chiesa.

 

5. Il Vescovo come pastore di una Chiesa

Come Vescovo, chiamato da Gesù a custodire il ‘depositum fidei’, che cosa posso dirvi?

Non posso, all’inizio, che richiamare tutti alla coerenza di vita. Se avete scelto di credere e di aderire alla fede e alla chiesa cattolica, dovete agire di conseguenza. Lo richiede la vostra stessa identità. Non si può stare con un piede di qua e uno di là. Non si possono chiudere gli occhi sulla parola di Dio e far finta che non esista: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi. Gli obiettarono: Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?. Rispose loro Gesù: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio” (Mt 19, 4-9). Non possiamo dimenticare che il Signore Gesù ha affidato la Parola e i Sacramenti alla Chiesa. La fede ci ha immessi in una comunità: non possiamo selezionare le cose in cui credere. O si entra in essa e si accetta quanto propone, o non si entra proprio. Ciò va ricordato soprattutto a chi ha responsabilità educative.

 

6. Il matrimonio

Non possiamo ignorare che Gesù nel Vangelo ha affermato il valore naturale del matrimonio, fondato sull’amore di un uomo e di una donna: un amore totale, esclusivo, indissolubile, aperto alla procreazione. Posizione ribadita da Papa Francesco e dal Patriarca ortodosso di Mosca Kirill. Chi professa la fede cristiana deve accettare tutto questo. Perciò tutte le altre unioni non possono essere accettate, se equiparate al matrimonio. Non basta dire che sono fondate anch’esse sull’amore di due persone. Il matrimonio per essere tale deve essere fondato su di un amore fecondo, capace cioè di procreare la vita. E non si può dire che è egualmente fecondo, se i contraenti, per avere figli, si affidano a pratiche riproduttive che sono contro natura e non esprimono il valore dell’intimità dell’amore, che rende capaci l’uomo e la donna di collaborare con Dio alla creazione della vita. L'unione d'amore di un uomo e una donna trova una sua realtà nel figlio, amore incarnato che ha una immagine e somiglianza con i genitori naturali e per loro mezzo con Dio. 

 

7. Le unioni civili

Spesso si afferma che, senza nulla togliere alla nostra fede cristiana e cattolica, si accettano le unioni civili per chi non crede ed ha una visione laica della vita e della famiglia. Nulla da eccepire che lo Stato legiferi in tal senso, regolando i rapporti tra persone che vogliono mettersi assieme; ma va affermato con chiarezza che questo riconoscimento non deve equiparare, in alcun modo e per qualunque titolo, tali unioni al matrimonio. Ciò non vuol dire negare diritti alle minoranze. Queste, però, non possono rivendicare diritti che li pongono fuori dell’ordine della natura. Come persona matura che per tanti anni ha aiutato giovani a sviluppare le loro capacità critiche e di ricerca, voglio invitarvi a riflettere e a ragionare, mettendo assieme tanti elementi della scienza, della tradizione storica e culturale. La nostra stessa realtà somatica pone la differenza tra l’uomo e la donna, e questa differenza, a sua volta, richiama il dono dell’amore reciproco attraverso l’unione dei corpi in vista della procreazione dei figli. Questa è natura, non fede. Ciò è quanto l’uomo ha inteso da che mondo è mondo. Quale progresso c’è nel negarlo? Il progresso ostentato, non è piuttosto confusione? Va salvaguardata la natura, la morale e la cultura fondata su entrambe. Va notato, inoltre, che l’ordinamento giuridico italiano fa già discendere diritti e doveri dalle convivenze, anche tra persone dello stesso sesso, in materia per esempio di assistenza in ospedale e in carcere, contratti di locazione, risarcimento del danno e facilitazioni amministrative e processuali. Attenzione a non subire condizionamenti ideologici.

 

8. Le adozioni dei figli

Noi crediamo che ad ogni bambino che nasce deve essere garantito un padre e una madre. Così ha riaffermato anche papa Francesco. Va ribadita, nella ricerca di valori accettabili per la famiglia, la priorità del nucleo familiare madre-padre-figli rispetto a una visione che li vuole separati e indipendenti l’uno dall’altro nella determinazione dei loro diritti. Sappiamo che per disgrazia o per morte di uno dei genitori, un bimbo si possa trovare orfano di uno dei due genitori o di entrambi, e quindi affidato ad una o più persone, che possano prendersi cura di lui. Ma i casi eccezionali non devono essere presi a parametro per decidere di annullare lo scorrere ordinario della vita. Né si dica che è la scienza psicologica a sostenere come legittima e senza danni per il bimbo l'adozione da parte di due persone dello stesso sesso. Ci sono tanti altri, che, in nome della stessa scienza e con studi ben articolati, dicono il contrario.

 

9. Maternità o paternità surrogate 

La giustificazione di questa pratica, contro la quale si stanno levando proteste anche da gruppi femministi di Paesi ove essa è già ampiamente in uso, dipende dal fatto che, una volta dichiarata l’unione tra due persone dello stesso sesso alla pari del matrimonio naturale, si rivendica anche il diritto di avere un figlio, ritornando alla natura della relazione uomo-donna, ma chiedendo la disponibilità materiale a pagamento o meno: l’utero in affitto, le banche dei semi. Pensate che l’utero in affitto, la maternità surrogata ecc. siano moralmente accettabili dal punto di vista naturale? Pensate che la dignità della donna sia salvaguardata? Pensate che la sacralità della vita umana sia rispettata? Pensate sia salvaguardato la bellezza dell’atto generativo, affidato all’effusione amorosa dell’uomo e della donna? Nell’ordine naturale l’origine della vita è affidata proprio a questo scambio d’amore tra uomo e donna. Giudicate sia dignitoso sostituire questa via naturale con una operazione di laboratorio?

.....

 

Prego per voi e vi benedico.

                                  + p. Giuseppe

                                        Vostro Vescovo

 

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