13 febbraio 2016 - Giubileo dei Sofferenti e Celebrazione del Sacramento dell'Unzione degli Infermi in Cattedrale - Morosini: "la vita vale anche quando è segnata dal dolore"

News del 13/02/2016 Torna all'elenco delle news

Ad attraversare la porta santa della Cattedrale di Reggio Calabria per la Celebrazione diocesana del Giubileo dei Sofferenti, stavolta sono stati gli ammalati e le persone con disabilità, accompagnati da dame e barellieri dell’UNITALSI e dagli operatori sanitari, insieme alle loro famiglie. 

“L’ingresso attraverso la porta giubilare non è un fatto formale ma sostanziale”: lo ha sottolineato don Gianni Polimeni accogliendo tutti i partecipanti ed invitandoli a compiere in preghiera e raccoglimento questo “passaggio, che simboleggia il passaggio attraverso la porta che è Cristo, la porta della sua misericordia che si apre per noi”.

Sulle note dell’inno giubilare “Misericordes sicut pater”, più che mai significativo in quest’occasione, soprattutto nelle parole “da Lui confortati, offriamo conforto”, “ l’amore spera e tutto sopporta”, sono entrati in Cattedrale quelli che l’arcivescovo Morosini ha definito “i protagonisti” della celebrazione: gli ammalati, le loro famiglie, e i volontari, rappresentati dall’UNITALSI, il cui carisma è proprio di impegno nell’aiuto di chi soffre e dall’AVO, che presta conforto agli ammalati degli ospedali reggini.

L’arcivescovo Morosini ha avuto le sue prime parole, all’inizio dell’atto penitenziale, per predisporre gli animi alla riflessione, in una giornata così particolare, su quel monito consegnato da Gesù che costituisce il tema della meditazione di fede in questo anno giubilare : “siate misericordiosi come il Padre vostro”: “chiediamoci - egli ha detto- da una parte se “siamo stati capaci di vedere la misericordia di Dio nelle nostre sofferenze” e dall’altra “siamo stati immagine di Dio per gli altri?”

E’ questa la duplice valenza della misericordia: “siamo invitati ad accogliere la verità della misericordia accogliendo la misericordia di Dio per noi, ma anche accogliendo l’invito da Dio alla misericordia verso i fratelli”.

Illuminando il mistero del dolore con la luce della misericordia, essa lo trasfigura e gli dà un senso che supera tutti i tentativi umani di trovare spiegazioni e risposte alla sofferenza, ci insegna “il significato del dolore e il significato da dare alla vita quando la vita è toccata dal dolore”. 

Solo così, se pure la sofferenza resta qualcosa cui “guardiamo con timore e con paura”,  qualcosa che certamente non desideremmo mai, potremo capire  “le linee dell’azione di Dio” che “ci dice come possiamo affrontare il dolore”: “sappi che col dolore tu sei vicino a Dio, perché Dio è vicino a te!”

“Nella mentalità consumistica la vita vale solo nella prospettiva della salute e del successo, invece noi, annunciando la misericordia, annunciamo che la vita vale anche quando è segnata dal dolore”.

Rivolgendosi agli ammalati, l’arcivescovo Morosini li ha esortati a non guardare alla propria vita con la “consapevolezza di essere stati sfortunati”: “non considerate male la vostra vita solo perché non avete quella piena attività che hanno gli altri che sono in salute, perché la vita non vale se noi riusciamo a correre, se camminiamo da soli o se invece c’è qualcuno che ci dà una mano, se siamo scienziati o se invece non riusciamo ad avere la pienezza vitale: la vita vale se noi riusciamo ad amare, a ricambiare la persona che ci sta accanto con un servizio”. E “se un ammalato è capace di sorridere e di amare la sua vita, la sua vita non è inutile. Ecco la misericordia”. 

Misericordia è anche servizio, quello che presta chi sta vicino a chi è segnato dalla malattia: innanzitutto la famiglia, che accanto a chi soffre vive quotidianamente “la consumazione interiore anche fisica”, ma anche tutte “le persone che attraverso il dono della disponibilità della propria vita si mettono affianco agli ammalati e alle loro famiglie”. In essi troviamo la nostra risposta di fede al grande mistero del dolore: “la risposta che il Signore ci ha dato è nella linea della condivisione e della compassione”, in definitiva la vicinanza di Dio si manifesta anche attraverso di essi. 

Proprio per questo l’arcivescovo ha chiesto agli operatori del mondo della salute, che scelgono “di essere immagine di Dio per il fratello che soffre”, che il loro sia “un volontariato continuo”, per poter essere sempre “ espressione della misericordia di Dio”. Egli ha rivolto loro il suo appello affinchè “non ci sia una sola giornata in cui si debba dire: oggi Dio mi ha nascosto il suo volto! È questo il senso del nostro Giubileo!”

Nella liturgia la vicinanza di Dio si rende segno attraverso il sacramento dell’unzione degli infermi, che, come ha spiegato l’arcivescovo, indica anche la strada della conversione. L’arcivescovo Morosini lo ha amministrato insieme agli altri sette concelebranti, che si sono sparsi tra gli ammalati per portare questo prezioso sacramento.

La Celebrazione si è conclusa con la recita della preghiera scritta da papa Francesco per la Giornata Mondiale del Malato di quest’anno. In essa, nei versetti finali, l’invito a confidare nella mediazione di Maria. “Maria, salute degli infermi, al tuo cuore di Madre affidiamo la nostra vita: illuminati dalla fede” per poter “sentire la vicinanza di Cristo che cammina al nostro fianco caricato della croce, e ci aiuta a svelare il senso delle nostre sofferenze”.

di Antonia Cogliandro

 

 

Programma:

Alle ore 15,30 appuntamento sotto i portici di piazza Duomo per recarsi in processione verso la Cattedrale entrando dalla porta santa. Alle ore 16.00 Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta dall'arcivescovo Morosini.