Giubileo delle famiglie in Cattedrale - Morosini:" portiamo alti i valori cristiani della famiglia"
News del 08/02/2016 Torna all'elenco delle news
Nel giorno in cui la Chiesa Italiana celebra la 38a Giornata per la vita, la Diocesi di Reggio Bova ha scelto di celebrare il suo terzo appuntamento giubilare nell’Anno della Misericordia, il Giubileo delle Famiglie.
Proprio la famiglia, dove la vita nasce come dono d’amore, in questi tempi è fortemente in discussione nei suoi valori fondamentali e nella sua stessa natura. Ecco perché in questo anno di riflessione sul vangelo della misericordia, si è sentito il bisogno di un’occasione in cui poter riaffermare con forza il senso di quel sacramento di unione e di condivisione che, nel matrimonio prima e nella famiglia poi, diventa segno della grazia di Dio che alimenta l’amore ed il sacrificio, le gioie e le prove e ne custodisce il cammino quotidiano.
Metafora di questo cammino è stato proprio il pellegrinaggio compiuto dalle famiglie provenienti dalle varie zone della Diocesi, che si sono ritrovate nella Chiesa di S. Sebastiano Martire al Crocifisso per poi spostarsi in processione verso la Cattedrale, facendovi ingresso attraverso la porta santa: l’icona della Santa Famiglia che guidava la processione portata da una coppia di sposi si è fatta simbolo di quell’esperienza di amore che tutte le famiglie cristiane hanno come modello ed alla quale sono chiamate ad affidarsi nella preghiera; i crocefissi, benedetti nella piccola liturgia cantata che ha preceduto la processione, segno visibile delle esperienze di sofferenza che ognuno si porta dentro e delle prove da affrontare, ma anche strumento del loro superamento.
Lo ha espresso don Simone Gatto nel suo discorso di saluto all’inizio della Celebrazione Eucaristica in Cattedrale presieduta dall’arcivescovo Morosini: “il breve pellegrinaggio intrapreso dalla Chiesa del Crocifisso alla Cattedrale ha proprio avuto questa finalità, quella di essere segno tra gli uomini, affinchè tra i canti e le preghiere, la famiglia cristiana tornasse ad abitare quegli spazi pubblici, quelle strade, in cui la quotidianità di ciascuno si gioca. Abbiamo allora percorso questo itinerario stretti tra di noi e alla croce del Signore Gesù, che le famiglie hanno portato con se; quella croce ha, per ognuno di loro, un duplice significato: essa rappresenta il dolore e il peso delle croci quotidiane, che hanno il volto di un ammalato, il dramma della separazione, la ferita della crisi economica; ma quella croce rappresenta anche la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte; cioè quel segno di potenza in cui ogni male è stato distrutto per sempre”.
La croce, segno distintivo del cristiano, è anche un impegno, come ha ribadito l’arcivescovo Morosini, ed una responsabilità a “illuminare con questo mistero tutta la nostra vita” ed a trasmettere questi valori nella vita, nella famiglia, nella società. “Fino a 30-40 anni fa la nostra vita era segnata dai valori cristiani, abbiamo seminato croci dappertutto per richiamare la presenza di Dio in mezzo a noi, ma oggi non è più così, non è più sufficiente vedere una croce per essere richiamati ai valori del Vangelo, allora siamo chiamati alla responsabilità, a trasmettere quello che noi abbiamo ricevuto”.
Il monito è forte, il suo mandato di padre vuole scuotere le coscienze sopite di fronte ad una realtà che sta cambiando sotto i nostri occhi e sta mettendo i crisi i valori umani della vita con visioni come quella dell’utero in affitto, vuole sconfiggere l’indifferenza, la paura, la vergogna con il coraggio della diversità, dell’anticonformismo alla cultura dominante che i cristiani hanno nel proprio DNA:” I cristiani sono stati capaci dinanzi alla cultura dominante di dire no, fino al martirio, ed in questo modo hanno creato la civiltà cristiana, l’Europa”. “Alla base della famiglia ci deve essere la volontà di trasmettere la fede e poi il coraggio di essere cristiani e di annunziare la fede senza paura, perché certe teorie vanno avanti perché abbiamo paura di essere diversi”.
Bisogna che tutti sentiamo la responsabilità di essere chiamati ad annunciare i valori della vita e della famiglia: “Portiamo alti i valori cristiani della famiglia, non vergogniamoci”, anzi “difendete a spada tratta la procreazione naturale come dono che nasce dall’amore di un uomo e di una donna perché sono questi i valori!” Questo in definitiva il messaggio che l’arcivescovo ha voluto consegnare.
A noi non resta che fare nostra la disponibilità del profeta Isaia della lettura odierna: “Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
di Antonia Cogliandro