10 febbraio 2016 - Mercoledì delle Ceneri: lasciamoci riconciliare per diventare collaboratori della sua misericordia

News del 09/02/2016 Torna all'elenco delle news

Il mercoledì delle Ceneri, la cui liturgia è marcata storicamente dall’inizio della penitenza pubblica, che aveva luogo in questo giorno, e dall’intensificazione dell’istruzione dei catecumeni, che dovevano essere battezzati durante la Veglia pasquale, apre ora il tempo salutare della Quaresima. 

Lo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore, che proclamano i testi della Sacra Scrittura, si esprime simbolicamente nel rito della cenere sparsa sulle nostre teste, al quale noi ci sottomettiamo umilmente in risposta alla parola di Dio. Al di là del senso che queste usanze hanno avuto nella storia delle religioni, il cristiano le adotta in continuità con le pratiche espiatorie dell’Antico Testamento, come un “simbolo austero” del nostro cammino spirituale, lungo tutta la Quaresima, e per riconoscere che il nostro corpo, formato dalla polvere, ritornerà tale, come un sacrificio reso al Dio della vita in unione con la morte del suo Figlio Unigenito. È per questo che il mercoledì delle Ceneri, così come il resto della Quaresima, non ha senso di per sé, ma ci riporta all’evento della Risurrezione di Gesù, che noi celebriamo rinnovati interiormente e con la ferma speranza che i nostri corpi saranno trasformati come il suo. 

Il rinnovamento pasquale è proclamato per tutta l’umanità dai credenti in Gesù Cristo, che, seguendo l’esempio del divino Maestro, praticano il digiuno dai beni e dalle seduzioni del mondo, che il Maligno ci presenta per farci cadere in tentazione. La riduzione del nutrimento del corpo è un segno eloquente della disponibilità del cristiano all’azione dello Spirito Santo e della nostra solidarietà con coloro che aspettano nella povertà la celebrazione dell’eterno e definitivo banchetto pasquale. Così dunque la rinuncia ad altri piaceri e soddisfazioni legittime completerà il quadro richiesto per il digiuno, trasformando questo periodo di grazia in un annuncio profetico di un nuovo mondo, riconciliato con il Signore. 

Il Mercoledì delle Ceneri

 

Come vivere questa Parola?

«Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!" (2 Cor. 6,2)

Oggi, Mercoledì delle Ceneri, la liturgia della parola ci aiuta a cambiare registro, a sintonizzarci con un tempo che da kronos si trasforma in kairos. Kairos, al contrario di kronos, che è l'inesorabile e vorace scorrere dei giorni che sembra solo deprivare, impoverire e soggiogare le persone, è opportunità positiva, possibilità, occasione. Qualcosa da prendere al volo, che sta sopra lo scorrere del futuro in presente e passato e che restituisce spessore, consistenza a tutto quello che kronos ha svuotato. Una specie di iato, tra il fluire delle ore, una sospensione vitale che rigenera, porta vita e permette alla Salvezza di riorientare la nostra esistenza. In questo iato prendono forma in noi i doni di grazia, il perdono ricostruisce la possibilità di vivere e ricominciare.

Signore, che nessuno di noi si perda nella banalità del tempo cronologico. Che per ciascuno ci sia un kairos di salvezza nel quale ricomporsi, riflettersi in te e scegliere te, unico Salvatore del mondo.

La voce di papa Francesco "L'ascolto della parola e le opere di misericordia ci prepareranno nel modo migliore a festeggiare la definitiva vittoria sul peccato e sulla morte dello Sposo ormai risorto, che desidera purificare la sua promessa Sposa, nell'attesa della sua venuta. Non perdiamo questo tempo di Quaresima favorevole alla conversione!" (Discorso di Quaresima 2016)

 

Umiltà, pentimento e conversione: il trinomio prezioso

Gioele (Prima lettura) descrive la penuria e la fame in cui versa il popolo di'Israele in seguito a un'invasione di cavallette che ha distrutto il raccolto, ma facendosi portavoce di Dio invita tutti alla conversione e al pentimento: è stato il peccato del popolo a causare codesta disfatta. Ora occorre dare segno di pentimento e di conversione, soprattutto con la penitenza, la mortificazione e il digiuno. Il mondo cambia a partire dalla coscienza del singolo uomo e nessun vantaggio e mai possibile se non lo precede lo sforzo di rinnovamento e di radicale trasformazione interiore. L'imperfezione è il primo ostacolo d'abbattere per ritrovare se stessi e la precarietà e la miseria morale sono pericoli da combattere nella persona singola e nella società. Così sempre, e non soltanto nel popolo d'Israele oppresso dalla penuria e dalla carestia. Un coefficiente valido per optare per il rinnovamento è il digiuno. Esso era considerato nell'Antico Testamento un mezzo per umiliarsi davanti a Dio e per entrare nel vivo della comunione con lui; con il digiuno si fa esperienza del divino e si incrementa la familiarità con l'Assoluto. Rinunciare al cibo o ridurlo alla frugalità è un espediente che favorisce l'alleggerimento, lo svuotamento di se stessi per accrescere quell'umiltà che ci conduce a Dio e che ci predispone ad amare il prossimo. Per questo il digiuno è associato alla preghiera e alle opere di carità, senza le quali esso non avrebbe alcun valore se non di mera esteriorità innecessaria. La carità è reale ed effettiva quando deriva dall'umiltà e dalla fede e quando è anzi una conseguenza di queste. Se allora il digiuno non serve ad accrescere il nostro essere umili e devoti, non sarà mai vero digiuno e non condurrà mai alla carità concreta. Preghiera e digiuno in altri termini ci portano all'umiltà e questa conduce alla carità.

Ed è proprio questa la sintesi del Mercoledi delle Ceneri, che vede affollate le nostre chiese solitamente semideserte nei giorni feriali dell'inverno, perché ciascuno riceva sul capo un granello di polvere. Essa ci indica innanzitutto il valore dell'umiltà, la necessità di dover ammettere la nostra insufficienza e la nostra precarietà, riconoscendo di dover dipendere da Qualcuno che ci sovrasta ma che ci ama. L'umiltà per la quale consideriamo noi stessi nient'altro che polvere e cenere e che è stata alimentata dall'astinenza dai pasti (o almeno da una pietanza) prevista nella giornata di oggi e che avrà la sua concretezza nel bene che saremo in grado di fare ai fratelli. L'umiltà ci spinge a cercare Dio considerato come bene supremo e a orientare la nostra vita a Lui in un continuo processo ininterrotto chiamato conversione. Se sei polvere e cenere e se Dio ti ama, ebbene convertiti e credi al Vangelo, è la frase che vi viene detta al momento in cui veniamo cosparsi delle sacre ceneri.

Il Vangelo di oggi, che inaugura liturgicamente l'inizio di un percorso di rinnovamento spirituale che interessa l'interiorità del singolo e l'intera comunità ecclesiale, ci parla della vera carità, scaturente dall'umiltà e dalla mortificazione che conducono alla fede: "Non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."

La metafora esprime che è necessaria l'umiltà e la fuga dalla vanagloria. Praticare la carità gonfi di presunzione e di vano orgoglio non fa altro che rendere ridicoli, poiché dimostra l'inutilità stessa delle nostre presunte opere di bene. Inutilità in tal modo palesata sia davanti a Dio sia davanti agli uomini, per il semplice fatto che non vi è difficoltà alcuna a fare il bene quando questo non ci costa nulla e non ottiene certo dei meriti il compiere delle buone azioni al solo scopo di ottenere il plauso e l'approvazione di chi ci sta osservando. In casi come questi si è capaci di buone azioni che sapremo fare solo in quella circostanza, ma che non saremo in grado di ripetere in futuro, con la conseguenza di sterile falsità e ipocrisia da parte nostra. Quando si esercita l'amore ravvivati da una profonda umiltà e da una vera disposizione di cuore, la nostra trasparenza sarà indubbia e la sincerità con cui si a il bene sarà di edificazione agli altri. La carità deriva infatti da uno sprone che può darci solamente un cuore puro e uno spirito ben disposto, riceve la spinta iniziale dall'umiltà e nella fede trova la sua continua forza di inerzia.

In queste settimane privilegiate che ci attendono saremo condotti all'esercizio dell'umiltà perché saremo spronati a guardare a Dio che da parte sua non cessa di chiamarci a conversione e ad instaurare una relazione di amore con noi nel suo Figlio Gesù Cristo. Corrisponderemo all'appello di Dio che ci invita alla comunione con sé radunandoci nel suo Figlio Gesù e rendendoci consapevoli di essere sempre amati e prediletti nonostante le deficienze di cui è causa il nostro peccato. L'umiltà consisterà nel riconoscerci effettivamente bisognosi di questa comunione con Cristo e di saperci insufficienti e privi di orientamento quando essa venga a mancare; essa è la risorsa privilegiata che ci pone sempre di fronte al nostro peccato, ravvivando in noi la coscienza di manchevolezza verso Dio che rovina peraltro noi stessi e la nostra convivenza. L'umiltà cancella l'orgoglio e la presunzione aprendo le porte al dono della fede, che in essa viene coltivato, approfondito e alimentato e la fede non potrà che condurre al "prestare attenzione" al fratello, concependo così la carità sincera, disinvolta e disinteressata.

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta

 

Collaboratori di misericordia

Dal libro del profeta Gioèle: Così dice il Signore: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male».

"Ritornate a me con tutto il cuore!". La parola che Gioele mette in bocca a Dio stesso risuona anche per noi all'inizio di questa Quaresima: Tempo favorevole per ritornare insieme al Signore "misericordioso e benigno, tardo all'ira e ricco di benevolenza". Ed eccoci qua "popolo-chiesa" perché "chiamati" a riconoscere quanto le nostre strade della pretesa di fare qualcosa senza Dio siano sbagliate, quanto le nostre vie distano dalle sue vie, i nostri pensieri dai suoi pensieri, la nostra idea di Dio dal suo rivelarsi e comunicarsi in Cristo Gesù.

Lasciamoci riconciliare per diventare "collaboratori" della sua misericordia, perché non si abbia a dire:"Dov'è il loro Dio?" per non essere più esposti ad una vita risibile perché snervata, accomodata sulla nostra inerzia, il nostro tornaconto che non mostrante un Dio "geloso" per la sua terra, per la libertà che ha dato all'uomo, alla possibilità di trasformare la storia in storia di salvezza.

La via di questo "ritorno" non è, in prima battuta, affidata a chissà quale cambiamento di strutture, siano esse famigliare, sociali, ecclesiali, passano attraverso l'appello, ad ognuno, di dare inizio al cambiamento, alla "novità", dal "cuore", da quella visione d'insieme, da quella interpretazione della vita che costruiamo dentro di noi.

Ed il grande maestro del "ritorno" è Gesù, il Figlio, venuto nel mondo per essere Egli stesso la via, quella vera, per tornare a vivere. E' Lui che ci ricorda che la 'pratica' (guardatevi dal praticare...) è sempre guidata da uno sguardo del cuore. E la tridimensionalità del ritorno è in riferimento a "tutto" il cuore.

Un ritorno per renderci partecipi della misericordia di Dio: l'elemosina. Ritorno per riprendere il dialogo interiore con il Signore: la preghiera. Ritorno per riconoscere e distinguere ciò che ci è essenziale da quanto è superfluo, per non confondere i mezzi con il fine e rattristarci perché non possiamo partecipare a tutte le sfide del consumismo: il digiuno.

Vorrei che il richiamo all'elemosina diventasse scuola educativa soprattutto dei giovani e, in speciale riferimento, all'uso del denaro per imparare a destinare qualcosa anche a ciò che non è puramente divertimento o spreco. Qualcosa per il bene spirituale. Qualcosa per il bene comune, la solidarietà. Sia soprattutto per noi adulti il richiamo alla preghiera, quasi facendone un apostolato. Intensifichiamo la partecipazione alla messa, unendo i sacrifici della vita alla vita di Cristo offerta per amore. Ricuperiamo il dialogo, la riflessione sulla nostra esistenza davanti al Signore.

Ed il digiuno, l'essenzialità ritorni ad essere il nerbo della educazione famigliare. Nessuna tristezza se non ci si può permettere o dare il superfluo, oggi diventato necessario.

Camminiamo così insieme, verso la Pasqua, verso il passaggio della sua Grazia, quando a metà cammino, celebreremo il sacramento della sua Misericordia.

Omelia di don Ezio Stermieri

 

tratto da www.lachiesa.it