Giubileo della Vita Consacrata in Cattedrale - Morosini:"ogni cristiano è chiamato a essere segno di contraddizione"

News del 03/02/2016 Torna all'elenco delle news

Candele accese e canti. Segni luminosi ed inni di lode. Con questi due segni la processione dei religiosi e religiose della diocesi si snoda dalla Chiesa di S. Sebastiano Martire al Crocefisso verso la Cattedrale, per farvi ingresso attraverso la Porta Santa giubilare. 

Le candele, appena benedette in una Celebrazione che ha avuto inizio con i vespri solenni alle ore 17.00 presieduti dall’arcivescovo Morosini nella Chiesa vicina alla Cattedrale, sono il simbolo della Giornata della vita consacrata, di quella fede e di quella gioia, di quella salvezza e di quella speranza sempre accese che i consacrati sono chiamati a portare in mezzo alla gente, della loro stessa offerta di vita, ma in quest’anno giubilare straordinario diventano la luce  della misericordia e della centralità di Cristo nella vita di ogni cristiano.

La Chiusura dell’Anno della vita consacrata che si celebra in Cattedrale consegna all’anno giubilare la testimonianza dei religiosi e religiose della diocesi proprio nel segno della luce, che è l’incontro della Luce di Cristo che salva con la luce di ogni uomo che diventa luce per gli altri. 

Gli elementi per riflettere su questi aspetti centrali della fede li offre la liturgia stessa della Festa della Presentazione di Gesù al Tempio – come ricorda l’arcivescovo Morosini - che volutamente coincide con la Giornata della Vita consacrata: il senso della propria vocazione, la consacrazione che passa attraverso la sottomissione, la condivisione, tutti valori che in questi tempi sono in crisi, ma che invece, se ben incarnati nella testimonianza dei religiosi, se “danno ai luoghi da essi abitati il profumo ed il senso di Dio”, possono essere luce per tutti gli altri e restituire  alla vita quella sacralità che proprio in questi tempi le viene negata. E non solo perché la vita consacrata non gode più della stessa stima e rispetto di cui godeva solo 30-40 anni fa, non viene più cercata e accolta come dono nella famiglia e nella comunità, ma perché al quasi rifiuto della sacralità si accompagna la progressiva scristianizzazione della società.

Nel modello della sequela di Cristo che i consacrati rappresentano “che non è separazione ma immersione nel mondo”, va invece vista la risposta possibile ai bisogni di ogni uomo, al suo cercare Dio. Questo il messaggio che l’arcivescovo Morosini ha consegnato ai religiosi riuniti in Cattedrale, appartenenti a tutte le famiglie di consacrati della diocesi, per la Solenne celebrazione che quest’anno diventa Giubileo della vita consacrata, ma ha rivolto anche a tutti i fedeli, perché ogni cristiano è chiamato a essere “segno di contraddizione”  e “se non lo è si deve interrogare perché”,  “se quel che dice  e quel che fa corrisponde veramente al vangelo di Cristo”, perché è solo quando “viviamo con Cristo al centro, che noi restituiamo alla vita la sua sacralità!” “Oggi la grande crisi che attraversa il popolo di Dio, la chiesa, è proprio questo modo di pensare la vita non dal punto di vista di Dio, ma degli uomini, così diventa tutto ovvio, praticabile, possibile, raggiungibile”.

Al cuore della Celebrazione la rinnovazione dei voti espressa da tutti i religiosi presenti, nel rinnovare l’impegno a seguire Cristo in castità, povertà e fraternità, e davanti all’altare da una rappresentante dell’”Ordo Virginum”, uno degli istituti secolari, una religiosa, un religioso.

Nell’offertorio, oltre ai simboli del pane e del vino, vengono portati in processione anche i segni peculiari della vita consacrata: un Logo dell’anno della Vita Consacrata recante i nomi di tutte le espressioni di vita consacrata presenti in Diocesi, una lampada, che poi è stata posta sull’altare, simbolo della fede che la vita consacrata è chiamata a portare nel mondo, il grembiule ed un libro, simboli del servizio fatto non solo con le mani, ma soprattutto con la mente ed il cuore. 

Queste offerte, oggi poste sull’altare, sono il contributo di fede e di servizio che ogni giorno i religiosi portano nelle differenti realtà dove operano in diocesi, ma, come ha chiesto l’arcivescovo Morosini: “Chiedo a tutti voi di non guardare  ai religiosi per quello che fanno: la vita religiosa va guardata per quello che il religioso è, anzitutto nella chiesa, e poi anche per quello che fa”. “Chiedo a tutto il popolo di Dio di non ricordarsi dei religiosi solo quando suonano i campanelli di chiusura dei conventi”, apprezzando il “dono prezioso della vita consacrata quando il dono c’è, aiutando a farlo crescere,  nel predisporre la comunità a saper accettare il dono della vocazione”. “Se apprezziamo il lavoro che i religiosi e le religiose svolgono, preghiamo Dio perché possano crescere le vocazioni così che la nostra chiesa possa essere madre anche di religiosi e religiose”.

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