24 gennaio: memoria di S. Francesco di Sales, patrono dei giornalisti - Messaggio di papa Francesco per la 50a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: Comunicazione e misericordia
News del 23/01/2016 Torna all'elenco delle news
Nel giorno della memoria liturgica di San Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa, fondatore dell’Ordine della Visitazione, patrono della stampa cattolica, viene tradizionalmente pubblicato il Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, quest'anno la 50esima il prossimo 8 maggio 2016.
Le Conferenze Episcopali e gli Uffici diocesani hanno così il tempo di preparare il matreiale necessario alle celebrazioni nazionali e locali.
L'annuncio del tema avviene il 29 settembre, festa degli Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele, designato patrono di quanti lavorano nella radio.
La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, l’unica celebrazione mondiale voluta dal Concilio Vaticano II ( Inter mirifica, 1963) è celebrata in quasi tutti i Paesi, per decisione dei Vescovi del mondo, la domenica che precede la Pentecoste.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA L GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo
Cari fratelli e sorelle,
l’Anno Santo della Misericordia ci invita a riflettere sul rapporto tra la comunicazione e la misericordia. In effetti la Chiesa, unita a Cristo, incarnazione vivente di Dio Misericordioso, è chiamata a vivere la misericordia quale tratto distintivo di tutto il suo essere e il suo agire. Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti. L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi. E se il nostro cuore e i nostri gesti sono animati dalla carità, dall’amore divino, la nostra comunicazione sarà portatrice della forza di Dio.
Siamo chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione. In particolare, è proprio del linguaggio e delle azioni della Chiesa trasmettere misericordia, così da toccare i cuori delle persone e sostenerle nel cammino verso la pienezza della vita, che Gesù Cristo, inviato dal Padre, è venuto a portare a tutti. Si tratta di accogliere in noi e di diffondere intorno a noi il calore della Chiesa Madre, affinché Gesù sia conosciuto e amato; quel calore che dà sostanza alle parole della fede e che accende nella predicazione e nella testimonianza la “scintilla” che le rende vive.
La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società. Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. E questo sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale. Pertanto, parole e azioni siano tali da aiutarci ad uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio. La parola del cristiano, invece, si propone di far crescere la comunione e, anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione.
Vorrei, dunque, invitare tutte le persone di buona volontà a riscoprire il potere della misericordia di sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità. Tutti sappiamo in che modo vecchie ferite e risentimenti trascinati possono intrappolare le persone e impedire loro di comunicare e di riconciliarsi. E questo vale anche per i rapporti tra i popoli. In tutti questi casi la misericordia è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare, come ha così eloquentemente espresso Shakespeare: «La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve» (Il mercante di Venezia, Atto IV, Scena I).
E’ auspicabile che anche il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto. Faccio appello soprattutto a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato. È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio. Ci vuole invece coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia [...] Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,7.9).
Come vorrei che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio. Lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che «la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Questa verità è, in definitiva, Cristo stesso, la cui mite misericordia è la misura della nostra maniera di annunciare la verità e di condannare l’ingiustizia. È nostro precipuo compito affermare la verità con amore (cfr Ef 4,15). Solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa.
Alcuni pensano che una visione della società radicata nella misericordia sia ingiustificatamente idealistica o eccessivamente indulgente. Ma proviamo a ripensare alle nostre prime esperienze di relazione in seno alla famiglia. I genitori ci hanno amato e apprezzato per quello che siamo più che per le nostre capacità e i nostri successi. I genitori naturalmente vogliono il meglio per i propri figli, ma il loro amore non è mai condizionato dal raggiungimento degli obiettivi. La casa paterna è il luogo dove sei sempre accolto (cfr Lc 15,11-32). Vorrei incoraggiare tutti a pensare alla società umana non come ad uno spazio in cui degli estranei competono e cercano di prevalere, ma piuttosto come una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda.
Per questo è fondamentale ascoltare. Comunicare significa condividere, e la condivisione richiede l’ascolto, l’accoglienza. Ascoltare è molto più che udire. L’udire riguarda l’ambito dell’informazione; ascoltare, invece, rimanda a quello della comunicazione, e richiede la vicinanza. L’ascolto ci consente di assumere l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori. Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune.
Ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi. Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui. Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio, un sacrificio di sé stessi in cui si rinnova il gesto sacro compiuto da Mosè davanti al roveto ardente: togliersi i sandali sulla “terra santa” dell’incontro con l’altro che mi parla (cfr Es 3,5). Saper ascoltare è una grazia immensa, è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo.
Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale. Prego che l’Anno Giubilare vissuto nella misericordia «ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione» (Misericordiae Vultus, 23). Anche in rete si costruisce una vera cittadinanza. L’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità che va rispettata. La rete può essere ben utilizzata per far crescere una società sana e aperta alla condivisione.
La comunicazione, i suoi luoghi e i suoi strumenti hanno comportato un ampliamento di orizzonti per tante persone. Questo è un dono di Dio, ed è anche una grande responsabilità. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”. L’incontro tra la comunicazione e la misericordia è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2016 Francesco
tratto da www.vatican.va
San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa, è sicuramente il più importante e celebre fiore di santità sbocciato in Savoia, sul versante alpino francese.
Figlio primogenito, Francois nacque il 21 agosto 1567 in Savoia nel castello di Sales presso Thorens, appartenente alla sua antica nobile famiglia. Ricevette sin dalla più tenera età un’accurata educazione, coronata dagli studi universitari di giurisprudenza a Parigi e a Padova. Fu sacerdote zelante ed instancabile lavoratore nella vigna del Signore. Visti gli scarsi frutti che ottenuti dal pulpito, si diede alla pubblicazione di fogli volanti, che egli stesso faceva scivolare sotto gli usci delle case o affiggeva ai muri, meritandosi per questa originale attività pubblicitaria il titolo di patrono dei giornalisti e di quanti diffondono la verità cristiana servendosi dei mezzi di comunicazione sociale. Ma anche quei foglietti, che egli cacciava sotto le porte delle case, ebbero scarsa efficacia.
Vescovo di Ginevra, vero pastore di anime, ricondusse alla comunione cattolica moltissimi fratelli da essa separati, insegnò ai cristiani con i suoi scritti la devozione e l’amore di Dio e istituì, insieme a santa Giovanna di Chantal, l’Ordine della Visitazione; vivendo poi a Lione in umiltà, rese l’anima a Dio il 28 dicembre e fu sepolto in questo giorno ad Annecy.
Francesco di Sales fu beatificato l'8 gennaio 1662 e già tre anni dopo venne canonizzato il 19 aprile 1665 dal pontefice Alessandro VII.
Successivamente fu proclamato Dottore della Chiesa nel 1877, nonché patrono dei giornalisti nel 1923.
Il Martyrologium Romanum riporta la sua commemorazione nell’anniversario della morte, cioè al 28 dicembre, ma per l’inopportuna coincidenza con il tempo di Natale, il calendario liturgico della Chiesa universale ha fissato la sua memoria obbligatoria al 24 gennaio, anniversario della traslazione delle reliquie.
tratto da www.santiebeati.it
INTENZIONE DI PREGHIERA DEL GIORNO
Per i giornalisti, gli scrittori e i pubblicisti che onorano san Francesco di Sales come loro patrono, perchè nella loro professione sappiano leggere gli avvenimenti alla luce del Vangelo e pongano la cultura a servizio della promozione integrale dell'uomo.