25 dicembre 2015 - Solennità del Natale del Signore: il nostro pellegrinaggio giubilare alla Grotta di Betlemme
News del 24/12/2015 Torna all'elenco delle news
Questo Natale 2015 ha un sapore, un significato ed un valore del tutto speciale. E' il Natale della misericordia infinita e tenerissima che ci porta a noi, Gesù Bambino, il Figlio di Dio, che si incarna nel grembo verginale di Maria Santissima e viene a noi come salvatore e redentore, con il volto della vera misericordia di Dio. La coincidenza dell'anno santo della misericordia, aperto da Papa Francesco lo scorso 8 dicembre, rende questo Natale più importante da un punto di vista spirituale, in quanto è la festa che ci riporta all'origine stessa del mistero della salvezza, che inizia prima a Nazareth e prosegue a Betlemme, dove viene alla luce Gesù, il messia atteso dai popoli e nostro liberatore. Nella solenne liturgia della notte santa, che accompagna il cammino del cristiano in questo anno giubilare, noi, infatti, ci confrontiamo con la vera e grande notizia più importante di tutti i tempi e per tutta l'umanità; Gesù Cristo, Figlio di Dio, si incarna nel grembo verginale di Maria per portare a noi la salvezza, la misericordia e il perdono di Dio. Ci ricorda il profeta Isaia nel brano della messa di mezzanotte che il programma del Natale della misericordia sta sintetizzato in queste parole di speranza, gioia e giustizia per tutti. L'anno giubilare è appunto questo anno per rimettere a posto, a livello spirituale, morale e sociale, le cose che non vanno personalmente e collettivamente. E ciò si inizia a fare, se con umiltà ci poniamo davanti a Gesù Bambino e riconosciamo i nostri peccati, per ricominciare una vita senza peccato. Le tenebre in cui siamo immersi devono fare spazio alla luce vera che viene dal cielo ed ha un solo nome: Gesù Cristo il Salvatore. Questa luce dobbiamo sapere riscoprire nell'anno giubilare, perché Gesù è il volto misericordioso del Padre.
Il nostro pellegrinaggio giubilare alla grotta di Betlemme può avere un doppio motivo: quello dei pastori e quello dei Re Magi. Il motivo pastorale, sta nel riconoscere in Cristo il vero Pastore delle nostre anime che ci conduce ai pascoli eterni della felicità. Il motivo regale, sta nel riconoscere in Cristo l'unico vero Re di tutti i tempi, il cui regno non finisce mai. Dal Pastore da pastori andiamo alla Grotta di Gesù per assaporare la gioia di prostrarci per chiedere perdono per noi e per l'umanità. Da re, come i sapienti dell'oriente, andiamo da Lui, per offrirgli quel poco di bene che abbiamo con noi e realizzato nei nostri giorni ed anni, fin qui vissuti con la fede del Natale, ben sapendo, come ci ricorda l'Apostolo Paolo nel brano della sua lettera a Tito, che nella notte santa proclamiamo.
Il Natale della misericordia lo celebriamo se ci lasciamo riscattare da Cristo da ogni iniquità, formando la chiesa suo popolo santo, ma anche popolo di peccatori, che hanno bisogno di redenzione. Risuoni in questo Natale il canto di gioia, speranza e fiducia che gli Angeli proclamarono nella notte in cui venne al mondo il Redentore e della quale ci racconta l'evangelista Luca. Lo stesso canto di gioia vorremmo che risuonasse in ogni parte del mondo e in ogni angolo di questo mondo solo e solitario, che va alla ricerca della vera gioia e felicità che viene dall'Alto e si chiama "Emmanuele, il Dio con noi". Possiamo sperimentare, fin d'ora, questa gioia dentro e fuori di noi, consapevoli che il Natale ha un suo fascino e una sua bellezza interiori, che nessuno puoi toglierci, da dove è riposto, ben sapendo che sta nel profondo del nostro cuore e della nostra vita e da lì nessuno lo potrà estirpare per rincorrere fasi dei che non possono dare felicità, perché inesistenti. Anche per noi si devono compiere i giorni per dare alla luce, nel nostro cuore, Gesù, e con la stessa tenerezza e bontà di Maria, Giuseppe, i pastori e i semplici della terra l'hanno voluto incontrare e lo hanno amato, profondamente, perché avvertivano in Lui la potenza di Dio e la misericordia di Dio.
Sia, questa la nostra preghiera di Natale 2015:
Cristo, Salvatore e Redentore dell'uomo,
guarda dalla tua grotta di Betlemme
l'umanità intera in questo tuo annuale Natale 2015
che, oggi, ha un significato giubilare per tutti i tuoi seguaci.
Davanti a Te, Gesù Bambino,
contemplando il volto di Maria, la tua Madre dolcissima,
guardando a Giuseppe, il tuo padre terreno,
osservando quanti arrivano da Te per adorarTi ,
ci prostriamo umilmente per ringraziarti
per tutti i doni che ci hai dato.
Ti chiediamo umilmente,
o Verbo Eterno del Padre Misericordioso,
che quest'anno Giubilare,
dedicato alla riconciliazione e al perdono,
sia, per tutta la Chiesa e l'umanità,
un anno di rinascita spirituale
e di ripresa morale per tutto il genere umano.
Dona a quanti si immergono
nel mistero del tuo Natale annuale,
la sapienza della grotta di Betlemme,
che si traduce in opere di bene
ed ha un solo nome: misericordia per sempre.
Guarda, Gesù Bambino, tutti i bambini di questa terra,
segnata dall'odio, dal terrorismo e dalla guerra,
proteggili da mani violente, che uccidono in loro
ogni speranza di sopravvivenza.
Assisti, Principe della pace,
quanti lottano per costruire
un mondo di giustizia e di pace,
e fa' che i loro sforzi
producano i risultati attesi e sperati.
Maria, la Madre del perdono,
ci faccia riscoprire la gioia
di essere in pace con tutti,
senza conservare, nel nostro cuore,
alcun risentimento, ribellione o progetti di distruzione.
Nulla ci allontani dalla gioia di vivere,
oggi e sempre, il tuo Natale di amore,
di pace e di misericordia,
alla scuola di quella misera ed umile
grotta, nella quale sei venuto al mondo,
senza clamore e splendore,
ma solo con il calore del Tuo amore per noi.
Gesù Bambino,
volto dolcissimo e tenerissimo di Dio,
che è Misericordia infinita,
trasforma questo Natale 2015,
segnato da tanti mali e difficoltà,
in un Natale pieno di gioia e speranza
per l'intera umanità. Amen.
Omelia di padre Antonio Rungi
Natale di gioia
La gioia della Pasqua di Resurrezione ha il suo anticipo in quella che Evdokimov chiama la Pasqua dell’incarnazione. La venuta del Messia sulla Terra infatti inonda tutto di Luce e di Gioia. Nell’unico mistero pasquale si svolge tutta la vita di Gesù, fin dal suo Natale. Per primi i pastori ricevono l’annuncio della salvezza. Anche loro provano spavento e incredulità al manifestarsi soprannaturale della «gloria del Signore» che «li avvolge di luce» (Lc 2,9); come i discepoli, che, vedendo il Risorto, «per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore» (Lc 24,41). L’angelo rassicura i pastori: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
L’artista Piero Casentini, volendo illustrare questo episodio del vangelo per il Lezionario ufficiale della Chiesa italiana, sceglie il colore della terra, dell’umiltà, come sfondo su cui tracciare un vortice di Luce provocato dall’angelo annunciante. Esso si sviluppa a spirale proprio a partire dall’angelo e va a toccare i pastori spaventati e le pecore del gregge messe a dormire nell’ovile. Il movimento cosmico di una nuova creazione attira e assorbe dentro di sé la piccola luce verticale del fuoco acceso dai pastori, manifestando la sproporzione tra la luce creaturale del fuoco acceso dagli uomini e la luce soprannaturale sprigionata dalla Gloria di Dio che si manifesta ai pastori con il fascinosum e il tremendum della ierofanìa.
Li aspetta un bambino indifeso, avvolto in fasce. Con lo stesso termine la lingua originale del testo può indicare sia le fasce che avvolgono i neonati sia quelle usate per avvolgere i cadaveri (spàrgana). Nella tradizione iconografica orientale delle icone del santo Natale, trasmessa poi all’occidente, il bambino ha il volto di un adulto ed é avvolto tutto di fasce come per la sepoltura. Fin dall’infanzia di Gesù la morte e la vita iniziano il mirabile duello da cui il Signore della vita, morto, regnerà vivo per sempre nell’annuncio di Pasqua.
Questo bambino ha trovato posto in una mangiatoia. Come non vedere in questo umile gesto un altro mirabile segno? La mangiatoia rimanda al mangiare, come il termine greco fatne (mangiatoia per cavalli) rimanda al verbo patèomai (mangiare). Il bambino viene messo nella mangiatoia "per essere mangiato". Questa mangiatoia aspetta che ci avviciniamo ad essa per saziare la fame delle nostre passioni che conducono alla morte. Non siamo forse a Bethlemme? E non é Bethlemme la casa del pane? Questo Bambino ha già tutta la Bontà del Pane; come Lui stesso dirà: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51).
Dal Sussidio CEI
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tratto da www.lachiesa.it