29 novembre 2015 - I Domenica di Avvento e inizio del nuovo anno liturgico (C): il Vangelo ci insegna a leggere la storia come grembo di futuro

News del 28/11/2015 Torna all'elenco delle news

L'Avvento è il tempo che prepara nascite, il tempo di santa Maria nell'attesa del parto, tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere.

Ci saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle e sulla terra angoscia. Il Vangelo ci prende per mano, ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un'immensa vita. Che patisce, soffre, si contorce come una partoriente (Isaia 13,8), ma per produrre vita. Il presente porta nascite nel grembo. Ogni giorno c'è un mondo che muore, ogni giorno c'è però un mondo che nasce.

«Quanto morir perché la vita nasca» (C. Rebora): abbiamo tutti nella memoria la notte di Parigi. Notte di morte. Eppure il nostro atto di fede è: neppure la violenza è eterna, neppure il terrore; il regno di Dio viene. Giorno per giorno, continuamente, adesso, Dio viene. Anche se non lo vedi, anche se non ti accorgi di lui, è in cammino su tutte le strade.

Noi pensiamo che la presenza del Signore si sia rarefatta, il Regno allontanato; che siano altri i regni emergenti: i califfati, l'Isis, l'economia, il mercato, l'idolo del denaro, il profitto. Invece no: il mondo intero è più vicino al Regno oggi, di dieci o vent'anni fa: risollevatevi, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina.

Il Vangelo d'Avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e delusioni: state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano.

Ci sarà sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante. Ho provato anch'io lo scoraggiamento, molte volte, ma non gli permetto di sedersi alla mia tavola, di mangiare nel mio piatto. Il motivo è questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la sapete voi, ed è che non può esserci disperazione finché ricordo perché sono venuto sulla terra, di Chi sono al servizio, Chi mi ha mandato qui. E Chi sta venendo: allora vedranno il Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria.

Questo mondo contiene Lui! Che viene, che è qui, che cresce dentro; c'è un Liberatore, esperto di nascite, in cammino su tutte le strade.

Alzatevi, guardate in alto e lontano, perché la vostra liberazione è vicina. Uomini e donne in piedi, a testa alta, occhi alti e liberi: così vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita verticale e dallo sguardo profondo.

Il Vangelo ci insegna a leggere la storia come grembo di futuro, a non fermarci all'oggi: questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Da coltivare e custodire con combattiva tenerezza. Un mondo più buono e più giusto, dove Dio viene, vicino e caldo come il respiro, forte come il cuore, bello come il sogno più bello.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Vegliate e pregate, Gesù è vicino

È da quando Adamo, il primo uomo, con Eva si lasciò ingannare dal serpente, rinunciando al grande Bene di Dio, che Lui ci cerca con un amore che non conosce tempi, cattiverie, tradimenti, debolezze e limiti degli uomini.

È da allora, nel momento in cui l'uomo Lo rinnega, che ci cerca, tutti, uno ad uno, come solo un padre sa fare verso i suoi figli. "Uomo dove sei?". "Mi sono nascosto perché sono nudo."

Due righe di una storia che non cessa di ripetersi in ogni tempo ed in ogni uomo. Dio è davvero un ?papà' fedele al suo amore, qualunque sia la nostra risposta. Bussa alla nostra porta, continua a farsi trovare, dà segni che Lui ci cerca, come se i nostri atteggiamenti, tante volte negativi, non intaccassero minimamente la sua fedeltà. Noi siamo Suoi figli e ai figli non si rinuncia mai!

Da qui la ragione del tempo santo, che oggi iniziamo a vivere, che ha un nome che è davvero un programma: ?Avvento', ossia tempo di attesa di Chi sta per venire.

Ma è solo attraverso la conoscenza - che è partecipazione della vita o dell'amore dell'altro, vivendo quello che è e ci offre da vivere - che possiamo gustare 'quanto è dolce essere amati dal Signore'.

Occorre conoscerLo per poterLo attendere con amore: un'attesa che consenta l'irrompere nella nostra vita di Dio. Una irruzione che corrisponde ad un preciso Suo ?sogno' nei nostri confronti. Il ?sogno' di Dio è di poter nella libertà occupare il nostro cuore come e quando vuole. È un'irruzione che chiede la nostra disponibilità per poter avvenire, inaspettatamente, ma con la forza dirompente dell'amore.

Così Gesù ci avverte della Sua venuta nel Vangelo di Luca. Gesù ci ammonisce su quanto avverrà nella sua ultima venuta alla fine dei tempi. Ma noi sappiamo che a ?quel giorno' ci prepariamo ora, perché la vita è un continuo ?tempo di avvento', attesa di Dio. Occorre quindi che nella sincerità del cuore cerchiamo di prepararci, oggi.

Volersi bene è essere talmente ?dentro la vità dell'altro, tanto che egli occupa ogni spazio. Pensiamo all'amore vero tra due fidanzati, tra due sposi, dei genitori per il proprio figlio, di due amici. Ma se non ci si conosce, non ci si può voler bene.

Noi vediamo che le nostre Chiese, dove più, dove meno, sono piene di gente che frequenta la Messa domenicale: non solo, ma spesso con troppa leggerezza, affermiamo che siamo credenti e battezzati. Ma oso fare una domanda seria a ciascuno di noi. Credenti in chi? Battezzati nel nome di chi? È davvero Gesù la Persona più cara che occupa a diritto ogni momento della vita, tanto da soffrire quando le eccessive occupazioni ci distraggono dal pensarLo o peggio le nostre debolezze offendono la Sua amicizia? Gesù è Colui che ?contà nella vita? Oppure è troppo spesso ridotto a ?qualcosa' come una tradizione, anche religiosa, dove però il nostro cuore è lontano, dove la Sua parola non pesa e non è luce? Siamo testimoni credibili della Sua Presenza, di fronte a questo mondo pazzo, che pare affogare nella violenza e nell'odio, che inneggia alla fraternità, soprattutto a Natale, ma poi in pratica dileggia ogni concetto di giustizia, disprezza il grande dono della vita, che a volte urla il bisogno di Dio, ma non riesce ad alzare la testa in attesa della liberazione dal male, che Lui solo può realizzare?

C'è il momento in cui Dio bussa alla porta e vuole entrare per sbrogliare la matassa della vita, personale e sociale, che non ha più né capo né coda senza di Lui. Noi stessi, che ci dichiariamo cristiani, non siamo a volte tentati di pensare che ciò è difficile, che è un miracolo che accade a pochi? La quotidianità afferma però il contrario, se abbiamo davvero occhi per vedere.

C'è tanta gente, più di quanto si pensi, ?nascosta con Cristo in Dio', che non fa' chiasso, ma ?illumina le tenebre', irradiando la Sua Luce di pace, di fraternità, di comunione, di solidarietà. Persone che non fanno cronaca, ma creano speranza; che seminano bene, senza la pretesa di raccogliere nulla.

Sono coloro che hanno saputo aprire la porta del cuore a Lui e, in Lui, ad ogni fratello.

Questo è davvero tempo di Grazia. Non viviamolo invano. Ascoltiamo l'invito di Papa Francesco: ?Siamo arrivati alle soglie del Giubileo... Davanti a noi sta la grande porta della Misericordia di Dio... La porta è generosamente aperta, ci vuole un po' di coraggio da parte nostra per varcare la soglia. Ognuno di noi ha dentro di sé cose che pesano. Tutti siamo peccatori! Approfittiamo di questo momento che viene e varchiamo la soglia di questa misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare, mai si stanca di aspettarci! Ci guarda, è sempre accanto a noi. Coraggio! Entriamo per questa porta!... In verità, noi stessi siamo i custodi e i servi della Porta di Dio, e la porta di Dio come si chiama? Gesù! Egli ci illumina su tutte le porte della vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte. Egli stesso l'ha affermato: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9).... Così la Chiesa (ciascuno di noi) dovrà essere riconosciuta come la custode di un Dio che bussa, come l'accoglienza di un Dio che non ti chiude la porta in faccia, con la scusa che non sei di casa. Con questo spirito ci avviciniamo al Giubileo: ci sarà la porta santa, ma c'è la porta della grande misericordia di Dio! Ci sia anche la porta del nostro cuore per ricevere tutti il perdono di Dio e dare a nostra volta il nostro perdono, accogliendo tutti quelli che bussano alla nostra porta."

Omelia di mons. Antonio Riboldi

 

Vegliamo e preghiamo nell'attesa del Redentore

Inizia oggi il nuovo anno liturgico 2015/ 2016 e parimenti la preparazione al Santo Natale del 2015. La prima domenica di Avvento, infatti, costituisce il progetto iniziale di un cammino spirituale che intendiamo fare in questo anno che è speciale per il motivo ben noto della celebrazione del Giubileo della misericordia, indetto da papa Francesco e che inizierà martedì, 8 dicembre 2015 e si concluderà il 20 novembre 2016. 

La parola di Dio di questa prima domenica di Avvento viene in nostro aiuto e soccorso per indirizzare il cammino di questo tempo forte dell'anno liturgico ed il cammino giubilare, L'uno e l'altro cammino si pongono sulle orme di Cristo, il Messia, di Giovanni Battista, il Precursore e di Maria, la Madre purissima di Cristo, nostro salvatore. La seconda lettura di oggi ci offre l'incipit per questo itinerario di fede che vogliamo sinceramente svolgere, anche in quell'ottica del giubileo inteso come pellegrinaggio interiore di ogni autentico uomo che cerca Dio con la sincerità del proprio cura. 

Il cammino dell'Avvento e quello Giubilare richiede la presa di coscienza di ciò che è urgente fare per la nostra persona conversione e purificazione. Le regole del vangelo sono regole che aprono il cuore di ogni credente alla misericordia e al perdono. Cristo che si incarna nel grembo verginale di Maria è il Figlio di Dio e il Redentore dell'umanità. Il nome del Redentore è "Misericordia". Gesù, infatti, è il volto della misericordia del Padre. Con questo spirito vogliamo iniziare a prepararci a Natale 2015 e al Giubileo, fissando, fin d'ora, il nostro sguardo sul volto luminoso di Gesù Bambino e sul volto dolcissimo della Vergine Maria e del volto purissimo di San Giuseppe. 

Lo stesso profeta Geremia nella prima lettura di questa domenica di Avvento ci invita a riflettere sul tema della venuta del Salvatore che noi, annualmente, ricordiamo, nella liturgia, con la solennità del santo Natale del 25 dicembre: "Ecco, verranno giorni - oràcolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d'Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia". Nell'accogliere questo grido di speranza, quello suono del corno della pace e della giustizia, ci guardiamo intorno a noi e scorgiamo quanto sia urgente, nel nostro tempo, tradurre l'annuncio della venuta del Signore in un'era di pace e di riconciliazione per tutta l'umanità Le tante afflizioni di questi ultimi mesi non ci lasciano sereni e tranquilli e come cristiani vogliamo davvero impegnarci su serio nel tradurre le parole in comportamenti e opere di bene, che poi sono indicate nelle opere di misericordia corporale e spirituale.

Il forte monito che ci viene dal Vangelo di questa domenica, che parla del giudizio universale e della preparazione personale ed ecclesiale ad esso, ci chiede di essenziali cose da fare e farle davvero e seriamente: la preghiera e la vigilanza cristiana, al fine di evitare ogni forma di dissipazione e di distrazione dalle cose che non sono indirizzare verso la vita eterna. In Vangelo, infatti, ci rammenta di stare attenti a noi stessi, a che i nostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non ci piombi addosso all'improvviso; per cui, dobbiamo vegliare in ogni momento pregando, perché troviamo la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al tribunale di Dio.

Lavorare seriamente e convintamente per non lasciare spazio alle forze del male che seminano terrore, morte, paura quando nella vita viene a mancare una visione di fede e di speranza in Colui che è venuto a salvarci e a non a condannarci, è venuto per servire e non per essere servito. 

Vogliamo cantare e gridare con gioia quello che ci viene ricordato nel Salmo responsoriale di questa prima domenica di penitenza e di conversione per tutti noi: "Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza. Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via. Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti. Il Signore si confida con chi lo teme: gli fa conoscere la sua alleanza" (Sal 24).

Omelia di padre Antonio Rungi

 

Liturgia e Liturga della Parola della I Domenica di Avvento (C) 29 novembre 2015

tratto da www.lachiesa.it