5 aprile 2015 - Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore: nulla ci può togliere la speranza

News del 03/04/2015 Torna all'elenco delle news

"Non lasciatevi rubare la speranza", ripete spesso il papa Francesco. Belle parole, si può pensare, che però confliggono con la realtà quotidiana, di tanti giovani senza lavoro e dunque senza prospettive, di famiglie che non arrivano a fine mese, di minacce di morte imprevedibili come quella toccata ai turisti di Tunisi o ai passeggeri dell'aereo in mano a uno psicopatico. Belle parole, che però hanno un fondamento: lo troviamo in quello che oggi celebriamo.

I vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) narrano delle "pie donne", come si suole chiamarle, le quali, il giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono al sepolcro con oli aromatici per completare i riti funerari relativi a Gesù, forzatamente interrotti al tramonto del venerdì, quando all'uso ebraico cominciava il sabato, durante il quale era proibito qualunque lavoro, persino il pietoso ufficio di dare sepoltura ai morti. Trovarono però il sepolcro aperto, il corpo da onorare non c'era più, e al suo posto videro un giovane in veste bianca, latore di un sorprendente messaggio: "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui..." con l'incarico di andare a riferirlo agli apostoli. Questi resoconti degli eventi, si noterà, assegnano un ruolo importante alle donne. Lo fa anche l'evangelista Giovanni (20,1-9), concentrandosi però sulla sola Maria Maddalena, della quale narra che, trovato il sepolcro vuoto, corse a dirlo a Pietro e al "discepolo che Gesù amava", cioè lo stesso Giovanni; entrambi corsero a loro volta al sepolcro, e vi costatarono la presenza dei soli teli funerari nei quali era stato avvolto il corpo che non c'era più. Allora nella mente di Giovanni devono essere affiorate certe pagine degli scritti profetici e i tanti segni premonitori dell'evento, "e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti".

Alla Messa vespertina è possibile leggere invece il brano di Luca (24,13-35) che riferisce quanto accadde proprio al vespro di quel giorno. Due discepoli, pur informati dei fatti del mattino ma evidentemente scettici sulla loro interpretazione, ne deducono soltanto che il corpo del crocifisso è scomparso, e con lui ogni speranza. Pertanto stanno tristemente lasciando Gerusalemme, quando per via esprimono la loro delusione a un apparentemente occasionale compagno di viaggio, nel quale non riconoscono il Risorto. Questi, "cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui"; poi, nel villaggio di Emmaus, "quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista". Si può immaginare l'entusiasmo dei due, i quali subito tornano a Gerusalemme, a raccontare l'accaduto agli apostoli, peraltro dando loro conferma di quanto essi già sanno e a loro volta possono raccontare: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!"

"Davvero il Signore è risorto": è questo il dato centrale della fede che da duemila anni i cristiani, pur divisi su altre questioni, sono concordi nel tramandare e celebrare. Cattolici, ortodossi, luterani, anglicani eccetera, tutti basano la loro fede sul fatto che Gesù non è rimasto prigioniero della morte ma è risorto, dando così la vita eterna a quanti si affidano a lui. Essi sanno che la storia umana si divide in due, prima e dopo la risurrezione di Gesù. Prima (o senza) di lui, l'uomo è in balìa di se stesso, privo di una direzione verso cui camminare, proteso a realizzarsi, spesso a scapito degli altri, entro il breve spazio della vita terrena, chiuso entro tribolazioni, delusioni o successi effimeri. Dopo, con lui, il cuore e la mente si aprono a prospettive infinite; qualunque cosa accada, l'uomo ha una speranza.

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

Cristo risorto è sempre con noi

La verità assoluta del mistero della risurrezione di Gesù Cristo dai morti è questa: Cristo risorto è sempre con noi. Non muore più, vive con noi, dentro di noi ed è Egli il motivo vero del nostro vivere, morire e risorgere. La Pasqua sta in questo. Non siamo fatti per morire, ma per vivere eternamente in Dio. La morte è stata sconfitta dalla vittoria di Cristo, nell'attesa della vittoria definitiva del morire umano che ci sarà nel giudizio universale. Noi viviamo tra due risurrezioni, non tra due morti o tra tanti morti. La prima fondamentale risurrezione è quella di Cristo nella sua Pasqua; la seconda risurrezione è quella che verrà e che ci sarà alla conclusione della storia dell'umanità, quando tutti risorgeremo per una vita senza più limiti di spazio, tempo, provvisorietà, precarietà, senza nessuna altra sofferenza, ma solo gioia per sempre anche nel nostro essere corporeo, trasformato in una vita nuova.

Non è solo Cristo il risorto, ma in lui siamo tutti risorti perché Cristo ci ha porta e continua a portare la vita. Chi sta con Cristo sta dalla parte della vita e della gioia, non soffre, non pena, non dispera, ma tutto ama, spera e vive profondamente.

Come gli apostoli, oggi, in questa Domenica di pasqua, siamo chiamati ad essere i testimoni del risorto con una vita degna di essere definita tale, da ogni punto di vista: da quello spirituale soprattutto a quello anche umano, relazionale, sociale, corporale. Gesù ci ha ordinato come ai suoi discepoli "di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio...Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Essere testimoni della misericordia di Dio. Non c'è pasqua nel nostro cuore e nella nostra vita se non siamo in pace con Dio, con la nostra coscienza, con le persone e con il mondo intero. La pasqua inizia da questa conversione del cuore alla misericordia. Nell'anno santo indetto da Papa Francesco sulla misericordia, dobbiamo sforzarci tutti nel vivere concretamente questa dimensione della risurrezione di Cristo che è la misericordia, avere, cioè, un cuore aperto al perdono, un cuore aperto a rivedere le proprie idee e convinzioni su stessi e sugli altri.

Con uno sguardo misericordioso sappiamo vedere la vita nella giusta direzione e prospettiva. Sappiamo, cioè, vivere la vita presenta con uno sguardo sempre proteso verso il cielo, dove ci attende la Trinità, ma anche Maria e tutti i santi del paradiso. Perciò l'apostolo Paolo, nel bellissimo brano della sua lettera ai Colossesi ci sollecita ad avere chiaro il nostro rollino di marcia: "Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria".

La Pasqua è cercare quindi le cose di lassù, cioè le cose vere, belle, certe, serie, eterne e non quelle di quaggiù, fatte di falsità, incertezze, precarietà e mondanità. La Pasqua vera che il cristiano celebra, al di là della liturgia, è quella si sentirsi con un piede in paradiso continuamente, non con un piede nella fossa e nella morte, che pure è una verità che ci riguarda e che spesso si avvera inaspettatamente.

Anche a noi, la Pasqua di Cristo, la sua risurrezione, come a Maria, la donna che vide per prima la resurrezione di Gesù, ci viene chiesto; cosa ha visto e cosa vuoi continuare a vedere. Raccontaci, fratello, sorella, che a che tipo di Pasqua ti sei preparato o quale Pasqua vuole davvero celebrare?

A noi spetta in questo giorno di gioia raccontare la stessa gioia dei discepoli che andarono al sepolcro e capirono esattamente ciò che era avvenuto: la risurrezione di Dio. Rechiamoci anche noi al sepolcro della nostra vita non fedele alla nostra chiamata alla santità e seppelliamo tutto il male che è dentro e fuori di noi. Facciamo vincere l'amore e non l'odio, la vita e non al morte, la gioia e non la tristezza, l'eternità e non la mondanità.

Anche noi con grande gioia nel cuore raccontiamo quello che abbiamo sperimentato in questo giorno della Pasqua di Cristo. Abbiamo visto «La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti". Dopo di che, visti i segni della sua passione, possiamo proclamare a voce alta e forte, che "Cristo, nostra speranza, è risorto e ci precede in Galilea», cioè in quelle regioni e terre del mondo dove attendono la speranza della vita quanti hanno solo segni di morte e violenza nella loro quotidiana esistenza. Egli sta nelle periferie esistenziali del mondo e ci ha preceduto portando la vita e la gioia. Noi dobbiamo seguire a ruota il maestro che ha tracciato il solco e la strada per cambiare il mondo con i fatti e non con le sole parole buttate al vento da quei seminatori di falsità e menzogne che oggi, come al tempo di Cristo, vivono, operano in ogni parte del mondo e in tutti i luoghi e le situazioni del vivere quotidiano.

Anche noi portiamo l'annunci pasquale della gioia con la perenne alleluja della nostra vita e di quella degli altri, in quanto non è pasqua se a celebrarla, non solo liturgicamente, ma anche umanamente, siano poche persone e non tutto il genere umano. Egli, Gesù è risorto e nuovamente risorge per tutti gli uomini della terra, che ha bisogno di vivere e sperare, partendo dalla certezza che il nostro Maestro ci ha preceduto nella Galilea vera, nella quale attende di incontrare per sempre tutta l'umanità. Perciò, la preghiera di oggi, ben si configura al mistero che celebriamo: "O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto".

La Pasqua è davvero uno giorno unico e speciale per ogni cristiano che può legittimamente cantare dal profondo del proprio cuore: "Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo".

Rallegrarsi come Maria, Giovanni, Pietro e gli apostoli che, pur nell'incertezza e nel dubbio, vanno al sepolcro e costatano la tomba vuota, come sottolinea l'evangelista Giovanni, quel discepolo che subito credette alla risurrezione: "Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette".

Correre verso la vita, correre verso Gesù, correre verso la gioia, correre in fretta verso una speranza che non muore mai e che si riaccende ogni volta che ci accostiamo a Cristo con la fede degli apostoli e dei martiri, di quanti cercano Dio con cuore sincero. Correre verso il Risorto e come gli apostoli non troveremo Gesù più nel sepolcro buio della morte, ma nella luce del nuovo giorno, nella libertà di una vita che è pienezza solo ed esclusivamente in Dio. Buona Pasqua 2015.

Omelia di padre Antonio Rungi

Liturgia e Liturgia della Parola della Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno B) Sabato 4 aprile 2015

Liturgia e Liturgia della Parola della Domenica di Pasqua (Anno B) 5 aprile 2015

tratto da www.lachiesa.it