2 febbraio 2015 - Festa della Presentazione del Signore e 19^Giornata Mondiale della Vita Consacrata - Celebrazione in Cattedrale presieduta dall'arcivescovo Morosini

News del 01/02/2015 Torna all'elenco delle news

In Cattedrale alle ore 18.00 Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta dall'arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini.

 

"La Presentazione del Signore è la festa di Cristo « luce delle genti » e dell'incontro (« Ypapanti ») del Messia con il suo popolo nel Tempio di Gerusalemme.

Oggi, con Simeone e Anna, contempliamo il Bambino Divino, il Verbo fatto Carne, che viene portato al Tempio: il Tempio del nostro cuore.

Giubileo della Vita Consacrata su www.vatican.va

Festa della Presentazione del Signore

Dopo 40 giorni Gesù, come tutti i nati ebrei, viene portato al tempio in quanto consacrato a Dio. Questa Festa è più conosciuta come la "candelora" e si rifà alla tradizione di benedire le candele e alle parole del vangelo "luce per illuminare le genti" (Lc 2,32).

...la Festa della Luce

Sono trascorsi quaranta giorni dalla festa del Natale; da quando cioè abbiamo contemplato la nascita del Bambino Gesù, che è venuto al mondo per la salvezza di noi tutti. Ed ecco che quel Bambino viene finalmente portato nel tempio di Gerusalemme, nella casa di Dio, a Lui presentato, offerto e consacrato. Ed è in questo giorno che Lui, potremmo dire, inizia a occuparsi delle "cose del Padre suo" e Padre nostro, qualcosa che riempirà sempre più il suo cuore, tanto che un giorno da grande dirà: "Mio cibo è fare la volontà del Padre mio", cioè, questo è il mio desiderio più grande, fare ciò che fa contento Dio.

Quel Dio che aveva promesso di fare un'alleanza, un'amicizia eterna con l'umanità, di essere l'Emanuele, il Dio-con-noi, eccolo ora, per le mani di Maria e Giuseppe, entrare in quel tempio di Gerusalemme, luogo della lunga attesa del messia, del consacrato di Dio. Questo è il motivo più profondo che ha spinto Dio a scendere sulla terra e diventare uomo: per "rendersi in tutto simile ai fratelli" (II lett.) proprio per poter capire profondamente quello che proviamo tutti noi, ed "essere in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova" (II lett.). La sua missione riguarda tutto il mondo ora, come afferma il vecchio Simeone, "salvezza preparata davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti".

Il vangelo ci presenta questi due anziani, Simeone e Anna, che sono davvero il modello di ogni discepolo, come dovremmo essere tutti noi, non importa se abbiamo 9 anni o 90: sono i primi a riconoscere Gesù, ancora bambino, come Signore e gloria del popolo di Israele; i primi a lodarlo e a darne testimonianza.

Non per nulla nel racconto Luca insiste sul fatto che siano proprio questi due "poveri di Signore", a riconoscere Gesù, non i capi e i sommi sacerdoti: poveri del Signore perché appartenenti a quella lunga schiera di semplici uomini e donne di fede, a quel piccolo resto di Israele, che puntavano tutto sulla salvezza del Messia atteso. Questo vale anche per noi: per poter riconoscere e accogliere il Dio che si rivela in Gesù, bisogna essere come quei piccoli e poveri ai quali viene rivelato il mistero di Dio, il suo bellissimo segreto.

Ma come avviene questo riconoscimento? Esso avviene soprattutto grazie alla perseveranza nella fede e nella preghiera. Di Anna, in particolare, si dice che non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio giorno e notte. Lei pensava sempre a Dio, questa dedizione continua, questo servizio umile a Dio pieno di fede e di donazione, è questo che la rende capace di "profetare" davvero, cioè di parlare al posto di Dio, di dire le cose vere e giuste su Gesù, facendo capire a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme, che è proprio quel Bambino il salvatore.

La preghiera intensa di Simeone che finalmente vede il messia atteso è bellissima: "Ora puoi lasciare o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola": avendo il bambino Gesù tra le braccia si sente sazio, soddisfatto, ora ha capito, ora può andare, è pronto anche a morire, perché ora tutto torna. Sono sufficienti pochi minuti per dare senso, luce e felicità a tutta una vita di sofferenze, pochi minuti per dare luce ad una vita di attesa. L'importante è avere un cuore spalancato, capace, non rinchiuso dal dolore e dalla rabbia, non superficiale.

Per Maria, la madre di Gesù, c'è una parola dura e inaspettata: "una spada ti trafiggerà l'anima". La spada è un'immagine che significava la Parola di Dio. Anche per Maria si annuncia che sarà faticoso e doloroso seguire Gesù e accettare che si compia in lei la volontà di Dio.

Oltre a Simeone e Anna, anche Maria è modello di ogni credente, chiamato a scegliersi come migliore amico Gesù. Stare con Gesù significa stare a contatto con la Luce, e divenire anche noi luminosi, come le candele che accendiamo in questa festa!

In questa festa della luce, che il Signore doni anche a noi, specialmente a chi è affaticato e sconfortato, di non arrendersi, per vedere nella propria vita, infine, la traccia del passaggio di Dio.

Omelia di don Pino Pulcinelli

 

Accolse il bambino tra le braccia

La Liturgia il due febbraio celebra la "Presentazione del Signore", la festa dell' "incontro" di Gesù con l'umanità, della luce che comincia a vincere la tenebra.

Lc.2,22-40, con il canto di Simeone che proclama: "I miei occhi hanno visto la tua salvezza...luce per rivelarti alle genti", ci colloca nel cuore dell'esperienza della fede che oggi di nuovo ci è offerta: Gesù è la luce che accende il cuore delle persone che incontra, una luce che è offerta al mondo intero. Oggi Gesù è la luce offerta a noi, al nostro mondo.

Anche in questo brano appare tutta l'arte narrativa di Luca, la sua attenzione a descrivere i personaggi che rendono viva la scena, la sua profondità per mostrare che nella concretezza degli eventi umani si realizza la storia di Dio. Dio nella trama della vita di una famiglia, nelle pieghe della psicologia di un uomo e di una donna, di due anziani che ritrovano il gusto della vita, di un bambino che comincia il cammino della sua esistenza. Tutto è così normale e tutto è così divino! I grandi temi della teologia di Luca prendono vita all'interno dello svolgersi di eventi così normali! È Dio che facendosi piccolo, rende grandi le cose piccole: ma occorre lasciarsi illuminare da Lui, dal suo Spirito, perché gli occhi sappiano vedere e il cuore gustare la sua gioia.

"Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, ?portarono il bambino' a Gerusalemme per presentarlo al Signore...": tutto avviene secondo la Legge.

"A Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone..." Luca comincia la sua accurata descrizione dei personaggi. Il primo è Simeone: il suo nome significa "colui che ascolta, che ubbidisce". Tutto è narrativo e tutto è simbolico: negli eventi narrati si compie la storia e la speranza di Israele. Simeone è "uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele": fedele alla Legge di Dio, è espressione dei "poveri di Dio", di coloro che aspettano con tutto il cuore il Messia, invocato come il "consolatore". Il tema della consolazione, presente nei profeti postesilici, si fa particolarmente intenso nei giorni degli eventi evangelici, quando il popolo di Israele, in balia degli influssi di dominatori pagani e della loro cultura, vive momenti di angoscia: la speranza di Israele è posta in Dio che, solo, può consolare il suo popolo.

"Lo Spirito santo era su di lui...Lo Spirito santo gli aveva rivelato che non sarebbe morto senza prima aver visto il Cristo del Signore... Nello Spirito venne al Tempio...": per tre volte Luca ripete che Simeone è mosso dall'azione dello Spirito. La sua esperienza non è frutto solo della psicologia, dell'intelligenza, della volontà umana ma della sua docilità allo Spirito santo che apre la persona e la libera per realizzare in pienezza l'esistenza umana.

"Venne nello Spirito al Tempio". In modo estremamente sintetico, Luca ci avverte che Simeone è illuminato e mosso dallo Spirito di Dio: già Paolo ha scritto che "tutti coloro che sono mossi dallo Spirito sono figli di Dio" (Rom.8,14). Simeone è già entrato nella novità di un'esperienza nella quale Dio è un dono da accogliere, una luce che apre gli occhi per saperlo vedere.

"Quando i genitori condussero il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo prese tra le braccia". In questo modo, Luca dice tutta la novità di Gesù, compimento della prima Alleanza: Gesù non rinnega la Legge di Mosè, le dà un senso nuovo. Certo, egli ha presente la tensione tra la nuova comunità di Gesù e la comunità ebraica di provenienza: la parola che Simeone rivolgerà a Maria renderà esplicita questa preoccupazione di Luca.

Ma è meravigliosa questa icona creata da Luca, di commossa tenerezza, del vecchio che prende tra le braccia il bambino Gesù. I suoi genitori lo conducevano con cura al Tempio per adempiere per lui le prescrizioni della Legge: Simeone non si limita alle osservanze della Legge, lo prende tra le braccia. Non è già questa tutta la novità cristiana, il passaggio dalla Legge all'Amore? Il vecchio che prende fra le braccia il bambino: è la fede nella freschezza della vita, è la speranza nel futuro, è il non chiudersi nelle proprie delusioni, è la fede in Dio che fa nuove tutte le cose.

Simeone aspettava la consolazione d'Israele: come tutti, anch'egli aspettava il Messia, il discendente di Davide che restituisse forza ad Israele, vincesse gli invasori politici e ristabilisse la fedeltà alla Legge di Dio. Quando prende fra le braccia il bambino a cui era stato posto il nome "Gesù", come era stato chiamato dall'angelo, egli, "mosso dallo Spirito", "benedice Dio", lo ringrazia per l'esperienza che gli è data da vivere, per la "consolazione", che gli è donata da Dio: aspettava un Dio potente, restauratore di Israele e gli si fa incontro un Dio fragile, un Dio d'Amore che si lascia prendere fra le braccia, si dona (alla fine si donerà anche a coloro che lo metteranno in croce).

Adesso Simeone può dire al Signore la sua preghiera: è l'espressione di una persona che per tutta la vita ha aspettato nell' angoscia, come uno schiavo che aspetta la libertà. Adesso nell'abbraccio di questo bambino, in un'esperienza di intenso Amore, può dire: "Adesso, Signore ("padrone") sciogli il tuo servo nella pace, secondo la tua parola": adesso la vita di Simeone, come quella di uno schiavo che ha ottenuto la liberazione, avvolta dall'Amore, è libera da ogni angoscia. Aspettava il Messia: gli è stata donata la pace, che è il grande dono messianico. I suoi occhi hanno visto la salvezza: quella preparata da Dio, infinitamente più vera di quella a cui lui pensava. Desiderava la luce: Dio ha acceso una luce che illumina il suo popolo, illumina tutto il mondo. Simeone ha visto questa luce che illumina e non acceca: è questo bambino, l'Amore di Dio, che si abbassa, si dona, si lascia abbracciare, perché il cuore dell'uomo, amato, diventi capace di amare.

E nel Tempio c'è pure una "profetessa", Anna. Anche questo è secondo lo stile di Luca che ama costruire i suoi racconti introducendo doppi personaggi, e con un'attenzione particolare alla presenza femminile. Anche nella figura di Anna si condensa l'attesa del popolo di Israele (la madre di Samuele, Giuditta...). Con precisione raffinata Luca descrive il personaggio: Anna ("colei che ha ricevuto grazia"), è figlia di Fanuele ("volto di Dio"), è vedova fedele a Dio, i suoi 84 anni (12 x 7: il numero delle tribù d'Israele moltiplicato per il numero delle nazioni) significano l'attesa del mondo intero, rende culto a Dio con digiuni e preghiere notte e giorno.

Anna è "profetessa": anche lei, come Samuele, è mossa dallo Spirito. E comincia così la novità che Luca vuole annunciare: Simeone e Anna, un uomo e una donna, rendono testimonianza al realizzarsi della speranza d'Israele e di tutto il mondo.

La frase conclusiva è densissima: è la descrizione della ri-nascita di Anna, della sua ricreata giovinezza. È l'esperienza della fede di una donna che aveva atteso per tutti gli anni della sua lunga vita l'Amore che le desse significato: adesso ha gustato l'Amore che gli entra nel cuore, nell'incontro con quel bambino stretto tra le braccia di Simeone. Adesso lei che l'ha sperimentato, può gridarlo al mondo intero: è la "profetessa" che rende testimonianza a Dio e parla del bambino a tutti coloro che erano aperti ad accogliere la liberazione di Gerusalemme.

"In quella stessa ora, stando lì presente, testimoniava Dio e parlava di lui a tutti coloro che erano aperti...)": è la novità di Anna, profetessa nuova, che sperimenta il Dio non della Legge, ma dell'Amore gustato, generato, vita. Sperimenta Dio e parla del bambino. Nuova testimone per tutti coloro che aspettano: non il Dio potente che vince i nemici di Gerusalemme, ma il Dio che, per amore, nasce, vive, muore, per essere con l'uomo, sempre, e fare nuova Gerusalemme.

Omelia di mons. Gianfranco Poma

 

Gesù, la luce preparata per i popoli

Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio per presentarlo al Signore, ma non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo contendono: Gesù non appartiene al tempio, egli appartiene all'uomo. È nostro, di tutti gli uomini e le donne assetati, di quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; di quelli che sanno vedere oltre, come Anna, e incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro. Gesù non è accolto dai sacerdoti, ma da un anziano e un'anziana senza ruolo, due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. È la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l'eterna giovinezza di Dio.

Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io le conservassi nel cuore: tu non morirai senza aver visto il Signore. La tua vita non si spegnerà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per me il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire. Io non morirò senza aver visto l'offensiva di Dio, l'offensiva del bene, già in atto, di un Dio all'opera tra noi, lievito nel nostro pane.

Simeone aspettava la consolazione di Israele. Lui sapeva aspettare, come chi ha speranza. Come lui il cristiano è il contrario di chi non si aspetta più niente, ma crede tenacemente che qualcosa può accadere. Se aspetti, gli occhi si fanno attenti, penetranti, vigili e vedono: ho visto la luce preparata per i popoli. Ma quale luce emana da questo piccolo figlio della terra? La luce è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall'uomo, mescola la sua vita alle nostre. E a quella di tutti i popoli, di tutte le genti... la salvezza non è un fatto individuale, che riguarda solo la mia vita: o ci salveremo tutti insieme o periremo tutti.

Simeone dice poi tre parole immense a Maria, e che sono per noi: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno di contraddizione.

Cristo come caduta e contraddizione. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, che contraddice la quieta mediocrità, il disamore e le idee false di Dio.

Cristo come risurrezione: forza che mi ha fatto ripartire quando avevo il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Risurrezione della nobiltà che è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato.

Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro alla vita, aprono brecce. Gesù ha il luminoso potere di far vedere che le cose sono abitate da un «oltre».

Omelia di padre Ermes Ronchi

Liturgia e Liturgia della Parola della Festa della Presentazione del Signore 2 febbraio 2015

tratto da www.lachiesa.it