28 dicembre 2014 - Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (domenica dopo Natale)

News del 26/12/2014 Torna all'elenco delle news

Il Natale è la festa della gioia, perché raccoglie in unità tutti gli uomini davanti al Bambino, a partire dai semplici pastori e guardiani del gregge, a seguire con i sapienti Magi dell'Arabia, fino a tutti i popoli. Ma occorre considerare che la venuta del Figlio di Dio nella carne ha innanzitutto qualificato Maria, i cui meriti vengono descritti abbastanza in relazione al Mistero dell'Incarnazione e alla Divina Infanzia; come pure essa esalta la figura di Giuseppe, umilissimo lavoratore prescelto per avere in custodia la Vergine Maria e per formare il Dio Fanciullo alla vita e alla società. E così il primo luogo di comunione e di raccolta che il Bambino realizza lo si riscontra nella sua Famiglia. Essa è la prima dimensione dell'accoglienza, della redenzione e del dono, poiché Dio Bambino, coltivato nella greppia, si mostra innanzitutto "evangelizzatore" dei genitori che lo accudiscono e che lo trastullano e al contempo si dispone nei loro confronti con obbedienza e sottomissione.

Maria e Giuseppe apprendono da Gesù e Gesù decide di apprendere da loro. Avviene un processo di formazione reciproca nel dialogo, nella fiducia e nella mutua comprensione che inizia nella greppia, seguita nella fuga in Egitto e prosegue per tutto il tempo dell'infanzia e dell'adolescenza di Gesù. Nei vangeli si legge che Gesù stava loro sottomesso, ma fra le righe si riscontra che anche i suoi genitori erano propensi all'ascolto e all'apprendimento da lui. Anche nel famoso episodio dello smarrimento di Gesù e del suo ritrovamento nel tempio, fra i dottori della Legge, vi è una sorta di edificazione reciproca fra i genitori e il figlio: Maria e Giuseppe lo rimproverano perché "tuo padre ed io angosciati, ti cercavamo" e Gesù, pur comprendendo le loro apprensioni e pur considerando la premura e le attenzioni di un papà e di una mamma ansiosi per il proprio bambino, li richiama all'attenzione sulle cose più eminenti della sua missione. Ricorda loro il primato che egli deve concedere in ogni caso al Padre suo: "Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?"

I Padri della Chiesa e i pastori di ogni tempo, specialmente poi i vescovi e i sacerdoti del nostro tempo così tormentato a proposito della famiglia, non si sono mai stancati di insistere sull'esemplarità di Gesù, Giuseppe e Maria intorno all'ideale della vera famiglia, indicando la Santa Famiglia di Nazareth come il modello nonché il monito per ogni famiglia terrena. Il recente Sinodo dei Vescovi 2014 ha riproposto tale modello come incoraggiamento per tutte le famiglie e si è premurato di sottolineare con immensa gratitudine che di fatto vi sono tante famiglie testimoni di coerenza cristiana e di eroismo evangelico, che si sforzano di riflettere nel loro ambito la Santa Famiglia di Nazareth con edificanti e proficui risultati, e ad esse, che non di rado passano inosservate, non possiamo che rivolgere la nostra riconoscenza. Attraverso la loro testimonianza si concretizza la verità insegnataci da papa Francesco che la fede non è prospettiva di fuga o di rifugio, ma una grande risorsa per la testimonianza dell'amore edificante anche nella molteplicità delle lotte e delle difficoltà. Sempre il Sinodo dello scorso Ottobre, ribadendo la bellezza e la convenienza del matrimonio sacramento indissolubile sancito da Cristo, propone la Santa Famiglia quale oggetto di ammirazione perché esempio di costanza e di perseveranza nell'unione sponsale: nonostante le molteplici peripezie, le varie prove, le vicissitudini contrastanti, Gesù, Giuseppe e Maria, laddove avrebbero anche potuto facilmente vacillare e venir meno alla fedeltà e all'amore reciproco, hanno sempre mantenuto intatta la gioia dell'unione e della solidarietà fra di loro e con tutti gli altri, qualificandosi così come prima "chiesa domestica". Non si possono tuttavia non considerare le odierne difficoltà a cui la famiglia è esposta, non ultimo il fenomeno della secolarizzazione e della carenza della fede, relegata ai "ripostigli" del vissuto quotidiano familiare e una sorta di diffusa indifferenza verso i valori per cui moltissime famiglie si disfano anche sul nascere. La crisi economica, la cultura della frivolezza, della banalizzazione del sacro e altri espedienti di disvalore che tolgono spazio alla riflessione, incidono negativamente sulla famiglia e ci sono di sprone a che tutti quanti non ci lasciamo sviare da vane dottrine per scegliere esclusivamente Cristo. Tuttavia esse ci invitano anche a guardare con amore e con attenzione alle problematiche vigenti di ogni singola famiglia, alle incomprensioni fra genitori e figli o fra i coniugi fra di loro, agli estenuanti sacrifici che ledono e consumano la convivenza familiare. Come pure ci invitano ad interpretare con lo sguardo dell'amore e della comprensione le nuove realtà della convivenza, dei divorzi e delle unioni di fatto sempre più numerose e dilaganti, senza apporvi pregiudizi o condanne fondamentali di alcun genere, ma osservando tali fenomeni con sincera obiettività e comprensione.

Certamente non possiamo oggettivamente approvare il ricorso alla convivenza o alle unioni di fatto, né tantomeno è possibile concepire le nuove nozze dopo un matrimonio Sacramento: qualsiasi vincolo di unione al di fuori del matrimonio canonicamente inteso è lesivo alla volontà di Dio e per ciò stesso nuoce anche agli stessi membri della famiglia, ivi compresi i figli; tali situazioni ci costringono alle esclusioni dalla vita sacramentaria soprattutto dall'Eucarestia, poiché comportano agli effetti relazioni sessuali non ammesse. Tuttavia non si può non considerare lo stato di difficoltà in cui si vengono a trovare tanti coniugi nel corso della loro vita sponsale, quali l'incompatibilità di carattere inaspettata, gli improvvisi eccessi del coniuge ubriaco e violento, le difficoltà di intesa a volte su argomenti banali e insignificanti che si trasformano in episodi di lite e di avversione.

Se da una parte non possiamo accettare il fenomeno della convivenza e delle nuove nozze, dall'altra non possiamo certo mancare di considerazione nei riguardi del coniuge che, in seguito alla separazione dal proprio coniuge, si trova a dover gestire l'atrocissimo morbo della solitudine e del confronto con gli altri. E' comprensibile che l'improvvisa assenza di affetti sponsali, la sensazione di ritrovarsi privi di amore e di attenzione, la privazione a cui si è costretti in campo sessuale e matrimoniale, possano indurre a colmare tali lacune procurandosi altri affetti nella convivenza o nelle seconde nozze. Se da una parte siamo costretti ad escludere dall'Eucarestia coloro che si trovano in perenni relazioni extraconiugali, non possiamo fare a meno di capire la sofferenza e il disagio che provano tantissimi divorziati e conviventi nel dover rinunciare al conforto spirituale dei Sacramenti: parecchi fra i divorziati risposati si dimostrano spesso molto più sensibili delle persone coniugate, mostrando a volte una fede maggiore rispetto alle persone "coniugate".

Ancora più eloquente è il problema delle mamme o dei papà separati dal proprio coniuge che ora sono costretti a vedere di rado i propri bambini, mentre questi subiscono lo choc della divisione dei loro genitori. Proprio mentre stiamo scrivendo, abbiamo accanto una pagina di quotidiano che ci informa che una donna, da tempo separata dal marito, ha ucciso il proprio figlioletto di 13 anni con nove coltellate notando che questi prediligeva più la compagnia del papà che quella della mamma. Il ragazzo avrebbe dovuto trascorrere il Natale con la mamma, ma preferiva stare con papà, e questo ha scatenato la gelosia infanticida della donna.

E' quindi quanto mai urgente che si insista sul valore del matrimonio come scelta premeditata e intrapresa con serietà e senza rimpianti, il che vuol dire con attenta valutazione previa del proprio coniuge, occorre riproporre l'esperienza della famiglia di Nazareth affinché le coppie nubendi intraprendano una scelta decissa e corente e perché l'amore fra i coniugi sia davvero dutaturo e fondato, capace di superare ogni sfida e ogni minaccia all'unità. Occorre insistere, sempre con la famiglia di Nazareth sulla ragionevolezza e sull'obiettività, sulla forza di carattere che deve essere prerogativa di tutti i coniugi.

Occorre anche che tutta la Chiesa, ferma restando l'illiceità oggettiva dei Sacramenti alle coppie fuori al Matrimonio canonico, in un modo o nell'altro si adoperi con concreti atti di attenzione verso le coppie in crisi e verso i coniugi stremati dal dolore e dall'insofferenza. La famiglia di Nazareth oltre che essere oggetto di attenzione nonché ideale di tutte le famiglie intercede essa stessa per tutti i coniugi, per i figli, per i nonni e per quanti hanno parte nel vissuto familiare, perché si realizzi un sano criterio di vita e di interazione all'interno dei singoli nuclei all'insegna di Gesù Figlio di Dio che è venuto a vivere nel nostro quotidiano e ad immedesimarsi nei nostri problemi e nell'intercessione di Maria Madre di Dio e nostra sollecita sostenitrice come pure di Giuseppe, la cui costanza nella lotta e nel sacrificio è illuminante per tutti.

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta (Santa Famiglia solidale e attenta)

 

Rovina, risurrezione, contraddizione

Portarono il bambino a Gerusalemme, per of­frirlo al Signore. Il figlio è dato ai genitori e subito è da loro offerto ad un sogno più grande, intrecciato da su­bito alla sorte di Dio e della città dell?uomo. Per dire che i figli non sono nostri, stanno ad una profondità abissale che non raggiungeremo mai, appartengono alla loro voca­zione. Devono realizzare non i nostri desideri, ma il desi­derio di Dio. Questa è la pri­ma santità della famiglia: san­tità è quando nella mia casa mi sento amato e sono capa­ce di amare, dimorando den­tro un amore più grande del­la mia casa, quello di Dio. Al­lora la vita fiorisce in tutta la sua misteriosa densità e bel­lezza.

Nel tempio il bimbo passa dalle braccia di Maria a quel­le di Simeone, in un gesto ca­rico di fiducia. Simbolo gran­de, invito forte a prendere fra le proprie braccia, con fidu­cia, la misteriosa presenza di Dio, che si incarna, che abi­ta, che si offre nel volto, nei gesti, nello sguardo di ognu­no dei miei cari. Fra le mie braccia, come il santo Si­meone, io stringo, stringen­do te, la Divina Presenza. Io abbraccio, abbracciando te, le impronte delle dita di Dio su di te. Sfiorando con lo sguardo o la carezza, o ascol­tando ogni mio familiare, po­trò pregare con la gioia di Si­meone: «i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Potrò dire ad ognuno dei miei: tu sei salvezza che mi cammina a fianco.

Simeone dice tre parole im­mense: egli è qui per la rovi­na e la risurrezione di molti, segno di contraddizione. Ro­vina, risurrezione, contrad­dizione. Tre parole che dan­no respiro alla vita.

Vale per me oggi la sua pro­fezia: Sii per me rovina e ri­surrezione, Signore. Non la­sciarmi mai nell?indifferen­za, Cristo mia dolce rovina ( Turoldo) che rovini il mio mondo di maschere e bugie, che rovini la vita illusa.

Contraddicimi, Signore: con­traddici i miei pensieri con i tuoi pensieri, questa mia a­mata mediocrità, le sicurez­ze del Narciso che è in me, l?immagine falsa che ho di te. Sii mia risurrezione, quando sento che non ce la faccio, quando ho il vuoto dentro e il buio davanti; dopo il falli­mento facile, la fedeltà man­cata, l?umiliazione bruciante risorgi con le cose che ama­vo e credevo finite.

Anche a te una spada, Maria: non sei esente dal dolore. La fede non produce l?anestesia del vivere. Ma non lascia mai affondare nella banalità. E se la spada sarà contraddizione e sembrerà rovina, verrà co­munque, nel terzo giorno, la terza parola di Simeone: egli è risurrezione.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Liturgia e Liturgia della Parola della Festa della Santa Famiglia (Anno B) domenica 28 dicembre 2014