L'arcivescovo Morosini ai 400 giovani del Sinodo a Melito: sarò al vostro fianco per chiedere alle Autorità di rispondere alle vostre domande, ma assieme dobbiamo scommettere sul nostro futuro

News del 12/07/2014 Torna all'elenco delle news

«La Speranza che oltre un numero di telefono e un profilo sui social network ci fosse un giovane con la mia stessa voglia di Cambiare la nostra realtà». Così i giovani hanno aperto la Seconda Assemblea Pre-Sinodale del “Sinodo dei Giovani” indetto dalla Diocesi di Reggio Calabria – Bova, celebrata con 400 giovani; una liturgia laica che ha affrontato i temi della partecipazione e della cittadinanza attiva partendo proprio dal coinvolgimento dei ragazzi nella fase di analisi, studio e proposta antecedente a questo incontro tenutosi nel cortile del Santuario di Santa Maria di Porto Salvo di Melito; un momento di confronto che ha registrato un alto dinamismo dei presenti nell’interrogare gli ospiti che erano il prof. Attilio Gorassini, ordinario di Diritto Privato dell’Università Mediterranea, il dott. Lucio Dattola, presidente della Camera di Commercio, il dott. Roberto Di Palma, sostituto procuratore alla DDA.

Ad aprire i lavori, dopo la preghiera iniziale, è stato Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo metropolita della Diocesi di Reggio Calabria – Bova. «Noi andiamo avanti con coraggio; - ha affermato Padre Giuseppe ringraziando i membri di presidenza e segreteria del Sinodo - c’è davanti a noi un cammino difficile da percorrere, ma non perdiamo la speranza. Io sarò al vostro fianco per chiedere alle Autorità di rispondere alle vostre domande, ma assieme – ha incalzato la platea il presule - dobbiamo scommettere sul nostro futuro».

Dopo i saluti iniziali di don Benvenuto Malara, vicario zonale di Melito, e Giusy Tripodi, responsabile zonale della pastorale giovanile, i lavori sono stati introdotti dalla sintesi delle attività di tutti i giovani della diocesi, presentata da Gabriella Sgrò: si è parlato di tutela dei diritti e rispetto delle deleghe, di “vocazioni professionali”, di bene comune, di impegno. Si è presentato un quadro sinottico di paure e delusioni rispetto alla società attuale, ma si è anche rilanciato con proposte concrete volte all’interazione tra Università e mondo del lavoro, puntando l’attenzione sulle piccole e medie imprese artigianali e autoctone, sulla fruizione di tutti gli strumenti di partecipazione democratica.

La parola, moderata da Angela Araniti, è poi passata ai relatori; ad aprire la discussione è stato Attilio Gorassini, interrogato sul valore sociale dell’ambiente universitario, il Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Economiche ha affermato che «dovremmo instillare nuovamente l’abitudine al discernimento: dovremmo fare un passaggio radicale da “sopravvivenza” ed “esistenza”. L’Università non può essere concepito come il luogo esclusivo dell’apprendimento di una tecnica con lo scopo univoco di “trovare un posto di lavoro”. L’Università – ha risposto il docente - deve essere uno spazio formativo per la persona, per la sua cultura, per le sue relazioni sociali e lo fa attraverso tutte quelle attività “altre” rispetto a quelle meramente accademiche, dove purtroppo si registra uno scarso coinvolgimento dei giovani ».

Dall’Università al Lavoro, un passaggio che spesso per i giovani del nostro territorio è tutt’altro che semplice e li costringe ad andare altrove a “trovare fortuna”. Lucio Dattola, anche membro di Unioncamere nazionale, ha provato a spiegare l’attuale situazione, riferendo che «stiamo pagando un prezzo altissimo e mortificante: la nostra economia è stata “drogata” dalla politica e manca, invece, la cultura di impresa; dal 2008 stiamo registrando, purtroppo, un crollo delle attività commerciali e la nostra è la provincia più povera d’Europa. Eppure – ha proseguito Dattola - ci sono campi in cui potremmo dire la nostra da protagonisti: agroalimentare, turismo, servizi. Giovani, dobbiamo fare rete per proteggere le nostre ricchezze: non dobbiamo avere paura di rischiare».

Certo la legalità e la trasparenza, spesso appaiono come valori assoluti, ma troppo distanti dalla realtà. Roberto Di Palma, che opera nella Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha parlato in modo diretto ai giovani presenti: «siamo chiari: la strada “alternativa” da noi assume un nome ben definito, si chiama ‘ndrangheta. Eppure chi punta tutto sulla ‘ndrangheta per il suo futuro diviene un “vuoto a perdere”: sarà utilizzato e poi buttato via. In un intercettazione di un boss abbiamo sentito questa frase: “se le persone si ribellano al nostro sistema, noi siamo rovinati”.

Dunque è possibile sovvertire questa situazione di oppressione della criminalità criminalizzata; - ha sottolineato il sostituto procuratore - la ‘ndrangheta è un holding di servizi: rispetto all’ordine e la sicurezza pubblica, rispetto all’avviamento al lavoro, rispetto al clientelismo che è substrato sociale della quotidianità. Eppure chiedendo un “favore” ad un mafioso si firma una cambiale che prima o poi si dovrà pagare a carissimo prezzo».

Tantissime le domande e le testimonianze dai territori emerse nel dibattito conclusivo: la Seconda Assemblea Pre-Sinodale ha avviato un percorso di confronto interessante e proficuo che ha lasciato una traccia nelle attività di tutte le parrocchie e le associazioni cattoliche della Diocesi.