Vicende costruttive della Cattedrale reggina

Luogo simbolo della storia della città, è stata nei secoli più volte riparata o interamente rifatta.


Frammentarie sono le notizie inerenti le vicende costruttive della cattedrale reggina nei secoli tra il IV ed il XIV.

Reggio, bizantina fin dal sec. VI, divenuta sede del Duca di Calabria e sede metropolitana, ebbe una cattedrale corrispondente alla sua importanza politica ed alla dignità del suo arcivescovo.

La prima struttura edilizia venne distrutta dai Saraceni intorno alla metà del secolo XI, ma nell'arco di un decennio venne «rifatta alla greca» in seguito alla conquista bizantina.

In seguito all'occupazione normanna, avvenuta nel 1060, la metropolitana reggina venne restituita alla giurisdizione del pontefice romano e, lasciata ai greci la vecchia struttura che venne eretta a Collegiata, tuttora esistente col titolo di  S. Maria della Cattolica, dedicata alla S.M.V. Assunta, venne costruita la cattedrale latina in un luogo eminente della città, probabilmente nell'ultimo ventennio del XI secolo.

Riparazioni, aggiunte, rifacimenti si avvicendarono nel tempo per ovviare alle avversità della natura (terremoti) e dell'uomo (guerre, incursioni), per opera degli arcivescovi succedutisi alla cattedra di S. Stefano da Nicea.

L'edificio di costruzione normanna venne certamente riparato e abbellito nel corso dei secoli XII e XIV, ma non si dispone di notizie certe per la distruzione dei documenti conservati nell'archivio dell'arcivescovado per l'incendio appiccato dai Turchi nel 1574.

Tuttavia dalle antiche cronache si rileva che sotto l'arcivescovo Guglielmo Logoteta (1316-1320) venne edificata la cappella di S. Stefano Protomartire, sull'estremità della navata settentrionale, che il De Lorenzo, citando le descrizioni delle visite pastorali, descrive «con uno sfondo pressoché quadrato di circa quattro metri e mezzo di lato, ed aprivasi sulla nave della crociera, vicino al vecchio altare della Risurrezione».

In essa, oltre ad una statua lignea, era situato il sacello del Protomartire che, successivamente, come descritto dal Nava, «"...ad ianuae sinistram olim erat: quum autem haec in novam redigenda formam et cesellato marmore abducenda esset, Protomartiyris sacellum extra eam, et ad eiusdem ianuae sinistram in Cathedralis cruce prope altare S. Stephani primi nostri Antistitis traslatum fuit», nel corso delle ristrutturazioni operate nei secoli successivi, venne compreso nella nuova cappella del Sacramento.

Nel corso del XIV secolo venne edificata un'altra cappella per desiderio di Alfonso, duca di Calabria, figlio di Ferdinando d'Aragona, dedicata a S.Maria del Popolo, come riferisce lo storico Spagnolio: «sacellum Dei Genitrici dicatum in Cathedrali aliaque plura fieri iussit».

In essa si venerava una statua in legno dorato, raffigurante una Madonna con Bambino, oggetto di particolare venerazione in occasione delle feste dell'Assunta, o feste di mezz'agosto, titolare della cattedrale.

La cappella di patronato municipale divenne la sede di manifestazioni civili solenni e in essa avveniva l'investitura ufficiale ed il giuramento dei sindaci e del governatore del distretto.

Nei primi anni del Quattrocento, l'arcivescovo De Ricci, dopo aver restaurato il corpo anteriore dell'edificio, fece costruire una torre campanaria che venne adornata con statue.

A seguito della distruzione operata dai Turchi nello stesso anno 1574, la cattedrale dovette essere in gran parte ricostruita ed il giorno 31 gennaio 1594 essa venne riconsacrata da mons. Gaspare del Fosso, con la partecipazione dei vescovi suffraganei.

Particolare cura si prestò per i restauri della cappella di S. Maria del Popolo, come ricordato nelle visite di mons. D'Afflitto, che ricordano «ch'era messa riccamente a scolture dorate: che particolarmente l'arco e i piedritti, che davano sulla crociera, erano in pietra dolce, donde rilevavano le statuine delle sante vergini Cecilia, Barbara, Caterina d'Alessandria, Lucia, Flavia, Agata, Cristina, Apollonia, Prassede, Dorotea, Orsola e Marta ... In cima alla volta della tribuna era dipinto Dio Padre e l'Annunziata, sotto della quale pittura stavano l'arma reale di Spagna e lo stemma della città».

Mons. Del Fosso completò la cappella della SS.Trinità fatta edificare da mons. Agostino Gonzaga che misurava circa undici metri di lunghezza e nove di larghezza, sul lato della crociera opposto a quello della cappella di S. Stefano protomartire, venerandosi in essa un quadro «in tavola» con rappresentava in alto la «sacra Triade» e, in basso, una Vergine con Bambino in braccio tra S. Paolo, S. Girolamo ed altri santi, già in cattive condizioni nell'Ottocento ed oggi perduto.

Presso tale cappella lo stesso arcivescovo aveva fatto costruire il suo cenotafio, sopravvissuto alle distruzioni successive, costituendo con la sua collocazione nell'attuale cattedrale, la memoria più antica.

Il due settembre dello stesso anno veniva nuovamente distrutta dai Turchi che violarono il sepolcro dell'arcivescovo Dal Fosso, scomparso da alcuni mesi, «spargendone al vento le ceneri».
 
Restaurata da mons. D'Afflitto «con danaro proprio e con i sussidi di tutta la diocesi », essa venne riaperta al culto il 22 dicembre 1599.

Così nelle visite dell'arcivescovo essa ci viene descritta: «Ecclesia ipsa Metrop(olita)na est bene constructa, ( ... ) et sicura tum a foris tum a fenestris, et debitis foris clauditur, et fenestrae bene occlusae detinentur. ( ... ) Est longitudinis a tribuna ubi est collocatum Altare maius usque ad cancellos, seu balagusta Presbyterij usque ad primum fornicem, qui locus dicitur titulus Ecclesiae palm(os) 39, et a dicto fornice usque ad portam maiorem palm(os) 140; latitudinis vero in choro est palm(os) 49. In titulo ab altare 'risurrectionis usque ad sedilia in quibus decantantur Vesperi Gloriosissimae Virginis palm(os) 133. Et tota navis est latitudinis palm(os) 42: et in summo ab altari maiori usque ad portam magnam extant palm(os) 249, et ab una ala ad alteram extanta palm(os) 82: in quo pavimento praeter sepulturas praed(ict)as communes ex tant non nullae peculiares cum lapidibus desuper bene aptatis et ante gradus Presbyterij est sepultura totius cleri».

I lavori di riparazione e di riadattamento del tempio, ridotto in pessime condizioni, vennero iniziati il 20 ottobre del 1665 dall'arcivescovo mons. Creales  e completati sul finire del secolo dall'arcivescovo mons. Martino Ybanez y Villanueva, come è ricordato in una lapide del 1682, un tempo murata sulla facciata dell'antica cattedrale, collocata poi ad opera dell'arcivescovo mons. Enrico Montalbetti all'interno dell'attuale cattedrale in prossimità dell'ingresso.

Da un documento notarile si desume che la cattedrale era stata rovinata nel corso della guerra tra Spagnoli e Francesi e che «ha patito nò solo la coverta ma tutta la fabbrica della Chiesa nò piccolo risentimento» ed inoltre che «li travi maggiori che pesavano sopra li muri d'essa chiesa trovansi fracidi e tarlati e la coverta talmente fracassata che nel tempo della pioggia tutta l'acqua entrava in essa chiesa» con uno stato di precarietà statica tale che «una colonna maestra si sosteneva per mera provvidenza di Dio benedetto».
In un altro documento lo stesso arcivescovo asseriva di aver trovata la cattedrale in cattivo stato e

I lavori di riparazione e di riadattamento del tempio, ridotto in pessime condizioni, vennero iniziati il 20 ottobre del 1665 dall'arcivescovo mons. Creales  e completati sul finire del secolo dall'arcivescovo mons. Martino Ybanez y Villanueva, come è ricordato in una lapide del 1682, un tempo murata sulla facciata dell'antica cattedrale, collocata poi ad opera dell'arcivescovo mons. Enrico Montalbetti all'interno dell'attuale cattedrale in prossimità dell'ingresso.


I lavori di rifacimento non risparmiarono il campanile «che impedisce la prospettiva del Teatro di fuori », e l'arcivescovo chiamò dalla vicina Messina l'ingegnere maggiore Raffaele Margarita, unitamente ai «capi mastri fabbricatori li più antichi e di maggiore fama della loro arte» che congiuntemente decretarono la demolizione dello stesso «per reducersi la chiesa nella semetria».

La grandiosa costruzione, di tipo basilicale, venne sormontata di una cupola sovrastante l'incrocio della navata principale con la navata trasversa, anch'essa allargata. Risalgono a quel periodo le numerose cappelle che furono aperte lungo le navate laterali. L'impianto originale, nonostante le trasformazioni eseguite nei secoli successivi, sarebbe rimasto inalterato sino al terremoto del 1783.

L'opera di mons. Ybanez che, come si rileva dal testo della lapide, interveniva su una chiesa «vetustate pene collapsam et deformatam», completava il precedente disegno avviato da mons. D'Afflitto. L'arcivescovo seguì direttamente i lavori di riparazione e abbellimento, curando il rivestimento con marmi e decorazioni e la nuova pavimentazione per la cui realizzazione ideò macchinari per agevolare i lavori di taglio e di posa.

Venne completata quindi la sagrestia, dotata di «sacri arredi» e di «dodici quadretti di paesaggio» e di «altra raccolta di quadri di genere religioso », dei quali oggi resta, nell'attuale ufficio parrocchiale, quello che raffigura S. Giovanni di Matha e S. Felice di Valois, santi ai quali l'arcivescovo Ybanez era devoto, in quanto fondatori dell'ordine dei Mercedari, al quale lo stesso apparteneva.

Furono anche rifatte le quattro porte del prospetto principale e si cambiò il sito di quella laterale, sul lato settentrionale, nel quadro di una riorganizzazione delle cappelle laterali, costruendosi inoltre, sulla porta maggiore, una «nuova orchestra», dove venne collocato l'organo che prima era situato presso la tribuna del suggesto.

Mons. Ybanez fece poi dotare la torre campanaria di un orologio pubblico, collegato a due campane per il suono delle ore, e fece rifondere due delle altre sei campane collocate sulla struttura.

Di una di esse, la campana del Capitolo, posta «nell'arcoboreale», ci resta una descrizione, fatta dallo storico De Lorenzo nell'Ottocento, essendo la stessa l'unica superstite ai guasti del terremoto del 1783. Eseguita da Giacinto Lo Gullo e da Bertuccello Paci, venne fusa nel 1689. Oltre alla firma degli esecutori, essa recava «uno de' soliti scongiuri contro le commozioni atmosferiche -Christus pro nobis state. Ab omni malo libera nos Domine-» e, su un altro lato, la figura a mezzo busto di una Madonna con Bambino, oltre alla croce dell'ordine dei Trinitari, motivo quest'ultimo ripetuto anche nello sfondo della cupola, in cui campeggiava sul petto di un'aquila.

Dell'interno della cattedrale ci resta una descrizione, riportata nella relazione della visita di mons. Ybanez, recentemente pubblicata dall'Occhiato: <>.

L'aspetto esterno della cattedrale, come appariva tra il Seicento ed il Settecento è testimoniato da alcune rappresentazioni iconografiche.

QOuella del Pacichelli, del 1693, mostra l'edificio nel contesto cittadino, con a lato la sede arcivescovile.

Un particolare di una stampa del padre domenicano Antonio Minasi, del 1773-76, ci mostra la facciata arricchita da statue e l'elevata torre campanaria che domina la parte meridionale della città.

L'Ughelli, nel 1721 , descriveva la cattedrale come «Metropolis Basilica titulo Deiparae Virginis Assumptae nobilis, & vetustae structurae in medio civitatis aedificata».

Danneggiata notevolmente da un funesto incendio essa venne nuovamente consacrata il 22 ottobre dell'anno 1741 da mons. Damiano Polou che in tale occasione la ristrutturò radicalmente.

Tale avvenimento venne ricordato attraverso la collocazione di una lapide, che così si esprimeva:


QUOD AB ILL. RHEGINEN ARCHIEPISCOPO GASPARE DE FOSSO
EXSOLUTO ANNO MDLXXX DIE XXI IANUARII SACRO FUIT
INUNCTUM CRISMATE. METROPOLITANUM HOC TEMPLUM
NOVO NUNC SUBSTRUCTIONUM ORNAMENTORUMQUE ADDI
MENTO ARAQUE PRINCIPE CONSACRATA SACRISQUE SS. MAR
TYRUM CLEMENTIS BENEDICTI ET SEVERINI L1PSANIS CON
VESTITA ILL. RHEGINENSIS ARCHIPRAESUL D. DAMIANUS
POLOU CONGEMINATO AD DEI GLORIAM ET INTEMERATAE
VIRGINIS IN COELUM ASSUMPTAE TRIUMPHO FAUSTISQUE
POPULORUM ACCLAMANTIBUS SOLEMNI RITU RECENS L1TA
VIT DIE XXII OCTOBRIS REPARATAE SALUTIS ANNO MDCCXLI


Tra il 1758 ed il 1760, sotto l'arcivescovo mons. Domenico Zicari, si provvide all'ampliamento delle sagrestie della cattedrale «per le quali in porzione gli fu concessa dal Re Cattolico la strada che scendeva allora dal Regio Castello tra la chiesa e il palazzo arcivescovile, e in porzione fu provveduto con l'acquisto del fondo del parroco di S. Sebastiano, D. Gaetano Miano, che si allargava dietro la cattedrale e l'episcopio».

Ma la testimonianza storica più preziosa è quella contenuta nella Platea dei Beni della Mensa Arcivescovile di Reggio, redatta da Tobia Barilla nel 1772, che presenta la descrizione dell'esterno, che aveva un ampio portico a volta in cui «erano scavati i pubblici ipogei o sepolcri» cui si accedeva per mezzo di una ampia scalinata, quattro porte, due maggiori e due minori, essendo una quinta occlusa dopo la costruzione della torre campanaria, racchiuse da «un bel colonnato di colonne di travertino grigio» che sorreggeva il frontespizio all'interno del quale, in una nicchia era situata una statua della Madonna dell'Assunta, e sul quale ai lati di una croce in pietra vi erano le statue di S. Paolo e di S. Stefano da Nicea. Nel documento vi è anche la descrizione dell'interno dell'antica cattedrale che si riporta.

“ ... La Chiesa Cattedrale di Reggio è situata alla parte orientale della città appiè al Regio Castello, distante canne centotrenta dal lido del mare. Detta chiesa è di lunghezza canne trentacinque e palmi quattro, di larghezza canne diciassette.

Il frontespizio della medesima col campanile guarda l'Occidente. Vi sono nel detto frontespizio le due porte maggiori. Nella sommità vi è la statua di San Paolo e sotto l'iscrizione: Devenimus Regium.

Dà lati vi sono le altre porte. Dalla parte settentrionale vi è la pubblica strada che conduce al Regio Castello, e contiguo a detta strada vi è il Seminario dè Chierici fondato dall'Arcivescovo Gaspare del Fosso dopo il suo ritorno dal Concilio di Trento ...

La detta chiesa è divisa in tre navi, due minori laterali, ed una maggiore in mezzo col suo pavimento di marmo fatto a declivio in tre ordini o piani, uno inferiore all'altro.


Nello entrare dalla porta maggiore a man destra vi è nella nave laterale dalla parte di mezzodì nel primo piano l'altare o Cappella della Resurrezione di Nostro Signore; la Cappella di S. Giuseppe patronata della famiglia Piconiero; siegue la porta; la Cappella del SS. Crocefisso patronata della famiglia Cama del Capitan Silvestro; e la Sagrestia.

Nell'altra nave laterale allo entrar dalla porta a man sinistra vi è la Cappella di San Sebastiano che è parrocchiale, per essersi in essa trasferita l'antica parrocchia che era nel piano di detta Chiesa; siegue la Cappella del Patrocinio di Maria; la Cappella di S. Maria del Bosco; la Cappella di S. Antonio di Padova, patronata della famiglia Mari Logoteta, nella quale vi è il sepolcro della famiglia Barilla colle armi della medesima; la Cappella di S. Anna patronata dalla famiglia Foti, nella quale si conserva il corpo di S. Giovanni martire: siegue la porta; la Cappella di S. Nicola patronata dalla famiglia Filocamo; la Cappella di S. Giovanni Evangelista patronata dalla famiglia Sacco.

Nella nave maggiore di mezzo vi è al quarto pilastro a man destra il pulpito; ed incontro a man sinistra vi è il solio dell'Arcivescovo per udire le prediche. Più sopra al pilastro seguente nel secondo piano vi è il solio della città, o Magistrato o Governadore, con tre gradini di numero.
A man sinistra del detto secondo piano della croce vi è la cappella di S. Giovanni de Matha eretta da Monsignor Martino Ibanez, ed il sepolcro del medesimo che mori il 1695, patronata dal R.mo Capitolo.

A man sinistra vi è la Cappella di S. Stefano Niceno, primo arcivescovo, patronata della famiglia Galante. Dalla parte di oriente dello stesso secondo piano prima di salire al coro vi è a destra del muro un avello di marmo, e sopra giace la statua del fu Arcivescovo Mons. Matteo di Gennaro, che cessò di vivere il 1663; e dalla parte opposta, o sia di occidente vi è il sepolcro di Mons. arcivescovo Polou che visse sino all'anno 1756.
A sinistra vi è un altro consimile avello sopra cui giace la statua di Monsignor Annibale d'Afflitto morto il 1640. Incontro a detto avello nella parte di occidente vi è il sepolcro di Monsignor Arcivescovo Domenico Zicari, successore di Mons. Polou, che morì il 1760.

Nel terzo piano vi è in fondo della nave maggiore il Coro e l'altare di S. Maria dell'Assunta titolare della chiesa col sepolcro di Mons. Gaspare Creales. Vi sono li sedili a tre ordini per lo Clero e Capitolo, e il solio dell'Arcivescovo con quattro gradini.

In fondo della nave laterale dalla parte di mezzodì, o sia a destra del Coro vi è la Cappella di S. Maria del Popolo, e da lato siegue la Cappella grande della SS. Trinità, dentro la quale radunasi il Capitolo e il Clero per le Conclusioni capitolari, fondata dall'Arcivescovo Fra Gaspare del Fosso, successore di Mons. Gonzaga, eletto il 1559; e dalla parte di occidente, l'altare o Cappella di S. Maria Maddalena, patronata della Famiglia Diano-Parisio, ed incontro a detta cappella dalla parte di Oriente un'avello di marmo e di sopra alzata la statua a mezzo busto del detto Arcivescovo Del Fosso dell'ordine dè Minori, che morì il 1592, di anni novantasei, con aver governata la chiesa anni trentatrè.

In fondo dell'altra nave laterale di borea a sinistra del coro nel detto terzo piano vi è la Cappella del SS. Sacramento, che è Confraternita laicale governata dà laici con Real assenso, ed è tutta vestita di fini marmi lavorati a musaico coll'altare anche di marmo.

E da lato a detta Cappella a man sinistra vi è la Cappella di S. Stefano protomartire juspatronata dalla famiglia Logoteta fondata dal fu Arcivescovo di Reggio Guglielmo di tal famiglia che in detta cappella fu sepolto l'anno 1521".

Squassata dai terremoti del 1783, la Cattedrale venne in più parti rovinata dalle conseguenze del sisma rendendosi necessaria come prima misura la demolizione della facciata. La perizia redatta dall'ing. G.B. Mori, che sovrintendeva alla ricostruzione della città, sembrò eccessiva per la notevole spesa che doveva essere impegnata, tanto che si dovette ridimensionare il primitivo progetto.

Nel 1790 si finirono di diroccare le strutture pericolanti e successivamente iniziarono i lavori di ricostruzione diretti dallo stesso ing. Mori con l'assistenza del cantore abate Fabrizio Plutino e del canonico Domenico Giuseppe Barilla.

Ad ispirare ed a promuovere la ricostruzione fu l'arcivescovo frate Alberto Maria Capobianco, che continuò a seguire i lavori di ricostruzione da Napoli, città nella quale dovette trasferirsi essendo stato prescelto dal Sovrano come Cappellano Maggiore.

Il 10 settembre 1796, in occasione delle feste mariane di settembre, Mons. Tommasini, vescovo di Oppido, che aveva destinato tutti i proventi e le rendite della mensa arcivescovile per i lavori, inaugurava la nuova cattedrale ormai interamente definita nella struttura.

Il nuovo edificio, pur mantenendo l'allineamento del preesistente rimaneva sopraelevato rispetto al piano della antistante piazza, per cui venne realizzata un'ampia scalinata, che raccordava la nuova piazza di forma trapezoidale al piano della cattedrale.

L'impianto planimetrico della cattedrale ricostruita ripeteva in larga parte quello dell'edificio precedente con la evidente novità della creazione di una nuova cappella dedicata all'apostolo Paolo nello spazio un tempo occupato dalle tre cappelle di S. Maria del Popolo, di S. Maria Maddalena e della SS. Trinità.

I lavori per il completamento delle decorazioni interne e delle altre opere, ripresero nei primi anni dell'Ottocento. Nel 1804 si completavano le rifiniture e gli ornamenti con marmi e stucchi, si definiva la facciata principale in stile neoclassico, inaugurata solennemente dall'arcivescovo Bernardo Maria Cenicola.
A ricordare l'avvenimento venne apposta la seguente epigrafe:

TEMPLUM
B. MARIAE VIRGINI IN COELUM ASSUMPTAE SACRUM
QUOD ANNO SUPERIORIS SAECULI MDCCLXXXIII TERRAE CONCUSSIONIBUS
SOLO FUERAT AEQUATUM
QUODQUE POSTEA LAXIUS ET MAGNIFICENTIUS AB INCOHATO EST EXCITATUM
FR. BERNARDUS MARIA COENICOLA ARCHIEPISCOPUS RHEGINUS
NOVIS ACCESSIONIBUS
PLASTICO OPERE MARMORIBUS CETEROQUE CULTU ORNANDUM
ET IN ELEGANTIOREM HANC FORMAM PREDIGENDUM CURAVIT
ANNO DOMINI MDCCCIIII PONTIFICATUS SUI VII.

Dopo una lunga stasi dovuta alle vicende politiche del periodo di dominazione francese, i lavori di completamento venivano ripresi nel 1820, per impulso dato dall'arcivescovo mons. Alessandro Tommasini, già particolarmente attivo durante la prima fase della ricostruzione nella sua qualità di prevosto dell'Assunta.
 
Il presule curò la realizzazione dell'altare maggiore decorato con marmi policromi di Taormina e verde di Gimigliano; fece inoltre restaurare la Cappella del SS. Sacramento ed adornare la nuova Cappella di S. Paolo; affidò ad artisti locali il compito di affrescare il soffitto della Cappella del Sacro Cuore e fece eseguire ad orafi napoletani un fonte battesimale in metallo argentato e dorato.

Gli arcivescovi successivi provvidero a dotare la Cattedrale di preziosi arredi e strutture. Tra questi mons. Leone Ciampa (1829-1835)  che fece costruire un organo collocato in fondo all'abside, e  mons. Pietro Di Benedetto che promosse i lavori di consolidamento per riparare i danni causati dal terremoto del 1841, curando inoltre la ricostruzione della torre campanaria. Tale avvenimento è ricordato in una lapide, collocata oggi nella galleria dell'annesso auditorium di S. Paolo che così si esprime:
D.O.M.
DISIECTA IAM PRIDEM PERANTIOUA TURRI OUAE SACRIS AEDIBUS ADDICTA
IAM INDE A MEDIO FERME SAECULO XV ARCHIEP. ANTONIO DE RICCIS AUCTORE MIRA IN COELUM ALTITUDINE ASSURGEBAT NOVAM HANC AB INTEGRO INSTABILIS PRO SOLI INGENIO HUMILIORI EXTRUENDAM FASTIGIO ARCHIEP. PETRUS DE BENEDICTO
AN. CH. MDCCCXLI PRAESULATUS SUI VI
SUO SUMPTU CURAVIT

Successivamente mons. Mariano Ricciardi (1855-1871) impegnò una notevole somma per ingrandire ed abbellire l'edificio religioso, su progetto dell'architetto napoletano Federico Travaglini, ma le vicende politiche legate all'unità italiana bloccarono l'iniziativa intrapresa.

I lavori di abbellimento e completamento ripresero nel 1881, promossi dall'arcivescovo mons. Francesco Converti (1872-1887). Si provvide ad elevare il piano del presbiterio, avanzato nel transetto, ricostituendo in tal modo i tre livelli che caratterizzavano la precedente cattedrale. Si eseguirono successivamente decorazioni in plastica e stucco per opera del siciliano Paolo Cimino, sotto la direzione dell'ing. Raffaele Melissari che curò anche il disegno per il nuovo pavimento, posato dal maestro Pasquale Romeo. Si dotò inoltre la cattedrale di un nuovo organo polifonico, inaugurato solennemente il 20 febbraio 1887.

Della cattedrale ottocentesca ci resta una descrizione contenuta in una relazione del 1873, redatta in occasione della visita pastorale fatta da mons. Converti nella cattedrale: “ ... La Cattedrale è sita nella parte orientale della Città, lungo la strada principale, alla distanza di 150 canne pari a metri 277,13 dal lido del mare ...
Il Vestibolo è dì 10 palmi, pari a m 2,65 di lunghezza e 150 di larghezza: è circondato da un cancello di ferro. Il frontone è adornato alle porte di fabbrica e pietra. Sulla fascia dell'architrave è la scritta «Circumlegentes devenimus Rhegium". In cima è una croce di ferro, la copertura è a tegole ... In mezzo alla crociera s'erge la cupola ... Il campanile è di forma quadrata piramidale di cinque metri di lato e alto 30 metri ... Sopra la torre, nei vani del secondo scompartimento, difesi da balconi di ferro, sono 4 campane, la più grande delle quali è di 24 cantara e 74 rotuli, pari a circa 14 quintali e porta lo stemma di Mons. Polou e l'anno giubilare 1750; la seconda di 4 quintali ha l'immagine dell'Assunta e l'anno 1689; la terza è del 1762 con lo stemma di Mons. Piccolomini: l'ultima, della Congrega del SS. Sacramento, porta la data del 1841.

arch. Renato G.  Laganà