La sosta di Paolo a Reggio
di mons. Antonino Denisi
Desidero fare una premessa per affermare anzitutto la storicità della sosta di Paolo a Reggio uguale, nella realtà dei fatti, a quelle attestate nel libro degli Atti degli Apostoli per tutte le altre località mediterranee citate nella narrazione, comprese le ultime di Malta, Siracusa e Pozzuoli.
Certo il tempo del soggiorno è diverso: tre mesi a Malta, tre giorni a Siracusa ed un solo giorno a Reggio. Tuttavia il significato, per quanto riguarda la vocazione e missione come Apostolo dei gentili, è identico: Paolo è considerato dalla Chiesa Reggina il Padre della fede per gli abitanti del territorio ed il fondatore della Chiesa a Reggio e nell’intera Calabria.
Potrebbe sembrare sproporzionata questa convinzione col tempo limitato della permanenza dell’Apostolo sulle rive dello Stretto. Ma gli avvenimenti della fede rispondono ad una logica che non è sempre quella razionale e naturale. Paolo ha evangelizzato Malta senza neppure conoscere la lingua del luogo per poter predicare. È accettato che le opere miracolose compiute abbiano costituito l’equivalente della parola.
A Reggio come a Siracusa – città magno greche – c’è la lingua comune a far maturare il kerigma in un inizio di conversione. Nel mondo soprannaturale della fede oltre all’azione dell’uomo c’è quella dello Spirito e della grazia. Se Paolo arriva nelle città di Malta, Siracusa e Reggio questo non avviene solo per volontà dell’uomo o per contingenze atmosferiche. C’è una Provvidenza che guida uomini ed eventi, che gli scrittori cristiani chiamano teologia della storia. Anche questa contiene un messaggio che deve essere compreso ed ascoltato, in una visione più alta e complessiva. Non si può spiegare altrimenti come e perché in duemila anni di storia del cristianesimo la devozione da parte dei cristiani e della gerarchia di queste città abbiano fatto tanto spazio alla venerazione nei confronti di Paolo come generatore di fede e iniziatore di Chiese. Se non perché egli ha deposto un seme che poi è germogliato e si è sviluppato, certamente per opera di altri catechizzatori e ministri che sono subentrati; ma la fiamma della vita cristiana che è poi diventata feconda è stata accesa dal suo amore per Cristo e dal suo zelo apostolico.
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Paolo non si è fermato a Reggio solo per respirare l’aria dello Stretto, farsi raccontare le favole di Scilla e Cariddi ed ascoltare le melodie delle sirene. Gli abitanti di quella che nei secoli sarà chiamata la città della Fata Morgana, hanno colto nella sua predicazione apostolica un saggio della logica soprannaturale della sapienza cristiana e dello zelo dell’evangelizzatore; hanno sentito vibrare la potenza dell’evangelo della Croce; hanno avvertito il profumo e la forza della sua santità e la bellezza della sua scarna eloquenza risplendere nella comune lingua della koinè ellenistica.
Ed è per questo che i discendenti nei secoli dei primi beneficiari di quell’evento misterioso hanno custodito, con gioia entusiasmo e gratitudine, i frutti di quelle ore di grazia. Ma ne hanno pure tramandato la memoria nella devota venerazione al grande apostolo, invocandone la protezione sulla loro Chiesa che, in suo onore, ha eretto edifici di culto e numerosi monumenti artistici. Ma soprattutto, conservando l’ispirazione religiosa ed i valori etico-sociali che animano tuttora la vita ecclesiale e civile delle popolazioni.
Estratto dalla Relazione tenuta al Convegno di studio su "L’ultimo viaggio di Paolo" svoltosi a Pozzuoli dal 17 al 19 febbraio 2011