Omelia di S. E. l'Arcivescovo nella Messa del Crisma del Giovedì Santo 5 aprile 2012
News del 05/04/2012 Torna all'elenco delle news
«Canterò per sempre l’amore del Signore» (Sl.89, 2).
Carissimi fratelli e sorelle, in questa solenne Divina Liturgia, durante la quale vivremo il momento della consacrazione degli Olei santi, é con la gratitudine più viva al Signore della gioia e dell'amore che facciamo soprattutto memoria del nostro Sacerdozio, quel dono incomparabile che Cristo ci ha fatto e che é fonte perenne di grazia per noi, per la nostra Chiesa e per tutti voi.
E questa memoria voglio farla con voi, ma come se, stamattina, mi fermassi a parlare soprattutto ai Sacerdoti; a quei sacerdoti che sono "vostri": per questo, parlando a loro, parlo a ciascuno di voi, a chiunque in mezzo a voi é cosciente della grandezza smisurata del Sacerdozio. Che cosa c’è - mi domando - che cosa c'è sulla terra di più grande di questo dono, di questo mistero del sacerdozio?
Nel sacramento dell’Ordine, che ci è stato dato, é racchiusa tanta potenza di grazia che ciascuno di noi si chiede: "Perché proprio io Signore, quale è il motivo della tua scelta?".
E la risposta di Dio è la stessa del Salmo: «Io ti ho trovato, mio servo, ti ho consacrato con il mio santo olio, la mia mano è il tuo sostegno e il mio braccio è la tua forza» (cfr. Sl.89,21).
Sì, Dio è stato ed è la nostra forza, il nostro perenne sostegno, la Presenza che ci accompagna in ogni momento.
Oggi sentiamo il bisogno di riconoscere tutto questo come dono totalmente gratuito di Colui che - con l'offerta di se stesso fino all'ultima goccia di sangue - ci ha liberati dai nostri peccati e ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre.
Sono da 21 anni in mezzo a voi, carissimi Confratelli, e sono sempre più consapevole della grazia che il Signore mi ha fatto chiamandomi da Caltagirone a Reggio Calabria per essere vostro vescovo, padre e amico.
I molteplici incontri lungo questi anni, l'evento straordinario del Sinodo, le indimenticabili Visite pastorali, i convegni, i tanti momenti in cui mi sono trovato insieme con la gente, ma specialmente con voi, carissimi Sacerdoti, nonostante tutti i limiti miei e vostri, sono esperienze ricche di fraternità e di comunione vera e sincera.
Ho visto con i miei occhi la vostra meravigliosa disponibilità, la generosità di tanti, e soprattutto la vostra capacità di rimanere sereni, malgrado a volte le condizioni di vita difficili, di solitudine, di precaria salute, quando non di incomprensione e di interiore sofferenza.
Ho sempre ammirato il vostro spirito di obbedienza al Vescovo e il rispetto e l'accoglienza con cui mi avete incontrato e ascoltato.
Parlandovi da cuore a cuore, oggi sento di dovervi esprimere la mia profonda gratitudine per quello che rappresentate per me e per la Diocesi e per tutto ciò che fate giorno per giorno nel generoso, faticoso e complesso lavoro apostolico.
Con gioia ho constatato l’impegno diocesano anche di tanti sacerdoti religiosi che si trovano quali testimoni di Cristo nelle parrocchie - con compiti e ruoli diversi - ma offrendo sempre un servizio prezioso in spirito di comunione e fraternità.
Mi piace riferirmi ad una celebre espressione di S. Agostino e dirvi anch'io che il mio desiderio è quello di continuare - fino a quando il Signore vorrà - ad essere per voi vescovo e con voi sacerdote: cioé, per voi "servo"; e con voi "unito" in quella nostra partecipazione al sacerdozio di Cristo, iniziata nell'indimenticabile giorno della nostra Ordinazione. Siamo uniti, miei cari Confratelli, da un vincolo strettissimo di grazia, da cui nascono relazioni ricche di fede, ma anche di amicizia e umanità.
Ma oggi vogliamo anche fare nostre le parole di Cristo nella sinagoga di Nazareth, perché - in quanto preti - ci ha resi partecipi di ciò che egli, citando Isaia, dice di se stesso: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore". (Lc.4,18)
La certezza di essere stati "consacrati" con l’unzione dello Spirito e di essere stati "mandati" qualifica la nostra identità e il ministero ordinato.
Dobbiamo guardarci dal rischio di permettere che il nostro Sacerdozio cessi di essere per noi la realtà più importante della nostra vita: una realtà essenziale, da accogliere ogni giorno come fosse il primo, come fosse l'ultimo: una realtà da proteggere ed aiutare a crescere come "elemento unificante" di tutto ciò che facciamo.
Il sacerdozio non deve mai diventare un fatto scontato, o supplementare, rispetto a qualsiasi attività della nostra vita. Il Sacerdozio é la nostra vita!
Ciò richiede un'attenzione e un lavoro costante su noi stessi, sulla nostra situazione interiore, assieme ad una permanente formazione spirituale, pastorale e intellettuale.
Dobbiamo sempre verificare e migliorare la qualità delle nostre omelie, della
catechesi, dell’impegno nell’aiuto efficace alle persone sole, sofferenti e bisognose. Il che esige, naturalmente, che - per riuscire bene e non camminare invano - noi cerchiamo il dialogo e il confronto con gli altri presbiteri, per studiare e approfondire le vie più efficaci per evangelizzare il mondo di oggi.
Ma, tutto questo deve essere saldamente ancorato sulla frontiera decisiva, che é quella di vivere il nostro sacerdozio nella più profonda comunione con Cristo e con la Chiesa. Qui sta il proprium della santità sacerdotale: la piena comunione con Cristo e la Chiesa, che si manifesta nell' unione con il vescovo e i confratelli nell’unico presbiterio diocesano.
Il sacerdote non è solo l’uomo per gli altri; diventa "l'uomo per gli altri", solo se unito a Cristo e alla Chiesa.
Quando all'inizio della Messa diciamo: «La comunione dello Spirito santo sia con
tutti voi», lì c'è il programma di vita del prete. Il prete è "portavoce" e "tramite" di questa divina comunione.
Oggi, carissimi Confratelli, tra gli opposti scenari di una idea che considera il sacerdote come un "funzionario del sacro" e l'altra, oggi tanto in voga, che lo vede come una sorta di "fac--totum" o "un leader carismatico", c'è grazie a Dio la possibilità di una scelta diversa che - senza rinunciare al sacro ed accogliendo anche gli eventuali carismi - si nutre quotidianamente di esperienze di fraternità, di una umiltà nel servizio, di quel "lavarsi i piedi gli uni gli altri", che questa sera
rinnoveremo nella celebrazione della Cena del Signore.
Una scelta, da vivere pienamente, per riscoprire la perenne identità sacerdotale, che affonda le radici nel vissuto degli Apostoli ed é più autenticamente fedele alla radice del sacramento dell'Ordine.
Perché sono certo che, quando i presbiteri si amano, si stimano e si aiutano a vicenda, diventano una testimonianza decisiva e raggiungono anche pastoralmente risultati straordinari.
Il condividere insieme la passione apostolica e la ricerca comune della fraternità è l’arma più potente che esista per evangelizzare il mondo.
Per questo, se un augurio mi é lecito esprimere in questo giorno santo, é che - oltre quelle che già esistono - si avviino davvero tante esperienze concrete di comunione tra preti, che diventino il mezzo più efficace perché il Vangelo raggiunga il cuore della gente.
"Da questo tutti sapranno che siete miei, se vi amerete gli uni gli altri".
Il mondo saprà che "siamo di Cristo" e rivolgerà il suo sguardo a Lui, non se faremo cose singolari o straordinarie, piccole o grandi che siano. No! Saprà che siamo "suoi", solo se constaterà che ci amiamo gli uni gli altri. Il resto - tutto il resto - e il nulla sono la stessa cosa.
Ai cari diaconi, che celebrano con noi presbiteri la memoria della loro Ordinazione e ringraziano il Signore, va la nostra riconoscenza per il loro generoso e costante servizio all'interno di tante nostre comunità parrocchiali e dentro diversi ambiti della pastorale diocesana. Voglia il Signore confermare il loro impegno perché testimonino, anche nella vita della famiglia e del lavoro nel mondo, in cui molti di loro sono inseriti, la gratuità dell’amore di Dio, che li ha scelti, e la forza della fede e della carità che li anima, per il bene della Chiesa e la missione nel mondo, a cui sono inviati.
Ma, voglio, fratelli miei carissimi, in questo clima di Cenacolo, che stiamo vivendo,
richiamare - prima di concludere - qualche altro aspetto della vita sacerdotale.
Anzitutto, il rapporto con il Vescovo. Ogni presbitero sa bene quanto sia essenziale per il suo ministero mantenere e sviluppare un vero dialogo e una costante fraternità spirituale e pastorale con il proprio vescovo.
Allo stesso modo il vescovo è chiamato ad essere padre, fratello ed amico di ogni sacerdote. E vi chiedo di perdonarmi, se qualche volta non vi sarò sembrato così. Ma, é certo che considero l’incontro personale con ciascuno di voi come essenziale per la vostra vita e per la mia.
Ogni sacerdote deve poter accedere sempre ed in ogni momento direttamente al vescovo e non solo per sottoporgli eventuali problemi o richieste, ma anche per incontri informali di amicizia e di fraternità.
Ci sono sicuramente dei momenti, magari delicati, in cui questo si avverte ancora di più. Ma, dovete essere certi che sempre, in ogni momento, il vescovo é felice di accogliervi perché gli apriate il vostro cuore ed egli vi apra il suo.
Un altro aspetto, che oggi voglio ricordare, é quello della pastorale vocazionale. E non solo perché quest'anno ricordiamo il ventesimo dalla riapertura del Seminario Maggiore, ma perché questo dev'essere sempre un problema di coscienza impellente per ognuno di voi. E ciò, non solo per evidenti ragioni legate al numero delle vocazioni e dei futuri presbiteri, ma soprattutto per aprirci al dono di Dio, che continua a chiamare là dove il terreno spirituale è fecondo e la santità dei suoi ministri manifesta la sua potenza nella debolezza.
Le vocazioni segnano la temperatura spirituale delle nostre comunità e ne manifestano il radicamento evangelico; ma segnano anche la nostra comunione
presbiterale e ne testimoniano la sincerità e profondità umana, spirituale, ecclesiale.
È difficile, infatti, che una vocazione al sacerdozio nasca senza un rapporto stretto con un sacerdote, senza contatti personalizzati con i ragazzi e giovani, senza amicizia e paziente accompagnamento spirituale.
Se i giovani sperimentano in noi la gioia e l’entusiasmo di essere ministri di Cristo, la generosità nel servire la Chiesa, l'assenza di interessi personali o di carriera, la prontezza nel farci carico delle situazioni spirituali, umane e familiari della gente, soprattutto dei poveri, dei malati e dei sofferenti, saranno spinti a chiedersi se non possa essere proprio questa la scelta della loro vita.
E per ultimo, in ordine di tempo, ma non di cuore, in questo clima di comunione e di gioiosa fraternità, rivolgo con voi un affettuoso pensiero ai confratelli malati e
anziani che rappresentano, come in ogni famiglia, una realtà ricca di grazia da usufruire con gioia e solidale amicizia.
Non dimentichiamoci mai di loro e manifestiamo con fatti concreti la nostra
vicinanza, andandoli a trovare e offrendo loro segni di affetto e di riconoscenza.
Rinnoviamo, infine, con gioia il nostro sì al Signore e alla Chiesa.
Le promesse sacerdotali che tra poco rinnoveremo siano l’espressione sincera della nostra gratitudine al Signore per quanto ci ha dato, chiamandoci al divino sacerdozio.
Qui oggi si cementa l’unità grazie al Sacramento, che ci fa una cosa sola in Cristo e nella Chiesa.
A te, Maria, che il nostro popolo venera come Madonna della Consolazione, tenera madre di ogni sacerdote, affidiamo l’impegno di crescere nella fede e nell'amore verso il tuo Figlio, in piena comunione - presbiteri e vescovo di questa Chiesa di Reggio Calabria-Bova - uniti a quanti, nel mondo intero, donano se stessi in quella missione universale di salvezza, alla quale il nostro Sacerdozio é ordinato e che con "timore e tremore" celebriamo ogni volta che - nella divina Eucaristia - con te offriamo al Padre l'unico divino sacrificio del Cristo Morto e Risorto. Amen.
Omelia dell'arcivescovo Vittorio L. Mondello
Omelia della Messa del Crisma 2012