7 aprile 2012: Sabato Santo, il giorno della grande attesa

News del 04/04/2012 Torna all'elenco delle news

Il Sabato Santo è il giorno del grande silenzio. Il giorno dello smarrimento o, forse meglio, la Vigilia della nuova nostra creazione, dopo il peccato originale, che la Chiesa vive, tacendo ed aspettando.

A noi non rimane che contemplare il silenzio di Maria, Madre di Gesù e nostra: un silenzio che non era certamente come la fine di un sogno, ma l'inizio di una realtà sicura e meravigliosa.

La Chiesa vive questa attesa, che si fa grande evento nella suggestiva Veglia Pasquale.

1. la Veglia inizia a luci spente, come a dirci il buio in cui è immersa l'umanità senza l'Amore di Dio accolto e contraccambiato.

2. Il buio comincia ad essere vinto con la benedizione del fuoco, in fondo alla chiesa, e quindi l'accensione del cero pasquale, come 'LUCE DI CRISTO' che si fa strada tra di noi. Il Cero passa tra la folla, accende le candele e, lentamente, tutto è uno sfavillio di luci, come l'alba di un nuovo giorno.

3. Esplode la gioia con il canto di S. Agostino, l'Exultet, detto ANNUNZIO PASQUALE, che pare contenere la stessa gioia di Dio quando ci creò. È un canto meraviglioso.

4. Seguono le letture del Vecchio Testamento (7) che sono un ripercorrere la nostra storia con Dio, fino al CANTO DELL'ALLELUJA e IL GLORIA, che annunziano a tutti la Resurrezione, sciogliendo dal silenzio le campane, in segno di gioia piena e completa: È PASQUA. 'IL GIORNO DEL SIGNORE'. 
 

Omelia di mons. Antonio Riboldi

Liturgia della Parola della Veglia Pasquale nella Notte Santa: 7 aprile 2012

 
 

Note sull'immagine

La prima sala del Museo Diocesano di Cortona è dedicata a Luca Signorelli e alla sua bottega. Le opere provengono dalla chiesa del Gesù e da altre chiese di Cortona e, fatta eccezione per il Compianto sul Cristo morto del 1502, documentano l’attività tarda dell’artista dal 1512 al 1523, anno della sua morte. I numerosi incarichi ricevuti negli ultimi anni della sua vita, imposero al Signorelli di servirsi in maniera sempre più consistente della bottega che aveva formato a Cortona. E proprio per questo motivo rimane difficile identificare, nelle opere tarde dell’artista, le diverse personalità degli allievi.

Delle dieci opere conservate nel Museo diocesano due sono completamente autografe: il Compianto e la Comunione degli Apostoli che da sole valgono una visita al Museo; le altre tavole vedono l’intervento della bottega mentre l’opera del Signorelli è da ricondurre alla sola progettazione compositiva. Capolavoro assoluto, o per dirla come il Vasari “opera rarissima”, è la grande tempera su tavola, proveniente dalla chiesa di S. Margherita a Cortona, raffigurante il Compianto sul Cristo morto.
Fu commissionata dai Frati Minori Osservanti e da un gruppo di laici che si occupavano del santuario, denominati “Soprastanti alla chiesa”. Era destinata all’altare maggiore e originariamente era completata dalla predella – tutt’oggi visibile sotto la tavola – e da una cornice con pilastrini nei quali erano rappresentati otto santi. Nella seconda metà del XVIII secolo fu rimossa dalla sua originaria collocazione, privata della cornice ed esposta nel coro della Cattedrale.
La scena sembra ispirarsi alle sacre rappresentazioni popolari: il gruppo centrale, in primo piano, composto da numerose figure contrapposte nei gesti, è rappresentato come bloccato nell’attimo di maggiore drammaticità e sofferenza: Maria abbandonata nel dolore sorregge a malapena il corpo di Gesù che la tradizione vuole sia il ritratto del corpo del figlio di Luca, Antonio, morto durante la peste del 1502; Maria Maddalena, dall’espressione di inconsolabile tristezza, apre le braccia come a contemplare per l’ultima volta quel corpo straziato. Sullo sfondo, separate da un sereno paesaggio, una concitata Crocifissione e una più pacata, ma non meno sconvolgente, Resurrezione. Nella predella, nella quale alcuni hanno ravvisato la collaborazione di Girolamo Genga, sono raffigurate scene della Passione: la Preghiera nell’orto dei Getsemani, l’Ultima Cena, la Cattura e – infine – la Flagellazione. (Testo di Rossella Tarchi)