22 gennaio 2012 - Venite dietro a me: chiamata e vocazione di ciascuno
News del 21/01/2012 Torna all'elenco delle news
L'inizio del Vangelo di oggi coincide con l'inizio in assoluto della predicazione di Gesù. Stando al Vangelo di Marco quando Gesù cominciò a predicare, le prime parole che disse furono: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
In questa breve frase, si notano due piani, o due situazioni:
1. una situazione oggettiva, indipendente dall'uomo e che anzi condiziona l'uomo dall'esterno: il tempo è compiuto; gli uomini si trovano ormai a vivere in una situazione che si è improvvisamente fatta diversa, come per una brusca accelerazione;
2. una situazione soggettiva, che impegna l'uomo in una fattiva collaborazione, che coinvolge la sua libertà: convertirsi e credere.
Il tempo è compiuto, ovvero il tempo dell'attesa è finito; il tempo, che fino ad ora si è caratterizzato per l'attesa dell'avvento del Regno di Dio, assume adesso una nuova peculiarità: è il tempo dell'accoglienza del Regno di Dio.
Con l'espressione Regno di Dio la tradizione biblica indica una nuova visione della vita e del mondo, così come Dio l'ha pensata e la desidera per noi. Il Regno di Dio è un sogno, anzi è il sogno dell'uomo e di ciascuno di noi! È l'affermazione, finalmente, della verità, della giustizia, della pace e dell'amore.
Dio, al fine di realizzare questo sogno, al servizio della nostra felicità, ci offre la sua amicizia, facendosi conoscere e chiedendo la nostra collaborazione, invitandoci ad impiegare le nostri migliori energie per cercare ed accogliere il Regno.
La buona notizia di questa domenica è questa: il Regno è qui, alla nostra portata. A questa buona notizia se ne lega un'altra: Colui, che da Dio è stato consacrato per la realizzazione del Regno di Dio in questo nostro mondo, è in mezzo a noi. È un uomo straordinario, un grande amico di Dio, un uomo buono, santo e coraggioso. Da quello che ci racconta Marco capiremo di chi si tratta solo più avanti, ma per ora possiamo domandarci tranquillamente: chi è Gesù? Riceveremo tante risposte che ci aiuteranno ad arrivare fin sotto la croce, dove ascolteremo dalla bocca di un pagano chi è veramente Gesù.
Per ora vediamo Gesù entusiasmare alcuni uomini alla sua missione di annunciatore del Regno di Dio. È difficile resistere alla sua chiamata; che ne dite se anche noi andiamo dietro a lui?
Omelia di don Luca Orlando Russo
Gesù si recò in Galilea annunciando il Regno di Dio
Il piccolo brano del Vangelo che la Liturgia della terza domenica del tempo ordinario ci offre (Mc.1,14-20), si apre con il primo dei sommari di cui Marco si serve per segnare i punti importanti che danno una struttura precisa alla sua opera. "Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò in Galilea annunciando il Vangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto e si è avvicinato il regno di Dio; convertitevi e credete nel Vangelo": per due volte ritorna il richiamo al "Vangelo", già presente nella frase con cui Marco apre la sua opera. Tutto questo ci orienta a sottolineare l'importanza di questi due versetti, sintesi di tutto il messaggio di Gesù: qui troviamo la risposta alla domanda che ci poniamo quando ci chiediamo quale sia il contenuto essenziale dell'esperienza cristiana. "Il Vangelo di Dio" è la sintesi del messaggio che Gesù porta all'umanità in nome di Dio, il cui contenuto, come mostrerà il seguito dell'opera, è la persona stessa di Gesù: il senso del "Vangelo di Dio" slitta quindi verso Gesù, il Dio che si è fatto vicino per annunciare all'uomo la liberazione che Dio opera in Cristo.
"Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò in Galilea": l'arresto di Giovanni provoca l'allontanamento di Gesù dalla Giudea e l'inizio della sua predicazione in Galilea. Tutto in realtà è simbolico: Gerusalemme che avrebbe dovuto accogliere il profeta, lo ha ucciso, mentre la Galilea, simbolo del mondo, regione esposta al peccato, accoglie Gesù e proprio in Galilea Gesù risorto aspetterà i suoi discepoli per camminare con loro sulle strade del mondo. Così Marco comincia a presentare l'esperienza storica di Gesù, manifestazione della realtà del Vangelo di Dio che egli annuncia, come una realtà sconvolgente: il centro religioso di Israele, chi avrebbe dovuto essere pronto ad accogliere l'inviato di Dio, lo respinge; chi era ritenuto lontano, chiuso a Dio, in realtà si apre a Lui e lo accoglie.
Così Marco, con il suo modo narrativo semplice e scarno che l'accompagna fino alla fine, comincia a presentare il Vangelo di Dio, con la sua logica radicalmente provocatoria, perché, chi legge e vuol essere discepolo di Gesù, sia consapevole di essere chiamato a decidere con estrema chiarezza con una logica che è opposta a quella del mondo. "Io infatti, non mi vergogno del Vangelo - dirà S.Paolo - perché è potenza di Dio per la salvezza di chi crede" (Rom.1,16). E ancora: "Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio" (1 Cor.1,22-24). Al seguito di Marco, noi oggi dobbiamo domandarci se alla radice della nostra fede c'è una scelta consapevole e chiara della radicalità che essa comporta.
Gesù in Galilea annuncia il "Vangelo di Dio": è un lieto annuncio quello che egli porta. Anche Matteo comincia il suo Vangelo con un lieto annuncio, quello che l'angelo porta a Giuseppe: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa.: tutto questo è avvenuto perché si adempisse ciò che è stato detto dal Signore, per mezzo del profeta: Ecco la giovane ragazza concepirà un figlio che si chiamerà Emmanuele, nome che significa Dio con noi" (Mat.1,20-22). E in Luca, l'angelo porta il lieto annuncio ai pastori: "Non temete: ecco, vi porto un lieto annuncio. Oggi è nato per voi un salvatore che è Cristo Signore". (Lc.2,10). Anche Giovanni, a modo suo comincia il suo Vangelo con il lieto annuncio che viene da Dio: "In principio era la Parola.e la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria." (Giov.1,1.14). In Marco è Gesù stesso che porta il "lieto annuncio": è sostanzialmente lo stesso "lieto annuncio" di tutti i quattro Vangeli. Aderire al Vangelo, ascoltare la Parola che ci è annunciata, credere in Gesù è entrare in una esperienza di gioia, una gioia che viene da Dio, che Lui solo può darci: è la felicità che l'uomo cerca e che Dio, ora, gli dona. Ma proprio perché è dono di Dio, è Lui stesso che si dona, è sconvolgente: mai l'uomo potrebbe immaginare ciò che Egli stesso gli annuncia. Entrare nella gioia di Dio richiede la fede in Lui.
Il lieto annuncio che viene da Dio è che Dio, per amore, si è fatto carne, perché Dio è l'Amore; è nato come ogni bambino, per poter parlare, vivere, morire come noi, condividere tutto ciò che è fragile perché noi potessimo vivere la nostra fragilità con la gioia di poterla scoprire e sentire abitata dall'infinita bellezza di Dio.
Il "Vangelo di Dio" annunciato da Gesù secondo Marco, assume una forma precisa: è singolare il fatto che il Vangelo di Marco sia stato per secoli sottovalutato perché ritenuto solo narrativo, fonte degli altri Vangeli. In realtà, ad una lettura fattasi sempre più attenta, rivela la sua raffinatezza e precisione teologica.
"Il tempo è compiuto e si è avvicinato il regno dei cieli; convertitevi e credete nel Vangelo": gli esegeti hanno studiato attentamente questa frase sottolineando la rielaborazione teologica delle parole di Gesù fatta dalla comunità credente.
"Il Vangelo di Dio" è anzitutto l'annuncio di ciò che, imprevedibilmente, Dio compie. "Il tempo è compiuto": nello scorrere cronologico del tempo, è accaduto un evento che è il compimento di ciò che nel tempo viene sempre atteso, un evento che contiene il senso pieno del tempo e della storia, è la presenza della persona di Gesù, inaugurata dalla sua nascita, è la presenza di Dio nel tempo che fa sì che il tempo sia pieno di Dio. "Il regno dei cieli si è avvicinato": l'esperienza operante di Dio che salva, che dà senso alla fragilità, è presente, è già in atto, non è più da attendere come conclusione della storia. Tutto il seguito del Vangelo mostrerà concretamente come nelle parole e nei gesti di Gesù si realizzi il compimento del tempo e come il regno dei cieli si sia avvicinato.
"Il Vangelo di Dio" comprende pure l'annuncio di come sia chiamato a porsi l'uomo di fronte all'opera di Dio: "convertitevi e credete nel Vangelo". Anzitutto "convertitevi": la conversione è anzitutto cambiamento di mentalità, di modo di vedere, di pensare, è il veder Dio in tutte le cose, percepire tutto come dono, talvolta misterioso e incomprensibile, dell'amore del Padre. E poi, "credete nel Vangelo": significa dar credito totale al "lieto annuncio", a questa "Parola liberante" che ci annuncia la presenza amorevole di Dio, significa affidare tutta la nostra vita a Colui che mostra che il Vangelo proclamato è una realtà operante che ci afferra e ci trasforma se noi abbiamo il coraggio di abbandonarci in Lui.
La seconda parte del nostro brano comincia a narrare la realtà del Vangelo: lo sguardo di Gesù e la sua parola rifondano l'esistenza di persone precise, due coppie di fratelli, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, che si trovano nella concretezza della situazione della loro vita. "Ed essi, subito, lasciarono le loro reti.lasciarono il loro padre nella barca con i garzoni, e seguirono Lui": spesso la risposta dei primi discepoli è stata interpretata come abbandono dei beni materiali. Forse Marco intende parlare di una radicalità frutto di una esperienza nuova: chi incontra lo sguardo e la parola di Cristo vive una tale esperienza di amore che genera la vera libertà, di poter vivere di tutto o di niente e comunque di non essere schiavo di nulla.
Omelia di mons. Gianfranco Poma
Un impegno comune per il traguardo dell'unità
Questa domenica cade nel bel mezzo della settimana che da circa un secolo impegna ogni anno i cristiani di tutte le confessione (cattolici, ortodossi, protestanti delle varie denominazioni) a pregare perché si realizzi la loro unità. L'iniziativa, partita da due Pastori anglicani, ha visto via via aderirvi tutti i credenti in Cristo, per almeno due basilari ragioni, di cui si trova il fondamento nella sua volontà. Durante l'Ultima Cena, cioè un momento prima di affrontare il suo sacrificio, egli ha lasciato agli apostoli il suo testamento spirituale, e rivolgendosi al Padre tra l'altro ha detto: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola, perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Vangelo secondo Giovanni 17,20-21).
Se ne ricava una prima considerazione: le divisioni tra i suoi fedeli non corrispondono alla sua volontà. Egli ha fondato un'unica Chiesa; se al suo interno si sono prodotte fratture, è stato per la malizia o l'ignoranza degli uomini: cause umane, che con l'aiuto di Dio possono essere rimosse. Con l'aiuto di Dio: di qui la preghiera, per implorare la luce occorrente a comprendere, e il coraggio necessario a cambiare, ciò che non corrisponde al suo volere. La preghiera comune di questa Settimana non mira, da parte delle diverse confessioni, a che gli appartenenti alle altre si ?convertano' alla propria; la via per l'unità consiste nell'impegno di tutti a convergere pienamente a Cristo: quando avverrà, automaticamente tutti si ritroveranno uniti.
Anche l'altra fondamentale ragione si ricava dalla preghiera di Gesù: "perché il mondo creda". Il mondo, vale a dire chi è lontano da Dio, crede per la parola e l'esempio degli apostoli di oggi, quali sono i pastori delle comunità e con loro i fedeli che si dichiarano cristiani: quanto più forte sarebbe la loro testimonianza, se si presentassero uniti! Se sinora il vangelo non ha dispiegato nel mondo tutta la sua carica rinnovatrice, è anche a motivo delle divisioni tra quanti se ne dicono seguaci. Di qui l'importanza di questa Settimana di preghiera, della quale peraltro già si vedono copiosi i frutti; prima che venisse introdotta, i rapporti tra le diverse confessioni cristiane erano improntati a indifferenza, quando non a ostilità; ora la situazione è ben diversa: i capi delle Chiese si rendono visita reciprocamente, gli esperti delle varie parti si incontrano per cercare di chiarire le divergenze, i rispettivi fedeli si rispettano e collaborano nelle opere di carità. Il fatto stesso di celebrare insieme la Settimana è espressione di unità e concorre a creare tra tutti i cristiani un clima nuovo, che favorisce un'unità sempre più salda tra e dentro le varie Chiese.
Tra e dentro: non basta infatti superare le divergenze tra cattolici, ortodossi e protestanti; sarebbe farisaico, se questo proposito non andasse di pari passo con la tensione ad una sempre più perfetta armonia dei cattolici tra loro, dei luterani tra loro, degli anglicani tra loro, e così via. In proposito, non sarà superfluo ricordare che unità non significa uniformità; l'unità non comporta il dire e il fare tutti le stesse cose. L'unità si realizza intorno alla verità, che poi si esprime in mille varianti, secondo la personalità di ciascuno, le varie situazioni in cui ci si trova, i mezzi di cui si dispone. L'esempio è dato dai santi: tutti tesi allo spasimo nell'amore per Dio e per il prossimo, ciascuno l'ha manifestato a modo proprio; il vangelo è di una ricchezza sconfinata, e ciascuno l'ha tradotto come ha saputo e potuto fare, e non certo secondo schemi rigidi uguali per tutti, che finirebbero per spegnere l'intelligente creatività di cui Dio ha dotato l'uomo. L'unità è un valore, l'uniformità significherebbe impoverimento.
Omelia di mons. Roberto Brunelli
Liturgia della III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B): 22 gennaio 2012
Liturgia della Parola della III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B): 22 gennaio 2012