Scoprire nel nuovo anno un Dio luminoso, essere benedetti dalla Sua Grazia: i nostri Auguri per il nuovo anno!
News del 03/01/2012 Torna all'elenco delle news
La benedezione di Dio ci alimenta
La prima lettura biblica del nuovo anno fa scendere su di noi una benedizione colma di luce, in cui prendere respiro per l'avvio del nuovo anno: il Signore parlò a Mosè, ad Aronne, ai suoi figli e disse: Voi benedirete i vostri fratelli. Voi benedirete: per prima cosa, che lo meritino o no, voi li benedirete. Dio ci raggiunge non proclamando dogmi o impartendo divieti, ma benedicendo. La sua benedizione è una energia, una forza, una fecondità di vita che scende su di noi, ci avvolge, ci penetra, ci alimenta. Dio chiede anche a noi, figli di Aronne nella fede, di benedire uomini e storie, il blu del cielo e il giro degli anni, il cuore dell'uomo e il volto di Dio. Mio e tuo compito per l'anno che viene: benedire i fratelli! Se non impara a benedire, l'uomo non potrà mai essere felice.
E come si fa a benedire? Dio stesso ordina le parole: Il Signore faccia risplendere per te il suo volto. Che cosa è un volto che risplende? Forse poca cosa, eppure è l'essenziale. Perché il volto è la finestra del cuore, racconta cosa ti abita.
Brilli il volto di Dio, scopri nell'anno che viene un Dio luminoso, un Dio solare, ricco non di troni, di leggi, di dichiarazioni ma il cui più vero tabernacolo è la luminosità di un volto. Un Dio dalle grandi braccia e dal cuore di luce.
La benedizione di Dio non è salute, denaro, fortuna, prestigio, lunga vita ma, molto semplicemente, è la luce. La luce è tante cose, lo capiamo guardando le persone che hanno luce, e che emanano bontà, generosità, bellezza, pace. Dio ci benedice ponendoci accanto persone dal volto e dal cuore luminosi. Continua la bibbia: Il Signore ti faccia grazia. Cosa ci riserverà l'anno che viene? Io non lo so, ma di una cosa sono certo: Il Signore mi farà grazia, che vuol dire: il Signore si rivolgerà verso di me, si chinerà su di me, mi farà grazia di tutti gli sbagli, di tutti gli abbandoni; camminerà con me, nelle mie prove si abbasserà su di me, mio confine di cielo, perché non gli sfugga un solo sospiro, una sola lacrima. Qualunque cosa accadrà quest'anno, Dio sarà chino su di me e mi farà grazia.
Otto giorni dopo Natale ritorna lo stesso racconto di quella notte: Natale non è facile da capire. Facciamoci guidare allora da Maria, che custodiva e meditava tutte queste cose nel suo cuore; che cercava il filo d'oro che tenesse insieme gli opposti: una stalla e «una moltitudine di angeli», una mangiatoia e un «Regno che non avrà fine». Come lei, come i pastori, anche noi salviamo almeno lo stupore: a Natale il Verbo è un neonato che non sa parlare, l'Eterno è appena il mattino di una vita, l'Onnipotente è un bimbo capace solo di piangere. Dio ricomincia sempre così, con piccole cose e in alto silenzio.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Maria conservava tutte queste parole meditandole nel suo cuore
L'inizio del nuovo anno è collocato dalla Liturgia nel segno di Maria Ss. Madre di Dio: Maria la donna, la madre, la Chiesa e noi siamo invitati ad entrare nell'esperienza nuova, tipicamente cristiana, del tempo, dello spazio, della vita, per la quale la Parola per la potenza di Dio che la dice diventa realtà, e la realtà è manifestazione della Parola; la Parola di Dio accolta da Maria diventa carne e la carne del Figlio di Maria rivela lo splendore della gloria di Dio e l'umanità che in Maria è diventata accogliente della Parola di Dio vive nel tempo e nello spazio, la meraviglia continua di percepirsi come l'incarnazione della Parola. Così, ogni esperienza concreta, anche la più piccola, si apre e diventa simbolica dell'infinita bellezza e ricchezza di Dio: se Dio si è incarnato, questa nostra carne, fragile e umile, per chi ha gli occhi della fede, si apre e sempre più si illumina dell'infinito di Dio. Il mistero è proprio questo: tocchiamo la carne e percepiamo la gloria. E' quello che vuole comunicarci il Vangelo e poi la prima lettera di Giovanni con il suo linguaggio teologico e spirituale ed è ciò che vuol farci sperimentare Luca "narrandoci" la nascita di Gesù: ci dice che è accaduto un fatto, Maria ha partorito il figlio suo primogenito, e poi ci comunica l'annuncio dell'angelo che ne svela il significato, nascosto alla conoscenza dell'uomo se Dio stesso non lo svelasse. "Oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore": per amore nostro un Salvatore è nato, la sua nascita, il suo essere diventato partecipe della nostra umanità, il suo amarci condividendo la nostra esistenza umana è la nostra salvezza. E comincia una festa infinita: la danza nel cielo e la luce nel campo dei pastori, cielo e terra si toccano. E comincia pure un viaggio nuovo: dalla "cosa" al "significato" per poter vedere il "segno". Vedere nel bambino Dio che "per noi" nasce: nasce perché noi ci prendiamo cura di lui come di un bambino; perché noi impariamo a vivere per lui, si fa piccolo per noi. E comincia una stupefacente, inimmaginabile via nuova per la ricerca di Dio: Dio nel bambino che nasce per noi, partorito da Maria, avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia, perché per loro non c'è posto dentro i luoghi della prestigiosa logica umana, Dio che ci ama sino ad annullarsi nell'impotenza perché noi potessimo amarlo e fare qualcosa per lui. E comincia questo grande "movimento", che è la Chiesa: movimento di angeli che scendono dal cielo e di pastori che salgono in cielo; di pastori che vanno a Betlemme a vedere Maria e Giuseppe, e il bambino adagiato nella mangiatoia (è l'evento concreto) e poi tornano ai loro campi annunciando a tutti "quello che hanno udito e visto, come era stato detto loro" (è l'interpretazione della fede); movimento che genera stupore in tutti coloro che ascoltano l'annuncio e che a loro volta si mettono in cammino per "vedere" e diventare a loro volta annunciatori. Al centro di questo grande movimento c'è Maria, la giovane ragazza di Nazaret, a cui nessun uomo guarda ma Dio sì: lei ha compiuto il viaggio dentro se stessa; lo stupore lo ha provato guardando ciò che accadeva dentro se stessa: la Parola è diventata carne e lei ha partorito il figlio. Maria è la Chiesa nascente: la Chiesa di oggi è Maria. "Maria conservava tutte queste parole (cose) meditandole nel suo cuore". Maria ha vissuto l'esperienza che la Chiesa è chiamata a rivivere e a riattualizzare in ogni momento della storia: il verbo all'imperfetto significa che ciò che è iniziato nel passato continua a realizzarsi nel tempo che prosegue. "Conservava": il verbo greco significa "mettere in relazione", "accordare" tutte queste parole che (secondo l'espressione ebraica) sono anche cose, avvenimenti, ciò che lei sa e quello che apprende da altri; "meditandole nel suo cuore": significa "conservando una memoria che rinnova continuamente gli eventi, mediante un'operazione di ripensamento intellettuale e di rinnovamento esperienziale che avviene nell'intimo della persona, dove si stringe la relazione tra l'uomo e Dio. Nel suo cuore "integro e buono", Maria accoglie e "custodisce" la Parola-seme che può crescere e portare frutto: la sua conoscenza, la sua fede cresce e progredisce secondo tappe che Luca sottolinea ripetendo questo ritornello (Lc2,51) che dice che Maria, per prima, fa ciò che la Chiesa continua a fare. E scopriamo così l'infinita bellezza di Maria e della Chiesa: la fede intelligente e profondamente intima di Maria genera la novità del Figlio di Dio; la fede della Chiesa, nella quale si fa memoria della fede di Maria, genera l'umanità nuova, libera e appassionata della vita. Abbiamo bisogno di una Chiesa che riscopra e riviva la sua identità essenziale, la sua identità "mariana": una Chiesa che non si accontenti di essere la conservatrice delle cose antiche, ma che fa memoria di tutto ciò che è avvenuto in Maria meditandolo nel proprio cuore, per diventare generatrice giovane, intelligente e libera, di un uomo nuovo e di un mondo nuovo.
Il brano del Vangelo di Luca che la Liturgia della solennità dell'inizio dell'anno ci fa leggere (Lc.2,16-21) si conclude con un versetto che in genere i commentatori trascurano e che invece è importante perché porta a termine la presentazione dell'identità di Gesù. "Quando furono compiuti gli otto giorni della sua circoncisione, il suo nome fu chiamato Gesù, quello chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo". Luca ha sottolineato che nella nascita di Gesù, per Maria "si compirono i giorni del suo partorire": adesso dice che "si compirono gli otto giorni della sua circoncisione". Con una frase difficile anche da tradurre, Luca vuole avvertirci che "negli otto giorni" si compie quella che Paolo chiama "la pienezza del tempo", il tempo della discesa del Figlio di Dio nella carne umana, nel suo popolo. Luca anticipa il mistero della salvezza: Dio si è incarnato, è stato partorito, è nato, è stato avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia, ha condiviso tutta l'esperienza fragile dell'uomo. Nell'ottavo giorno Luca anticipa il "giorno pieno", la Pasqua quando gli è dato il nome "Gesù", "Dio salva" perché la sua identità, quella che gli viene da Dio, è di essere precisamente "Dio salva" e come precisa Matteo, Dio salva perché è "Dio con noi" diventato "Dio in noi". "Dio salva" scambiando con noi il dono della vita: assume la nostra per donarci la sua, si abbassa per innalzarci. Dio è Gesù: in lui si incontra l'annientamento e la gloria.
Maria ha iniziato a conservare e a meditare nel suo cuore tutte queste cose: oggi è la Chiesa e siamo noi chiamati a vivere e a lasciare che il mistero dell'Amore ci salvi assumendo la nostra carne.
Omelia di mons. Gianfranco Poma
tratti da www.lachiesa.it