24 luglio 2011-XVII Domenica del Tempo Ordinario: Scoprire il tesoro che è nella Parola
News del 23/07/2011 Torna all'elenco delle news
Le due parabolette del tesoro nascosto nel campo e della perla di inestimabile valore sono sostanzialmente uguali. Illustrano due temi. Il primo è che il Regno esige una pronta e totale decisione: come un uomo che vende tutti i suoi averi per comprare un campo, o come un mercante che vende tutto per acquistare una perla. Non è l'unica volta che Gesù sottolinea che per entrare nel Regno si richiede un distacco totale.
Ma c'è un secondo aspetto ancora più importante: il distacco scaturisce dall'aver trovato. È questo l'insegnamento vero della parabola. Il motivo che spinge il discepolo a lasciare è la gioia di aver trovato. Il motivo della gioia è esplicito nella parabola dell'uomo che compra il campo: «Poi va', pieno di gioia, vende tutti i suoi averi». Il Regno di Dio è esigente, ma trovarlo è il centuplo.
Vale la pena di insistere. Le due parabole mettono in scena due figure diverse: nella prima si parla di un bracciante agricolo che lavora in un campo che non è suo, nella seconda di un ricco mercante che possiede negozi e filiali. Ma questi due personaggi sono i protagonisti soltanto in superficie. In profondità i veri protagonisti sono il tesoro e la perla, che si impadroniscono dei due uomini, affascinandoli. Il contadino e il mercante agiscono, ma solo perché totalmente «afferrati» dal tesoro in cui si sono imbattuti. Così è l'esperienza dell'incontro con il Vangelo. Davanti alla scoperta di un tesoro, chiunque agirebbe come loro. Ma questo è ciò che sorprende: la loro novità sta proprio in questa ovvietà. Un uomo che imbattutosi nel Vangelo si comportasse come quel contadino o quel mercante non farebbe nulla di straordinario. È semplicemente un uomo a cui è capitata una grande fortuna. Il Vangelo è esigente, tuttavia è pieno di umanità.
Testo di don Bruno Maggioni
Il Regno, tesoro per ogni uomo
Tesoro: parola rara, parola da innamorati, da avventure grandi, da favole. Oggi, parola di Vangelo e nome di Dio.
Un contadino e un mercante trovano tesori. Lo trova uno che, per caso, tra rovi e sassi, su un campo non suo, è folgorato dalla sorpresa; lo trova uno che è intenditore appassionato e sa bene quello che cerca: Dio non sopporta statistiche, è possibile a tutti incontrare o essere incontrati. Trovato il tesoro, l'uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Dio ci seduce ancora perché parla il linguaggio della gioia, che muove, mette fretta, fa decidere: «ogni uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità» (sant'Agostino). La gioia è un sintomo, è il segno che stai camminando bene, sulla strada giusta. Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori ( dov'è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore); avanziamo per innamoramenti e per la gioia che accendono. Vive chi avanza verso ciò che ama.
La vita non è etica ma estetica (H.U. Von Balthasar) nel senso che avanza non per ordini, ma per seduzione di tesori e di perle, si muove per una passione, e la passione sgorga da una bellezza, dall'aver intravisto la bellezza di Cristo, la vita bella, buona e beata del Vangelo. Ma il dono deve essere accolto, alla scoperta deve rispondere l'impegno: il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Lasciano molto, ma per avere tutto. Non perdono niente, lo investono. Così sono i cristiani, non più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranza, di luce, di cielo, di cuore, di Dio. Tesoro e perla è Cristo per me, averlo seguito è stato l'affare migliore della mia vita. Mi sento contadino fortunato, mercante ricco. Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, anzi in molti tesori, lungo molte strade, in molti giorni della mia vita, facendola diventare come «una finestra di cielo» (Antonia Pozzi), una vita intensa, vibrante, appassionata, gioiosa, pacificata, e spero anche, almeno un po', buona e non inutile.
Tesoro e perla sono nomi di Dio. Con la loro carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che aprono, si rivolgono a me, un po' contadino e un po' mercante, e mi domandano: ma Dio per te è un tesoro o soltanto un dovere? È una perla o un obbligo?
È tesoro, perché il Vangelo non è mortificazione, ma dilatazione di vita; il cristianesimo non è sacrificio e rinuncia, ma offerta di solarità che fa rifiorire instancabilmente la rosa del mondo, la rosa del vivere.
Testo di padre Ermes Ronchi
La bellezza che vive in ogni cosa
Con questa domenica termina il capitolo 13 del vangelo di Matteo, un capitolo tutto dedicato alle parabole che sono state lette in queste ultime tre domeniche. Il vangelo di oggi ci presenta tre parabole molto concise: il tesoro, la perla e la rete. Solo Mt ha queste parabole e forse non è un caso: lui era un ex pubblicano, un uomo d'affari, per anni aveva inseguito il sogno di diventare ricco (tesori) e improvvisamente aveva trovato, incontrando Gesù, il vero tesoro della vita. Ciò che accade nelle prime due parabole a noi può apparire strano: chi è che trova un tesoro per caso? Ma a quei tempi la cosa era più frequente: non c'erano né banche né casse di risparmio e il modo più sicuro era nascondere in un posto segreto ciò che si aveva guadagnato. Il primo uomo si imbatte quasi per caso nel tesoro, il secondo, invece, è un ricercatore. Entrambi, in ogni caso, colgono l'occasione. Certe occasioni, certe opportunità si ripropongono solo una volta nella vita; certi incroci non si verificano più. Bisogna prenderli quando accadono.
Probabilmente qui viene descritto in parabole l'incontro fra Gesù e gli apostoli: questi uomini avevano trovato il tesoro, il senso della loro vita e per lui avevano lasciato subito tutto (4,18-22; 9,9).
Gli apostoli si sentivano amati da Gesù, si sentivano i suoi tesori. E' per questo che non avevano bisogno di altri tesori: non gli importava se gli altri li deridevano, se li prendevano in giro, se perdevano la fama o i tesori terreni perché si sentivano già importanti. Quando sono stato nominato parroco un prete mi ha detto: "Adesso diventi importante". Senza pensarci risposi: "Ma io sono già importante". Il vangelo racconta anche la storia del giovane ricco (19,16-22): anche lui aveva trovato il tesoro ma non ebbe la forza di lasciare i suoi tesori, non colse l'occasione. E' molto più facile vendere i tesori del cielo in cambio di quelli umani che vendere i tesori umani in cambio di quelli del cielo.
Il vangelo sottolinea la radicalità: ad un certo punto bisogna operare una scelta radicale, una scelta che mette in gioco tutto; ad un certo punto si rischia tutto e si punta tutto lì. La vita di tanto in tanto ci chiama a far delle scelte radicali: si mette in gioco e si cambia tutto.
I due uomini del vangelo sembrano pazzi per chi li vede da fuori. Un uomo che vende tutto per acquistare una terra di poco o nessun valore come quella della Palestina è un folle, ma solo apparentemente.
Così erano considerati gli uomini che seguivano Gesù: sconsiderati, pazzi, folli, ma solo apparentemente.
Queste parabole rivelano una legge della vita: ognuno di noi ha il proprio tesoro e per esso è disposto a vendere tutto.
Questa è una grande legge della vita: c'è qualcosa nella nostra vita che è prima di ogni altra, per la quale siamo disposti a fare di tutto e alla quale tutto è subordinato. C'è qualcosa per la quale noi siamo disposti a sacrificare tutto pur di raggiungerla. Questo è il nostro tesoro e il nostro Dio, al di là di qualunque Dio diciamo di credere. E quando perdiamo ciò o non lo raggiungiamo cadiamo in depressione.
Per altre persone è il lavoro: tutto passa in secondo piano, è subordinato a questo. Molte persone dicono di credere in cose più importanti, che se avessero tempo veramente si impegnerebbero in cose più spirituali, "ma c'è il lavoro" e di fronte al lavoro tutto è relativo. Quello è il loro tesoro. C'è un uomo ricchissimo che lavora sempre, tutti i giorni della settimana, tutte le settimane dell'anno. Non si accorge neppure che i suoi figli stanno prendendo "brutte strade", perché lui deve lavorare. Anzi crede di amarli: "Guarda cosa gli do. Faccio tutto questo per loro". Quando se ne accorgerà sarà troppo tardi e tutti i suoi soldi e i suoi tesori non gli serviranno più a niente.
Per altre persone il tesoro è la facciata: fanno di tutto per apparire, per essere attraenti, importanti o per far colpo. Non si possono permettere di sbagliare e per l'immagine soffrono, faticano, si sacrificano, fanno diete, sudano e quant'altro. Quello è il loro tesoro. Se tu ti senti un tesoro, prezioso, importante, a che ti serve tutto questo? Ma se tu ti senti un niente, se credi che un bel fisico ti faccia sentire qualcuno o che solo un bel volto farà posare gli occhi di qualcuno su di te, allora ne avrai proprio bisogno.
Per altri il tesoro è la casa. La casa è diventata il loro tempio. Passano una vita a costruirla e tutto il tempo a custodirla, ad abbellirla, a tenerla in ordine e a sistemarla. Se per alcuni la chiesa è la loro casa, per altri la casa è la loro chiesa. Se alcuni usano la casa, altri la onorano e la venerano.
Per altri il tesoro è l'ambizione: dimostrare, cioè, di valere qualcosa, di essere qualcuno. Allora lottano e vivono per passare di grado, per "andare su" nella scala sociale, per salire. E' chiaro che chi deve dimostrare di essere qualcuno vuol dire che si sente nessuno: altrimenti che bisogno ci sarebbe di dimostrarlo! Chi si sente un tesoro, importante, una perla, non ha bisogno di dimostrarlo. Lo è già.
Gesù diceva: "Dov'è il tuo tesoro lì c'è il tuo cuore" (Mt 6,21). Questa è una legge inequivocabile. La cosa a cui più pensi, che più ti ritorna, che più desidereresti nel tuo intimo, quella che sogni, quella è il tuo tesoro e il tuo Dio. Non quello che vorresti, non quello che dici, ma quello che più ritorna nei tuoi pensieri, quello di cui parli sempre, ciò a cui più dai tempo, quello è il tuo tesoro. Per alcune persone, questo tesoro è Dio.
Un uomo uscì dalla sua casa alla vista di un monaco che attraversava il suo villaggio, e lo afferrò per il collo: "Dammela! Dammela! Dammi la pietra!". Il monaco chiese: "Di quale pietra stai parlando?": E l'uomo rispose, eccitato: "Ieri notte Dio mi è apparso in sogno e mi ha detto: "Un uomo passerà per il tuo villaggio domani a mezzogiorno. Se ti darà la pietra che ha nella sua sacca sarai l'uomo più ricco del mondo". Quindi dammi la pietra!". Il monaco rovistò nella sua sacca e ne estrasse un diamante enorme, il diamante più grande del mondo. Allora disse: "E' questa pietra che vuoi? Prendila, è tua!". L'uomo gli strappò la pietra dalle mani e corse a casa. Quella notte però non riuscì a chiudere occhio. Al mattino trovò dove il monaco dormiva, lo svegliò e gli disse: "Riprenditi la pietra, ma dammi la ricchezza che ti permette di dar via un diamante come questo!". Ognuno ha un suo tesoro. E ci sono tesori e tesori!
Poi questa parabola dice che tutti siamo un tesoro, ma che se nessuno ci scopre non lo sapremo mai. Questo è uno dei bisogni primari: sentirsi preziosi, importanti, unici. Io ho bisogno che qualcuno mi scopra, che metta in luce la mia positività, che mi faccia sentire importante, che mi faccia sentire unico, di qualcuno che creda in me. Quando prego io immagino di essere quel tesoro. Sono nascosto, ma un giorno Dio mi trova e fa' di tutto per farmi nascere e per scoprirmi. Se tu sei consapevole di essere quel tesoro che Dio ha trovato, non hai più bisogno di sentirti dire dagli altri quanto bello sei, che gli vai bene, che sono molto contenti di te e di quello che fai, che ti stimano molto. Allora sei un uomo libero che non si attacca più all'approvazione (tesoro malsano).
Ma se tu ti senti prezioso non ti butti via.
Perché buttiamo via i vestiti vecchi ma non l'oro vecchio? Perché ha valore. Perché la gente si butta via? Perché non sente il suo valore e nessuno glielo dice. Allora quando uscite andate dalle persone che amate (i vostri tesori e i vostri amori) e ditegli: "Tu sei il mio tesoro. Tu non hai neppure idea di quanto sei prezioso per me". Andate dai vostri figli e diteglielo quanto importanti sono per voi; e poi andate allo specchio e ditegli "a quello lì" quanto è importante per voi.
Alcuni uomini non sanno quant'è importante che ci siano. Alcuni uomini non sanno quanto faccia bene anche solo vederli. Alcuni uomini non sanno di essere per noi degli angeli, dei riferimenti, dei rifugi per le nostre vite. Alcuni uomini non sanno quanto benefica sia la loro vicinanza per noi. Alcuni uomini non sanno quanto triste sarebbe la nostra vita senza di loro. Alcuni uomini non sanno di avere un valore immenso per noi. Lo saprebbero se noi glielo dicessimo!
Ciò che raccontano le parabole sono delle chiamate e delle missioni per tutti noi. Tutti siamo chiamati a cercare il tesoro, il bene, il positivo che c'è in noi e nelle persone. Quando Michelangelo fece la Pietà e gli fui chiesto come avesse fatto, lui rispose di aver solo tratto fuori l'immagine imprigionata dentro. L'aveva vista, l'aveva scoperta e l'aveva tirata fuori. In ognuno di noi c'è un tesoro e c'è qualcosa di bello. Sta a noi cercarlo e tirarlo fuori.
Ognuno trova ciò che cerca. Se ti metti a cercare quanto male c'è nel mondo, beh ce n'è tantissimo e tanto altro aspetta di essere scoperto. Se ti metti a scoprire quanta bontà c'è nel mondo, beh ce n'è tantissima e tanta altra aspetta di essere scoperta. Se cerchi le imperfezioni del tuo corpo ne troverai migliaia. Se cerchi i tuoi peccati ne troverai proprio tanti. E se domani cerchi ancora ne troverai anche di nuovi.Troverai quello che cerchi. Due uomini guardano fuori dalle sbarre della prigione: uno vede il fango e l'altro le stelle.
Tutto dipende da cosa cerchi. Le persone si chiedono spesso: "Ma come mai c'è così tanto male al mondo?". Raramente, invece, si chiedono: "Ma come mai c'è così tanto bene?". Se cerchi il male e il negativo lo troverai. E se cerchi il bene e il positivo lo troverai. E quando ti guardi dentro troverai quello che vuoi trovare.
Pietro, Matteo e tutti gli altri erano gente comune che si sentivano insicuri e inadeguati. Ma lui li valorizzò, Lui li amò, Lui credette in loro. E loro si sentirono dei tesori.
La gente si vanta di quello che fa perché dentro si sente vuota e così racconta "chissà cosa" per sentirsi qualcuno; attacchiamo gli altri perché ci sentiamo trascurati o feriti, perché ci sentiamo di meno e senza valore; facciamo uso di droghe e di antidepressivi perché non riusciamo ad esprimere i nostri veri sentimenti. Insomma: non crediamo di essere delle belle persone che hanno il loro valore.
Questo vangelo, ci dice di iniziare a considerarci come dei tesori da scoprire. Tu sei una bella persona. Cerca, trova e scopri (porta, cioè, alla luce) la bellezza e il tesoro che custodisci. Io sono un tesoro. Se lo cerco lo troverò e mi troverò. E se non ci credo non lo troverò e non mi troverò. Amare è far uscire ciò che c'è di buono in me; amarti è far uscire, mettere in luce, tutto ciò che c'è di buono c'è in te.
Il Libro della Sapienza dice: "Se Dio non avesse voluta una cosa non l'avrebbe neppure creata". Io sono un tesoro, una perla e devo rendermi consapevole della mia bellezza. Anzi è mio compito trovare e far risplendere la bellezza che vive in me.
Infine c'è la parabola della rete: è molto simile a quella di domenica scorsa della zizzania. Questa parabola dice: ognuno tira le conseguenze della propria vita. La rete sono le tue scelte, quello che fai. I pesci (scelte) buoni ti aiutano, ti fanno più forte, ti maturano e fanno profonda la tua vita. Quelli cattivi, invece, vengono gettati perché non servono alla tua vita, non la costruiscono. Nei momenti cruciali della vita (e anche alla fine della vita) ognuno tira le conseguenze di ciò che ha pescato, costruito, investito, osato. Allora non lamentarti! Nei momenti cruciali della vita possiamo contare solo sulle riserve e risorse buone che abbiamo "pescato". Se non abbiamo risorse nella nostra rete, se non abbiamo messo paletti, se non sappiamo controllare la rabbia o vivere il dolore, se non sappiamo stare con la paura o esprimere i nostri sentimenti, se non abbiamo punti di forza, allora la vita come un "onda anomala" ci spazzerà via. Dovevamo, però, pensarci prima.
La tua vita è nelle tue mani e nelle tue scelte: non delegare, non scaricare e non fare la vittima.
Pensiero della settimana
Perché cercare in tutti i campi ciò che è nel mio campo?
Testo di don Marco Pedron
Liturgia della Parola della XVII Domenica del Tempo Ordinario: 24 luglio 2011