DOMENICA DELLE PALME: PASSIONE DEL SIGNORE

News del 17/04/2011 Torna all'elenco delle news

Oggi Gesù entra facendo festa in Gerusalemme, dove rivelerà dal grandezza dell'amore di Dio per l'uomo, consegnandosi ai suoi nemici. Decide di entrare montando una cavalcatura umile quale è l'asino.

Oggi quell'asino, che porta Gesù nel mondo, che lo rivela, che parla di lui, è la Chiesa e siamo noi, come diceva li Cardinale di Parigi Lustiger, e questa è una bella immagine perché ci ricorda che Gesù non vuole essere portato da cavalcature potenti, ma piccole e umili.

L'asino risulta simpatico a tutti perché è piccolo, senza pretese, ma di fatto porta Gesù a Gerusalemme e allo stesso modo e con lo stesso spirito anche noi proviamo a portare Gesù nel mondo con le nostre processioni semplici ma simpatiche, con le nostre liturgie umili ma sentite, con tutti in nostri limiti e difetti, portiamo Gesù. Questa è la nostra missione e segno di gratitudine per quello che viene a fare per noi in questa settimana Santa. 

Testo di padre Paul Devreux
 

Ecco l'opera del Signore

Comincia la Settimana Santa, con il suo invito a rivivere gli ultimi giorni terreni di Gesù, dal precario trionfo del suo ingresso a Gerusalemme (evocato oggi, domenica delle Palme) all'altro trionfo, quello vero e definitivo, della sua risurrezione (che è il tema specifico della domenica di Pasqua). Di mezzo ci sta la sua passione e morte, oggi presentata nel resoconto dell'evangelista Matteo (capitoli 26 e 27). Un resoconto sorprendente: ci si aspetterebbe che l'abituale sobrietà dei vangeli si allentasse almeno qui, nel riferire una vicenda tragica quant'altre mai; e invece troviamo un susseguirsi incalzante di situazioni appena delineate, senza giudizi, senza emozioni. I fatti stessi portano in sé ogni commento, ogni valutazione.

Comincia con il tradimento di Giuda: e al lettore del vangelo i commenti non occorrono, se ricorda chi è il tradito e chi il traditore. Allo stesso modo, ciascuno valuterà in proprio il gesto sublime del Figlio di Dio che, prima di lasciare questo mondo, nell'ultima cena manifesta la sua volontà di restare per sempre e risanare spiritualmente chi vuole essere suo amico: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue, versato per il perdono dei peccati". Nè occorre commento, al preannuncio che persino Pietro verrà meno alla sua proclamata fedeltà: "In verità ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte". E ciascuno valuterà da sé quale esempio Gesù abbia lasciato con la propria preghiera nell'orto degli ulivi: "Padre mio, se è possibile evitami l'imminente sofferenza! Però avvenga non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu".
Segue l'arresto, di colui che Giuda segnala alle guardie con un bacio, stravolgendo così il senso del più bello dei gesti che un uomo può compiere. E poi i processi: davanti a Caifa', quando Gesù conferma di essere il Figlio di Dio e per questo viene sputacchiato e schiaffeggiato, e davanti a Pilato, quando gli viene preferito un delinquente di nome Barabba, e lui viene flagellato, coronato di spine, fatto oggetto di un gioco crudele, caricato della croce, condotto al calvario, denudato e inchiodato al legno, tra gli insulti dei circostanti e i soldati che si spartiscono i suoi abiti. Non un cenno, nel vangelo, alle sofferenze atroci di una morte in croce; piuttosto, l'insistenza nei particolari seguiti alla morte, con l'amorosa sepoltura nella tomba di un amico e la preoccupazione dei nemici di mettere guardie al sepolcro.
Mentre agonizzava, Gesù aveva trovato ancora la forza di rivolgersi al Padre suo, tuttavia con parole che si prestano a incomprensioni: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" A prima vista, egli sembra così manifestare sfiducia, se non disperazione; in realtà, gli astanti lo sapevano bene, egli cita l'inizio del Salmo 21 (ripreso in questa Messa come salmo responsoriale), che profeticamente aveva preannunciato quanto stava accadendo ("Si fanno beffe di me quelli che mi vedono… Mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi… Si dividono le mie vesti…") e dunque nel contempo manifesta la certezza che si realizzerà anche quanto costituisce la conclusione del Salmo: "Il regno è del Signore… E io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: Ecco l'opera del Signore!"

E' facile, duemila anni dopo, verificare l'adempimento di queste parole. Il popolo che è nato, il popolo che forma la Chiesa, domenica prossima proclamerà ancora una volta che il sepolcro e le guardie non sono valsi a trattenere l'autore della vita. Egli è risorto: "Ecco l'opera del Signore!" 

Testo di mons. Roberto Brunelli
 

Liturgia della Domenica delle Palme 17 aprile 2011

Liturgia della Parola della Domenica delle Palme 17 aprile 2011


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