Giornata del Creato - Morrone all'omelia in Cattedrale: «Noi tutti custodi di ciò che Dio ci ha affidato
News del 19/09/2022 Torna all'elenco delle news
Nella sua omelia, l'arcivescovo di Reggio Calabria - Bova, monsignor Morrone è tornato sui temi affrontati in occasione degli incontri della Giornata nazionale per la Custodia del Creato, prendendo come spunto per la sua riflessione il brano evangelico di Luca, dedicato all’uso della ricchezza, in relazione al valore della povertà.
«Quando il soldo diventa il tesoro prezioso nel quale si confida e da mezzo si trasforma in fine, allora viene di fatto negata la signoria paterna di Dio, gli altri vengono strumentalizzati pur di conseguire quel fine che viene dato all’esistenza umana: l’accumulo sconsiderato dei beni di cui la selvaggia speculazione finanziaria è una sua vistosa espressione».
«Non sta qui - ha detto il presule - la radice perversamente avida dello sfruttamento violento e dissennato delle risorse della terra, che schiavizza moltitudini di persone sottopagate in ogni angolo del mondo, specialmente nei paesi più poveri economicamente ma ricchi di materie prime? Il pianeta che speriamo, la casa comune che desideriamo abitare, come potrà sostenere l’impatto famelico di una economia onnivora su tutti i fronti? Quale eredità lasceremo alle nuove generazioni con questa forsennata corsa alla ricchezza che sfrutta all’inverosimile ogni risorsa naturale, inaridendo le relazioni tra i singoli e i popoli e desertificando la terra?»
«La ricchezza, non è ingiusta in sé stessa, la si adultera quando i beni non sono destinati al bene di tutti. Ritornando perciò alla parabola, l’elogio rivolto all’amministratore - ha proseguito il vescovo Morrone - non è per la sua azione due volte ingiusta, ma perché, spinto dal rischio del fallimento della vita, ha messo in atto la genialità di condividere la disonesta ricchezza: ha semplicemente restituito quello che spetta a tutti».
L'arcivescovo di Reggio Calabria - Bova e presidente della Cec ha citato, poi, papa Francesco: «Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale La proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza ogni bene sottratto alla logica della Provvidenza di Dio è tradito nel suo senso più profondo. Ciò che possiedo veramente è ciò che so donare». E ha aggiunto: «Poiché i beni sono di Dio vanno amministrati in nome Suo per essere destinati a tutti, ma in modo particolare agli indigenti, ai poveri, agli ultimi, ai senza dimora, agli invisibili presenti nelle nostre città del benessere. Sono questi gli amici che bisogna coltivare qui poiché saranno loro ad accoglierci nelle dimore eterne».
La condivisione, ha detto ancora il vescovo Morrone, «è allora l’altro nome della beata povertà – sobrietà, scelta audace da praticare e che innesta un processo di un mondo equo e solidale. Come nella prima Chiesa si mettevano in comune i beni, così anche nelle nostre comunità eucaristiche, chiamate ad essere luoghi di vita alternativa alla bramosia di ricchezza e potere mondano, nessuno dovrebbe vivere in necessità. Siamo infatti tutti amministratori e custodi di beni, culturali, sociali, religiosi, politici che Dio e le condizioni di vita personali ci hanno regalati: nulla è assolutamente nostro se non tutto quello che liberamente mettiamo in comune, così come ha fatto Gesù che si è fatto povero per rendere ricchi tutti noi».
«La vera ricchezza che procura vero benessere - ha concluso l'arcivescovo di Reggio Calabria - Bova - è guadagnare amici nella solidale condivisione di tutti i beni in questo breve pellegrinaggio terreno mentre stiamo per spezzare il pane eucaristico in memoria del Signore, pane sovrabbondante di vita perché nessuno sia privato anche di una sua sola briciola di umanità bella e autentica che confessiamo già compiuta in Gesù, Signore nostro».