12 agosto 2018 -XIX Domenica del T.O.: Gesù Cristo pane della vita e della verità

News del 11/08/2018 Torna all'elenco delle news

Anche in questa domenica XIX del tempo ordinario, il tema centrale della parola di Dio è Gesù Cristo pane della vita e della verità. Due i testi che particolarmente si riferiscono a questo tema: la prima lettura e il vangelo. In entrambi i testi ci sono riferimenti sull'importanza del cibo materiale che indica, poi, il cibo spirituale che è l'eucaristia, il sacramento che Gesù ha istituito nell'ultima cena per essere il cibo del cammino verso la patria celeste.

Nella prima lettura di oggi, tratta dal primo libro dei Re, infatti, troviamo il riferimento al profeta Isaia, che è incamminato verso il monte di Dio, come è definito il Monte Oreb.

E quando si parla di monti nella sacra scrittura, non si indica solo il luogo geografico e fisico, ma anche il luogo della presenza di Dio, dell'ascesi, del silenzio e della rigenerazione interiore.

Ogni monte biblicamente interpretato fa riferimento a tutto questo cammino spirituale, di discernimento e di rinnovamento.

Elia infatti è stanco della vita e del suo peregrinare. Si inoltra nel deserto e si siede sotto una ginestra desideroso di morire. Ma il Signore lo rimotiva a camminare nella storia e a raggiungere la meta, donando a lui l'alimento necessario, una focaccia e un orcio d'acqua, che gli serve un angelo. Lui mangia e beve, ma dopo aver consumato il frugale pranzo, fatto di pane ed acqua, si addormenta nuovamente, sempre desideroso di ultimare i suoi giorni in quel luogo.

Ma una seconda volta interviene il Signore che lo sostiene con un'altra portata di pane ed acqua, sempre consegnata dal messaggero divino. Elia obbedisce alla voce di Dio, mangia e beve una seconda volta e ricevuto il sostentamento necessario, riprende, nonostante tutto, il cammino verso la sua meta.

Quel cammino durò 40 giorni e 40 notti e poi dirsi una marcia trionfale della rinascita e della speranza, una vera quaresima fatta di visione e di contemplazione.

Sul tema del pane è incentrato il Vangelo di oggi, sempre tratto dal capitolo sesto di San Giovanni. Questa volta sono i Giudei a mormorare contro Gesù perché si era dichiarato ?pane disceso dal cielo?.

Un'affermazione, ben nota nella scrittura, per dire che era Gesù è il Figlio di Dio. Cosa affermano i Giudei per contraddire questa verità assoluta di Cristo e su Cristo? Dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: ?Sono disceso dal cielo??».

La collocazione familiare, storica, temporale e sociale di Gesù, per loro è un limite per riconoscere in Lui il Figlio di Dio, disceso dal cielo. Un modo per controbattere le affermazioni del Divino Maestro e non renderlo credibile e quindi scoraggiare la gente a seguirlo.

Ma Gesù a queste loro contestazioni ribadisce con maggior forza: ?«Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: ?E tutti saranno istruiti da Dio?. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna?.

E con precisione terminologica, valorizzando il linguaggio biblico ben noto presso i Giudei, afferma con forza: Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Gesù è il pane della vita e della verità. Questo pane, noi possiamo riceverlo come alimentazione sistematica nell'eucaristia quotidiana e domenicale. Questo pane ci rende sempre più vivi e sempre più veri, in quanto ci fa crescere nella vita dello spirito e ci rende consapevoli dei nostri limiti, perché fa' chiarezza dentro di noi e fuori di noi.

In ragione di tutti questi aspetti, non secondari, della nostra partecipazione sistematica alla mensa eucaristica, che l'Apostolo Paolo, nel brano della Lettera agli Efesini, che oggi ascoltiamo, ci aiuta a capire il senso vero di alimentarsi di Cristo e di essere illuminati dallo Spirito: "Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione". Di conseguenza come dobbiamo comportarci ed agire? "Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo". Quindi non bisogna solo eliminare il male dentro di noi, ma anche cercare di migliorarsi e imitare Dio, camminando nella carità "nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore".

Il riferimento alla croce di Cristo, al Crocifisso, modello perfetto di ogni autentico amore cristiano, non poteva mancare in Paolo, attratto come fu da questo mirabile esempio di Gesù, che pur essendo Figlio di Dio, donò la sua vita per noi, sulla croce, in riscatto dei nostri peccati.

Con tutta la comunità dei credenti, vogliamo rivolgere a Dio questa nostra umile preghiera: Guida, o Padre, la tua Chiesa pellegrina nel mondo, sostienila con la forza del cibo che non perisce, perché perseverando nella fede di Cristo giunga a contemplare la luce del tuo volto.

Tutti aspiriamo a contemplare il volto luminoso di Cristo nel santo Paradiso, che è il Monte di Dio, oltre le montagne e le colline del creato, e che un giorno, speriamo, tutti insieme possiamo raggiungere sostenuti dalla santissima Eucaristia che è il pane degli angeli e soprattutto è il pane di noi pellegrini e viandanti verso la vera e definitiva terra promessa del cielo.

Omelia di padre Antonio Rungi

 

Il pane disceso dal cielo sazia la fame di eternità

La mormorazione è un parlare contro qualcuno, sussurrando all’orecchio di altri la propria presunta verità per trovare dei complici, senza il coraggio di affrontare apertamente chi propone una verità diversa. Gesù annuncia la sua origine divina, che agli occhi dei Giudei contrasta fortemente con l’evidenza della sua carnalità e pertanto non viene accettata. La paternità e maternità umane di Gesù per gli interlocutori sono un ostacolo alla sua pretesa di essere «disceso dal cielo».

Si stigmatizza qui una delle rivelazioni più sorprendenti che Cristo ci ha fatto, ossia che l’umano è via per il divino. L’umano non è in opposizione al divino, ma è capace di accoglierlo e di manifestarlo, anzi è l’espressione più alta di esso, se Dio ha scelto di incarnarsi in una creatura umana. Negare questa verità significa negare Dio stesso e l’essenza della fede, chiudersi in una mormorazione senza fine, come certe vite senza Dio che scelgono di non credere ma borbottano la loro insoddisfazione o riflettono tutta la superficialità in cui giacciono. Gesù invece dichiara che andare verso il Dio fattosi uomo è la meta di un cammino tutt’altro che superficiale e che si sostanzia in un movimento attrattivo da parte del Padre.

È il Padre l’origine di tutto, colui che invia il Figlio all’uomo e l’uomo al Figlio, il quale a sua volta conduce i fratelli alla risurrezione. L’uomo si lascia attrarre ascoltando la Parola, ricevendo quell’ammaestramento diretto che in Geremia 31 non richiede più la mediazione umana né fa selezioni perché «tutti saranno istruiti da Dio». Dunque il dono di Dio è frutto della sua iniziativa gratuita ma richiede una risposta libera e personale, come dimostra il fatto che solo «chi crede ha la vita eterna».

Perché è difficile credere? La ragione per credere non sta nel vedere il Padre, poiché «solo colui che viene da Dio ha visto il Padre», ma si alimenta nel rimanere in comunione col Figlio da qui all’eternità. Per quattro volte vi è l’accenno alla vita che non muore, quasi a ricordarci che siamo troppo appiattiti sul presente e mangiamo pane che non ci nutre nel profondo. Il vero pane è quello «che discende dal cielo», pegno di vita eterna, capace di trasformarti in ciò che esso è, cielo su questa terra. L’ultimo versetto è un chiaro riferimento al pasto eucaristico, come prima si sottolineava il valore del pane della Parola. È la logica sacramentale che guida tutto il vangelo di Giovanni.

Tuttavia Gesù non fa un trattato di teologia; le sue parole sono già intrise del sangue del sacrificio in croce, come attesta l’indicazione al futuro: «il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Cosa avrà pensato Cristo mentre, pronunciando queste parole, intravedeva già la croce? Come è possibile parlare di vita mentre si intuisce la propria morte? Questo indomito canto alla vita conferma che l’insegnamento del nuovo e definitivo profeta vuole aprire la vita del popolo ad un orizzonte di speranza, vuole che il mondo sia popolato da “viventi”, sapendo che una forma di vita che non aspiri a trascendersi nell’eternità è votata alla morte.

Anche le esistenze che appaiono più vincenti, ma non hanno accolto la fede, si sgretolano in un attimo dinanzi all’esperienza del fallimento di uno degli obiettivi mondani a cui si sono legate. Che triste vedere anziani che fino alla fine sono impelagati in conteziosi con parenti o vicini per questioni di proprietà, invece di prepararsi a entrare nella terra della promessa eterna! Né mormorazioni quindi, né disquisizioni sull’identità di Gesù, ma il modo per arrivare a Dio è «tuffarsi nel suo mistero e cercare pane vivente per la tua fame» (Ermes Ronchi).

È importante interrogare la nostra coscienza, o meglio la nostra fame: se essa intende soddisfarsi con cibi che cerca, produce e riceve a buon mercato, oppure lasciare che sia un altro a dare pienezza al suo bisogno di senso e di felicità. L’altro giorno una coppia ha ricevuto prima di ogni previsione un neonato in adozione; sembrerebbe come piovuto dal cielo inaspettatamente, ma in realtà in questo dono risuona pienamente alle orecchie dei genitori l’affermazione: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo».

Dio e l’uomo si incontrano ancora una volta nel pane e nel bambino. Scegliamo non congetture umane per risolvere le mancanze o i problemi, ma restiamo in fiduciosa e operosa attesa della grazia che ci salva. Non devi fare niente per guadagnartela ma, ricevutala, devi ridonarla a qualcuno perché solo «il pane vivo» ha il potere, una volta mangiato, di renderti pane per gli altri. 

Omelia di don Tonino Sgrò tratta da www.reggiobova.it

 

Non discutere di Dio, tuffati nel suo mistero

Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Potenza del linguaggio di Gesù, il suo mistero e la sua storia espressi non con ragionamenti ma per immagini: pane, vivo, discesa, cielo. Quattro parole e quattro metafore, ciascuna generativa, in quanto ricca di movimento, di esperienza, di sapore e di orizzonti. Non spiegano il mistero, ma lo fanno vibrare nella tua vita, mistero gioioso da godere e da assaporare. Il pane di cui parlano non è quel pugno di acqua e di farina passata per la macina e il fuoco, contiene molto di più: è il simbolo di tutto ciò che è buono per te e ti mantiene in vita.

I giudei si misero a mormorare contro Gesù. Ma come? Pretendi di essere il pane piovuto dal cielo? Ma sei venuto come tutti da tua madre e da tuo padre. Tu vuoi cambiarci la vita? E facendo quello che fa il pane con il nostro corpo, che si nasconde e scompare nell'intimo, e non fa rumore. No, il Dio onnipotente dovrebbe fare ben altro: miracoli potenti, definitivi, evidenti, solari. Ma Dio non fa spettacolo. In fondo è la stessa critica che mormoriamo anche noi: che pretese ha sulla mia vita quest'uomo di duemila anni fa? Lui pensa davvero di farci vivere meglio?

Non mormorate tra voi.. Non sprecare parole a discutere di Dio, puoi fare di meglio: tuffati nel suo mistero. Pane che discende dal cielo. Nota: discende, per mille strade, in cento modi, come il pane nel corpo; discende verso di me, adesso, in questo momento, e continuamente. Io posso scegliere di non prenderlo come cibo, lo posso anche relegare nel repertorio delle fantasie, ma lui discende instancabilmente, mi avvolge di forze buone. Io sono immerso in lui e lui è immerso in me, e nutre la mia parte più bella.

Non mormorate, mangiate. Il brano del Vangelo di oggi si articola attorno al verbo mangiare. Un gesto così semplice e quotidiano, eppure così vitale e potente, che Gesù l'ha scelto come simbolo dell'incontro con Dio; ha raccontato la frontiera avanzata del Regno dei cieli con le parabole del banchetto, della convivialità. Il Pane che discende dal cielo è l'autopresentazione di Dio come una questione vitale per l'uomo. Il pane che mangi ti fa vivere, e allora vivi di Dio e mangia la sua vita, sogna i suoi sogni, preferisci quelli che lui preferiva. Bocconi di cielo.

Sorge una domanda: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosità, bellezza, profondità? Oppure mi nutro di egoismo, intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere, paure? Se accogliamo pensieri degradati, questi ci fanno come loro. Se accogliamo pensieri di Vangelo e di bellezza, questi ci trasformeranno in custodi della bellezza e della tenerezza, il pane che salverà il mondo.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Liturgia e Liturgia della Parola della XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 12 agosto 2018

tratta da www.lachiesa.it