24 dicembre 2017 - IV Domenica di Avvento: vieni, vieni... non tardare!

News del 23/12/2017 Torna all'elenco delle news

Siamo oggi all'ultimo giorno di attesa che coincide alla Quarta domenica di Avvento. Il brano odierno di Luca indica nell'annunciazione dell'angelo a Maria il compimento della promessa fatta da Dio a Davide e con il richiamo a Giacobbe si vuol vedere in Gesù la realizzazione di tutte le promesse. Durante la sua vita Gesù non si è attribuito volentieri il titolo di «figlio di Davide», per non alimentare un nazionalismo facile e pericoloso. Identificandosi con i «poveri» che attendevano una salvezza spirituale, egli conferma che «la carne non serve a nulla», e che ogni potenza umana non ha consistenza. La sua nascita da una donna vergine mette in risalto la forza dell'intervento di Dio. Nella prima lettura vediamo che il re Davide vuole dare al popolo un centro di culto per rafforzare la sua dinastia, quasi ne fosse lui l'artefice, Dio ricorda che è lui il costruttore di ogni cosa. Davide pensa che la costruzione di una «casa» a Dio propizi in modo definitivo i suoi favori, e lo faccia abitare stabilmente in mezzo al popolo. Ma il profeta di corte è costretto a dirgli che sarà Dio a costruire una casa a Davide, cioè una dinasita che duri per sempre. Nella seconda lettura vediamo il modo di agire di Dio nella storia. Dio si inserisce in un quadro che si è venuto organizzando e modificando nel corso degli anni; e non agisce da solo, ma chiede la collaborazione cosciente e libera della madre, come in seguito farà con gli Apostoli e con tutti i credenti. Dio pone la sua dimora fra gli uomini: le pietre che la costituiscono sono quelli del «sì» incondizionato a Dio; Maria ne è la pietra viva. Poi Giuseppe, la cui disponibilità al piano di Dio assicurerà al bimbo che nascerà da Maria la discendenza regale della stirpe di Davide. Il salmo 88 è una celebrazione regale dell'Alleanza. Celebra l'elezione e unzione regale di Davide, accompagnata da solenni promesse divine. La profezia dell'oracolo davidico solo nel Cristo trova trova la sua pienezza. Quella pienezza ci è data con la nascita del Salvatore. Chiediamo con l'autore santo: vieni, vieni o Salvatore. La terra ti attende, noi ti attendiamo. Ristora le nostre sofferenze, i nostri mali. Sii tu la mia salvezza e io possa essere tuo figlio/a, per l'eternità beata.

Omelia dei Monaci Benedettini Silvestrini

L'esempio di Maria è la via di salvezza sicura

Il Natale è la storia di un dialogo che una donna intesse con il figlio che porta nel grembo; un dialogo che, col passare delle settimane, si infittisce con la stessa naturalezza con cui progressivamente si intrecciano muscoli e nervi che compongono quel corpicino. Dopo il parto, la possibilità di dialogare col neonato verrà estesa a tutti. Ci vuole uno sguardo di fede per cogliere come un tale dialogo, dapprima intimo e poi universale, abbia origine in un altro dialogo, quello tra il Creatore e la creatura.

È il mistero dell’Annunciazione, mistero di stupore che ci invade ogni volta che sentiamo parlare del viaggio del messaggero divino al cospetto dell’umile fanciulla di Nazareth. Visione dell’angelo o rivelazione interiore? Non è importante sapere come sia avvenuto l’incontro, ma di certo Maria è stata avvolta dalla gioia del favore divino («Rallegrati, piena di grazia»), una gioia inimmaginabile e mai provata prima da una creatura: la gioia di Dio che irrompe nella storia degli uomini in modo originale e definitivo. Altre volte il Signore si era rivelato ai suoi fedeli e aveva anche operato delle maternità prodigiose, come quella di Sara, madre di Isacco, o di Anna, madre di Samuele, ma non aveva ancora deciso di prendere Egli stesso qualcosa da noi. Prende ciò che più ci caratterizza, quella carne con cui esultiamo ma anche soffriamo, perché l’esperienza del dolore è primaria alla nostra coscienza quanto quella della gioia. E proprio perché si tratta di un incontro avvenuto nella sua carne, Maria è attraversata all’inizio dal dolore del turbamento, dalla domanda drammatica sul motivo di una presenza e di un saluto che sono troppo altisonanti per una ragazza abituata al silenzio orante e operoso, tutto volto ad ascoltare la voce dello sposo Giuseppe ormai imminente. Invece Maria è scelta per udire la voce di un altro Sposo e il suo Sì «inciderà la presenza di Dio nella sua carne e provocherà un mutamento del suo corpo riplasmato dalla creatura che lei si trova a portare in grembo» (Luciano Manicardi). Segnata per sempre dall’Onnipotente nella carne, ella è chiamata a diventare il suo segno nel mondo per ogni generazione. E tutto questo accade in un istante, nello spazio di un saluto e di una notizia. Perché Maria non è rimasta nel suo smarrimento? Dove ha trovato la luce per rispondere Sì? Eppure non è stato facile per lei. Per noi «fa parte della fiaba: arriva l’angelo e tu dici Sì, senza nemmeno pensarci troppo. E invece se mi fermo a pensare: a chi potevi chiedere stupita come sarebbe andata a finire, a chi potevi confidare che era il figlio di Dio? Quando hai detto Sì, hai pensato a tutto questo? Oppure ti è sembrato naturale accogliere questa vita nuova, questa sterzata che ti cambiava prospettive e programmi?» (Giovanna Monorchio). Maria è pronta a lasciarsi stravolgere da Dio, senza sapere cosa sarà di lei, perché è vergine, ossia l’attesa pura dell’Amore puro, attesa incontaminata da sterili tentativi di trovare l’amore, tutta disposta invece a ricevere il dono di Dio. Maria non si smarrisce perché si fida di suo Padre, che non la lascerà mai sola («il Signore è con te»), e accetta che la propria vita sia d’ora in poi totalmente visitata e guidata da un Altro. Sa che non potrà tornare indietro, perché si diventa padri e madri per sempre, ma non teme. «Come avverrà questo?». Ella chiede soltanto come deve comportarsi, cosa Dio si aspetta da lei. Non è resistenza la sua, ma desiderio di disporsi all’azione divina, di partecipare con creatività all’opera del Signore. L’angelo le spiega che non dovrà fare nulla, perché farà tutto lo Spirito Santo, Colui che fa le cose impossibili. La vergine si sente adombrata dallo Spirito, come la nube nel deserto copriva la tenda del convegno, in cui la gloria di Dio stabiliva la sua dimora. Sarà la madre del Santo, del Figlio di Dio, dell’Atteso del popolo. A Maria non sfuggivano le grandi opere di Dio nel passato e le attese di quelle future: adesso, nel frammento della sua povera carne, si concentra tutta la storia della salvezza che chiede di passare di là, come attraverso una porta che solo lei può aprire. Il segno della sterilità di Elisabetta, ormai superata, è per Maria la conferma che il suo Sì porta a compimento i Sì del popolo nel passato e prepara quelli futuri. Il racconto si conclude col desiderio ardente di vedere compiuta in sé l’opera di Dio, senza alcun merito, percependosi come «la serva del Signore». Per l’uomo “senza vocazione” del nostro tempo, la cui identità è troppo spesso asservita all’ultima tendenza dominante, la storia di Maria diventa così la testimonianza di una vita che si dispiega gioiosamente nella risposta d’amore al Dio che chiama, sconvolge e consola.

Omelia di don Antonino Sgrò (tratta dal sito diocesano www.reggiobova.it)

 

Liturgia e Liturgia della Parola della IV Domenica di Avvento (Anno B) 24 dicembre 2017

tratto da www.lachiesa.it