17 settembre 2017 - XXIV Domenica del T.O.: l'unica misura del perdono è perdonare senza misura
News del 16/09/2017 Torna all'elenco delle news
“Il peccato dell’uomo è un pugno di sabbia, la misericordia divina un mare sconfinato” san Serafino di Sarov.
«Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette», cioè sempre. L'unica misura del perdono è perdonare senza misura. Perché il Vangelo di Gesù non è spostare un po' più avanti i paletti della morale, ma è la lieta notizia che l'amore di Dio non ha misura. Perché devo perdonare? Perché cancellare i debiti? La risposta è molto semplice: perché così fa Dio.
Gesù lo racconta con la parabola dei due debitori. Il primo doveva una cifra iperbolica al suo signore, qualcosa come il bilancio di una città: un debito insolvibile. «Allora il servo, gettatosi a terra, lo supplicava..»" e il re provò compassione. Il re non è il campione del diritto, ma della compassione. Sente come suo il dolore del servo, e sente che questo conta più dei suoi diritti. Il dolore pesa più dell'oro. E per noi subito s'apre l'alternativa: o acquisire un cuore regale o mantenere un cuore servile come quello del grande debitore perdonato che, "appena uscito", trovò un servo come lui.
"Appena uscito": non una settimana dopo, non il giorno dopo, non un'ora dopo. "Appena uscito", ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato, appena restituito al futuro e alla famiglia. Appena dopo aver fatto l'esperienza di come sia un cuore di re, «presolo per il collo, lo strangolava gridando: "Dammi i miei centesimi"», lui perdonato di miliardi!
Eppure, questo servo "'malvagio" non esige nulla che non sia suo diritto: vuole essere pagato. È giusto e spietato, onesto e al tempo stesso crudele. Così anche noi: bravissimi a calare sul piatto tutti i nostri diritti, abilissimi prestigiatori nel far scomparire i nostri doveri. E passiamo nel mondo come predatori anziché come servitori della vita.
Giustizia umana è "dare a ciascuno il suo". Ma ecco che su questa linea dell'equivalenza, dell'equilibrio tra dare e avere, dei conti in pareggio, Gesù propone la logica di Dio, quella dell'eccedenza: perdonare settanta volte sette, amare i nemici, porgere l'altra guancia, dare senza misura, profumo di nardo per trecento denari.
Quando non voglio perdonare (il perdono non è un istinto ma una decisione), quando di fronte a un'offesa riscuoto il mio debito con una contro offesa, non faccio altro che alzare il livello del dolore e della violenza. Anziché annullare il debito, stringo un nuovo laccio, aggiungo una sbarra alla prigione.
Perdonare, invece, significa sciogliere questo nodo, significa lasciare andare, liberare dai tentacoli e dalle corde che ci annodano malignamente, credere nell'altro, guardare non al suo passato ma al suo futuro. Così fa Dio, che ci perdona non come uno smemorato, ma come un liberatore, fino a una misura che si prende gioco dei nostri numeri e della nostra logica.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Morire all'odio e vivere nella gioia del perdono
La parola di Dio della XXIV domenica del tempo ordinario ci invita al perdono reciproco da attuare in ogni situazione e sempre, senza limiti di numeri, di persone, di spazio e di consistenza del danno ricevuto o dell'offesa avuta. Bisogna perdonare, ma anche chiedere perdono se siamo stati noi ad offendere gli altri, a provocare nel loro animo e cuore il dolore e l'angoscia.
Ecco perché oggi, come inizio della nostra preghiera assembleare, troviamo questa bellissima orazione, attinente al tema della giornata: ?O Dio di giustizia e di amore, che perdoni a noi se perdoniamo ai nostri fratelli, crea in noi un cuore nuovo a immagine del tuo Figlio, un cuore sempre più grande di ogni offesa, per ricordare al mondo come tu ci ami?.
L'amore di Cristo è arrivato all'estremo limite delle possibilità umane. Egli ci ha perdonati dalla croce, comprendendo i nostri peccati, perché non sappiamo riconoscere la verità, la giustizia e l'amore ed abbiamo bisogno di un'educazione all'amore che porta per sua natura al perdono. Sappiamo benissimo come è difficile perdonare chi ci ha fatto del male. E tutti, chi più chi meno, sono passati per questa triste esperienza dell'offesa ricevuta e a volte data, dalla quale solo la grazia di Dio e sincero pentimento può sanare definitivamente sa un punto di vista interiore, ma non umano e fisico.
I segni delle sofferenze patite, molte volte segnano il corpo e la mente delle persone, che non riescono ad uscire da un'esperienza di risentimento e di rancore che pure la parola di Dio prende seriamente in considerazione, come nel caso della prima lettura di oggi, tratta dal libro del Siracide: ?Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro?. Un cuore non risanato dalla grazia, chiede vendetta e vuole vendetta.
La parola di Dio ci ammonisce con queste espressioni che fanno riflettere a chi ha simili pensieri nella mente: ?Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati?.
Cosa fare allora? Il consiglio viene presto dato da uno dei libri sapienziali dell'Antico Testamento, che è il Siracide: ?Perdona l'offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore??.
Infatti, bisogna considerare un aspetto importante nel discorso del perdono: ?chi non ha misericordia per l'uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, come può ottenere il perdono di Dio? Chi espierà per i suoi peccati??.
In tutto questo riflettere e meditare sulla propria condizione umana ed esistenziale c'è qualcosa di importante da avere nella mente e nel cuore: ?Ricòrdati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l'alleanza dell'Altissimo e dimentica gli errori altrui?.
Il percorso spirituale e psicologico e tracciato su come arrivare al vero perdono e a non coltivare più risentimenti e rancori. Seguiamo queste indicazioni concrete ed operative della parola del Signore.
D'altra parte, il vangelo di questa domenica ce lo dice apertamente attraverso la voce diretta di Gesù, il quale risponde a questa domanda di Pietro: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
La conclusione di tutto il ragionamento e del discorso qual è?: ?Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello?.
Bisogna perdonare con il cuore e non solo con la parola, cioè bisogna davvero mettere la parola fine sulle questioni che possono far scattare quei risentimenti e rancori mai sopiti e che spesso riemergono in presenza di quella persona o di fatti similari.
Come si fa a perdonare a chi ti uccide un figlio? Come si fa a perdonare a chi ti ha calunniato, diffamato, facendo passare per vero la menzogna più totale? Come si fa a perdonare chi ti ha tolto l'amore, la famiglia, i sentimenti veri, ti ha fatto soffrire volutamente? Non è facile, ma solo chi entra in un cammino di conversione vera ed autentica che può raggiungere progressivamente questo risultato di pacificazione del proprio cuore e della propria mente, perché il rancore e il risentimento, l'odio uccidono lentamente e non fanno più vivere serenamente. Con il salmista, sappiamo valorizzare la preghiera come strumento per purificare la nostra mente da ogni scoria di risentimenti ed odii.
Se il Signore, nostro Dio e Salvatore, agisce così con noi, perché noi dovremmo continuare ad avere atteggiamenti di odio e risentimento verso qualcuno? Sbagliamo di grosso, quando agiamo così e non ci lasciamo condurre per mano verso la vera libertà interiore, che è quella del perdono.
E facendo tesoro di quello che ci ricorda l'apostolo Paolo nel brano della sua lettera ai Romani, non dimentichiamo che ?sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore?. E che ?nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore?.
Morire all'odio e vivere nella gioia del perdono, questo è l'invito che ci viene rivolto e che vogliamo accogliere, oggi e sempre, superando le barriere dei conflitti di ogni genere.
Omelia di padre Antonio Rungi
Il vangelo col Papa in Colombia
Il papa Francesco è appena stato in Colombia, quasi a sancire con il suo interessamento un fatto storico, la fine di un interminabile conflitto che ha insanguinato quel Paese: la fine, perché una delle due parti ha deciso di rinunciare alla violenza e così ristabilire la pace sociale. Sembra l'attuazione di quanto si legge nella Messa di oggi.
"Il rancore e l'ira sono un abominio. Perdona l'offesa del tuo prossimo e allora ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore?" Era scritto così già nell'Antico Testamento (Siràcide 27,30-28,7); Gesù lo riprende con la parabola (Matteo 18,21-35) del re che generosamente condona a un debitore l'enorme somma di diecimila talenti, ma poi lo punisce quando viene a sapere che quel suo suddito non ha voluto condonare a un suo compagno un debito di pochi spiccioli. Il re della parabola è Dio, i debiti degli uomini verso di lui sono i peccati, che egli perdona per quanto grandi possano essere, a condizione che gli uomini perdonino ai loro simili i torti da loro ricevuti.?
Ma quanto è ampio il perdono? La parabola ha origine da una domanda di Pietro: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?" Sette volte: chissà quanto gli pareva di essere generoso, nell'indicare quel numero, e certo non si aspettava come risposta "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette", cioè sempre.
Il comportamento degli uomini deve modellarsi su quello di Dio, il quale non dice mai basta a chi ricorre alla sua misericordia. Ma a condizione che facciamo altrettanto tra noi. "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori": così Gesù ha insegnato a pregare; lo ripetiamo col Padre Nostro chissà quante volte, ma quante volte poi lo mettiamo in pratica? Offese e torti, rancori e ripicche, sono all'ordine del giorno, tra parenti, vicini di casa, colleghi di lavoro e così via. Solo il perdono tronca sul nascere questa catena infernale, che amareggia la vita e provoca ferite spesso insanabili quando non veri e propri delitti (vedi i casi di femminicidio)?.
Qualcuno si vendica perché pensa che il perdono sia segno di debolezza, cosa da donnicciole impaurite o da imbelli senza spina dorsale. Ma non è così, e per varie buone ragioni. Basterà ricordarne un paio. La prima prescinde da considerazioni religiose: la vendetta è cosa da barbari, da trogloditi; sono lontani i tempi in cui gli uomini erano un aggregato indistinto di individui, in cui ciascuno doveva pensare a sé e affermarsi da solo in rivalità con i propri simili. Con la civiltà gli uomini si sono dotati di un sistema giuridico, creato apposta per evitare la vendetta privata e demandare la soluzione dei conflitti a una parte terza, che giudica con obiettività in base alle leggi comuni. La seconda si basa sulla fede: se Dio condanna "il rancore e l'ira" che portano alla vendetta, chi è l'uomo per non tenerne conto? Gesù ha ribadito questo comando, l'ha dilatato senza misura, e in più ne ha dato l'esempio nella forma suprema, perdonando addirittura a chi lo stava inchiodando alla croce. Il perdono è tutt'altro che debolezza: è padronanza di sé, è coraggio, è espressione di una conseguita umana maturità.
? Conflitti, considerando i limiti della natura umana, ne sorgeranno sempre, spesso pretestuosi, talora con fondamento: ma odio e vendetta non ne hanno mai risolto uno. Il perdono è la matrice della pace: la pace del cuore, a sua volta matrice della pace sociale. Il cristiano, inoltre, perdonando richiama e manifesta l'infinita bontà divina. Un'orazione della Messa di oggi suona così: "O Dio di giustizia e di amore, che perdoni a noi se perdoniamo ai nostri fratelli, crea in noi un cuore nuovo a immagine del tuo Figlio, un cuore sempre più grande di ogni offesa, per ricordare al mondo come tu ci ami".
Liturgia e Liturgia della Parola della XXIV Domenica del TEmpo Ordinario (Anno A) 17 settembre 2017
tratto da www.lachiesa.it