L'arcivescovo Morosini ai sei nuovi sacerdoti: radicatevi nella croce di Cristo!
News del 06/05/2017 Torna all'elenco delle news
Stasera in Cattedrale per l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell'arcivescovo Morosini sono diventati presbiteri Danilo, Francesco, Frederic, Gino, Luca e Vladimiro.
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Discepoli per sempre a servizio della Chiesa
E’ un giorno di festa per l’intera comunità diocesana quello in cui l’arcivescovo Morosini può consegnare alla sua chiesa sei nuovi sacerdoti, consacrandoli nella Basilica Cattedrale: Vladimiro Calvari, Luca Mazza, Danilo Nocera, Gino Irina Ralijaona, Frederic Randrianarimalala e Francesco Velonà. E’ il giorno del sì alla chiamata cui da tempo si sono preparati, l’inizio solenne e gioioso di una vita nuova nel servizio del ministero presbiterale. A presentarli per l’ordinazione, all’inizio della Celebrazione Eucaristica, è mons. Salvatore Santoro, rettore del Seminario, che visibilmente commosso pronuncia i loro nomi davanti all’arcivescovo attorniato dal suo presbiterio, con una folta rappresentanza di sacerdoti e diaconi, arricchito dalla presenza degli arcivescovi emeriti Vittorio Mondello e Salvatore Nunnari. La Cattedrale è gremita come nelle grandi occasioni, un caloroso abbraccio delle famiglie, degli amici, delle comunità di provenienza e dei gruppi di Azione Cattolica e scout.
Nell’omelia l’arcivescovo evidenzia alcuni spunti di riflessione che emergono dai brani biblici per consegnarli agli ordinandi come ricordo e come dono: anzitutto la centralità di Cristo “che deve essere custodita e difesa” e che “ non può essere di un momento, ma deve crescere e svilupparsi per dare stabilità alla consacrazione”. Credere che solo Cristo e nessun altro è fonte di salvezza è la verità di fede su cui si gioca l’esistenza e la missione di un sacerdote, il cui impegno di vita diventa “seguire le orme di Cristo” annunciando il mistero della sua morte e risurrezione nella celebrazione della S. Messa. “La sequela di Cristo che scaturisce dalla fiducia che nutriamo in lui - sottolinea l’arcivescovo - è un atto di amore che ci porta con Cristo a metterci a servizio dei fratelli. Questo dono sta al centro del sacerdozio di Cristo e della sua missione. Il Cristo Signore è il crocifisso. Le orme che Cristo ha impresso per noi sulla terra, sono le orme che lo condussero al Calvario, dove lui ha raggiunto la pienezza del dono della sua vita. Queste orme di Cristo impresse nella storia degli uomini dovranno segnare il cammino del vostro sacerdozio e farvi maturare in quell'atteggiamento di compassione e di misericordia che caratterizza il sacrificio di Cristo”.
L’icona evangelica del Buon Pastore è il modello da seguire: “Gesù dice che è la porta che ci immette nella vita e in ogni forma di sicurezza e di senso che noi cerchiamo”. Solo “riponendo in Lui il senso della vita e mantenendo questa fedeltà integra e immacolata”, il ministero sacerdotale resta credibile nel tempo difficile che la chiesa sta vivendo, per il relativismo imperante ma anche perché nella società emergono in misura crescente altre “promesse di redenzione a buon mercato”. “Radicatevi nella croce di Cristo – esorta l’arcivescovo gli ordinandi - se non resterete saldi in essa, il vostro sacerdozio potrebbe perdere di forza. Per essere pastori veri dovete seguire le orme del pastore supremo Cristo Signore. Abbracciate pertanto questa croce, che oggi per noi si traduce nell’insignificanza del nostro annuncio da parte di tanti. E’ questa la croce che oggi nei nostri ambienti viene posta sulle spalle di un giovane consacrato: il rischio che il suo annuncio non venga capito. Se siete capaci di portare questa Croce, le orme dei vostri piedi si imprimeranno su quelle lasciate da Gesù e voi sarete pastori secondo il suo cuore”. E’ una sequela sulla quale l’arcivescovo invita a riflettere tutti i sacerdoti, ritornando al primo istante della consacrazione per ripercorrere tutta la propria esperienza ministeriale. “Voltiamoci indietro: abbiamo calpestato le orme di Cristo?” lasciando che nel cuore di ognuno si maturi ben oltre questa celebrazione la risposta.
Conclusa l’omelia inizia il rito dell’ordinazione, con la preghiera e le Litanie dei santi, mentre gli ordinandi sono prostrati a terra, che preparano il momento dell’imposizione delle mani sul loro capo, prima dell’arcivescovo Morosini, poi di mons. Mondello e mons. Nunnari, ed a seguire di tutti gli altri sacerdoti, che ad uno ad uno sfilano davanti ai giovani inginocchiati, in silenzio, compiendo il gesto che più di tutti rappresenta il mistero di questo rito: l’effusione dello Spirito Santo che rende partecipi del sacerdozio di Cristo e conferisce la dignità presbiterale. Esso esprime visibilmente l’incontro tra Dio e l’uomo, tra la chiamata e l’eccomi della sua adesione, e si completa con la vestizione degli abiti sacerdotali, l’unzione delle palme delle mani con il sacro Crisma, la consegna del pane e del vino, infine l’abbraccio di pace che scioglie in gioia la densità spirituale del rito. E’ il momento per i sei giovani divenuti ormai sacerdoti dell’arcidiocesi reggina-bovese, di apprestarsi all’altare della Basilica Cattedrale per la prima concelebrazione, la prima offerta di quel sacrificio che durerà tutta la vita.
Articolo di Antonia Cogliandro, pubblicato su "L'Avvenire di Calabria" del 14 maggio 2017