Rigenerati dalla Pasqua: la testimonianza di padre Domenico Colossi

News del 26/04/2017 Torna all'elenco delle news

Esistiamo già nel cuore di Dio prima di essere chiamati. Siamo prima amati. La fede non è che una risposta a quell’Amore. La fede è il frutto della Pasqua, nasce dalla tomba vuota, dai segni di resurrezione che riusciamo a cogliere nelle vicende della nostra vita. A parlare è padre Domenico Colossi, direttore da alcuni mesi dell’Ufficio Diocesano del catecumenato, che ha seguito il cammino dei giovani che hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana durante la Veglia Pasquale. Il discernimento sul percorso di fede degli adulti è il suo mandato vocazionale e fa parte del suo bagaglio di esperienze sin da prima di giungere a Reggio Calabria. Come parroco si scontra quotidianamente con le storie di tanti giovani disorientati: “il vero problema di oggi – spiega – non è tanto la negazione di Dio ma l’indifferenza!” che porta a vivere in modo superficiale accontentandosi di orizzonti ristretti. “Solo sperimentando l’inconsistenza del mondo, solo toccando direttamente i limiti propri di una visione materialistica della vita si può andare oltre, solo quando la contestazione non approda alla pace interiore ci si rende conto di aver sbagliato strada, solo allora ci si apre alla fede. E’ il momento dell’incontro con Cristo, che arriva per ognuno in un momento diverso, come per la samaritana al pozzo, che rilegge tutto il suo passato in una prospettiva nuova e liberatoria, come per Zaccheo che percepisce il vuoto interiore di una vita solo apparentemente appagata. Quando dentro di noi avvertiamo questo vuoto di senso ci apriamo alla fede. Oppure Gesù può passare inutilmente dalla nostra strada, come per il ragazzo ricco della parabola che non sa leggere i segni di bene e rifiuta gli impegni che la sequela di Cristo comporta: vendi quello che hai e seguimi!”.

Il cammino della fede nasce dalle esperienze di ogni giorno, anche le più insignificanti, nelle quali la presenza di Dio si manifesta in modo improvviso con le piccole gioie, oppure con la forza di affrontare una profonda sofferenza, con la speranza che vince sulla tentazione della disperazione: “inizia da una lettura della nostra vita a partire dal Cristo risorto” perché il primo atto di fede è davanti alla tomba vuota, quel “vide e credette” dell’apostolo Giovanni. Dall’atto di fede iniziale scaturiscono, come per gli apostoli, l’annuncio e la testimonianza, l’adesione al Vangelo che  - sottolinea padre Domenico – propone orizzonti di vita, non da soluzioni concrete, non garantisce sulla strada intrapresa, ma implica una scelta che deve rinnovarsi quotidianamente. La persona libera sa scegliere e si assume la responsabilità delle proprie scelte, crea giorno per giorno la propria certezza sulla base della prospettiva di vita intrapresa. Come nella parabola delle dieci vergini, non si può dare l’olio della propria lampada, non si può cedere il proprio posto, ma illuminare l’altro con la propria testimonianza, recuperare l’altro alla verità attraverso il perdono, l’accoglienza, l’umiltà, la gentilezza. In questo aiuta l’incontro con la grazia dei sacramenti, attraverso i quali si rafforza in noi la presenza di Dio e diventa segno sensibile ed efficace del dono ricevuto, soprattutto nei momenti di difficoltà  e di crisi”.

“Noi giochiamo la nostra vita su due elementi fondamentali: la capacità di amare e di lasciarci amare. Lasciarsi amare è la cosa più difficile, accettare che l’altro mi voglia bene come sa e non come voglio io!”. Per chi sceglie di amare come Cristo, questo è il più importante comandamento. Quello che fa superare gli egoismi per essere dono per gli altri, quello che rende il cristiano realmente protagonista di un cambiamento che parte da se stesso per rinnovare tutto l’ambiente in cui vive: “una società nuova comincia là dove c’è qualcuno che si impegna a diventare una persona nuova, sull’esempio della novità del Cristo”.

di Antonia Cogliandro