Quando la fede è un dono condiviso: la testimonianza di Gabriele Capola battezzato durante la Veglia Pasquale in Cattedrale

News del 16/04/2017 Torna all'elenco delle news

Quando la fede è un dono condiviso, una chiamata che si alimenta e si realizza pienamente nell’amore. E’ la storia di Gabriele Capola, 31 anni, una laurea in psicologia ed un lavoro da insegnante, il cui Battesimo nella notte di Pasqua è frutto di un cammino di fede vissuto con la sua fidanzata, nella parrocchia S. Pio X del Santuario di Maria SS. di Modena a Reggio Calabria. Hanno percorso insieme la strada verso i sacramenti, per Gabriele tutti e tre quelli dell’iniziazione cristiana, per Katia quello della confermazione, condividendo la gioia del cammino e sostenendosi e trascinandosi a vicenda. “Per me è stato questo il primo dono. E’ stata Katia a darmi l’input iniziale – racconta Gabriele – ad incoraggiarmi, ad appoggiarmi, ad aiutarmi a rompere quel muro che mi ero creato”, un misto di vergogna e paura che lo aveva fatto sentire diverso. E lo aveva indotto ad allontanarsi dalla sua chiesa, nonostante sin da piccolo partecipasse spesso alla Messa domenicale. “I miei genitori mi hanno sempre cresciuto da cristiano e quando ero piccolo a volte non ci facevo neanche caso, era come se i sacramenti ce li avessi”. Gabriele non ha mai chiesto ai suoi genitori, cristiani anche se non abitualmente praticanti, perché non è stato battezzato: “forse - dice - si aspettavano che un giorno lo facessi!” In questo cammino  del catecumenato lo hanno seguito e accompagnato nei vari riti con la loro presenza. “Adesso sono io che cerco di convolgerli!”. 

Nella comunità neocatecumenale di Modena Gabriele dallo scorso anno si prepara a ricevere i sacramenti con un percorso formativo di Lettura della Parola: “la comunità è stata per me una sorpresa - spiega - in comunità non ti senti diverso, perché ognuno porta dentro la sua storia, la sua chiamata secondo un disegno che è unico per ciascuno. Il mio è stato un percorso diverso dagli altri, ma ci sono arrivato, Lui ha voluto che arrivassi qui! Avvicinarsi alla fede non è sempre un cammino facile, ci sono momenti di sconforto, di difficoltà, accadono tante cose che poi alla fine capisci che ti hanno portato a questo, come un puzzle che si completa. Mi sento fortunato perché sono stato attirato, come la pecorella smarrita”. “Se leggere e meditare la Parola mi ha fatto comprendere diversamente la fede perché ho capito che Il Vangelo si deve vivere, altrimenti è inutile prendere i sacramenti, l’impossibilità finora di poterli ricevere pur partecipando alle Celebrazioni Eucaristiche, mi è servita a vivere il sacrificio, a rendermi conto che solo la grazia dei sacramenti aiuta a sentirsi completi”.

Per Gabriele quello che conta “non è solo arrivare al Battesimo, ma tutto il percorso fatto, che mi ha cambiato completamente la vita, mi ha fatto sentire la necessità di pregare, di affidarmi al Signore. Ho notato dei cambiamenti su me stesso: adesso quello che prima guardavo con superficialità è diventato importante, mi fa avere un approccio diverso verso gli altri, mi fa desiderare di aiutare l’altro e cerco di impegnarmi per poterlo fare”. Questo, ci tiene a ribadirlo, è uno degli insegnamenti più importanti del suo catechista che gli ricorda sempre: “quando aiuti qualcuno fallo in maniera anonima, nel silenzio, senza aspettarti il suo grazie. Ho sperimentato la gioia che questo può dare, che la ricompensa viene dal Signore!”

Il catechista Giuseppe Pisano, responsabile della terza comunità neocatecumenale ormai da 22 anni, racconta del confronto con Gabriele come di un dono, un’esperienza “che aiuta a verificare le cose che pensi di sapere e ti rafforza nell’umiltà. Il Signore chiama, affida, offre lo spunto, semina segni che bisogna interpretare, su cui fare discernimento. La missione di un formatore deve sempre partire dal cercare di capire sin dal primo giorno le intenzioni reali di chi chiede i sacramenti”, diventati quasi un lasciapassare per il matrimonio, sviliti nella loro potenza rigeneratrice dalla famiglia ed in generale dall’attuale cultura mordi e fuggi della società. “Di fronte ai tanti giovani che abbandonano, una storia come quella di Gabriele ha in sé qualcosa di speciale” e mostra a tutti che ancora si può rinascere a nuova vita.

di Antonia Cogliandro