1 marzo 2017 - Mercoledì delle Ceneri: polvere baciata e amata da Dio
News del 01/03/2017 Torna all'elenco delle news
Con la celebrazione di questa sera comincia il tempo di quaresima, che ci aiutera' a vivere nel modo piu' sincero che sia possibile la pasqua di Gesu'. Ci vengono consegnati: una parola, quella di Dio che ci invita a camminare sulla via del continuo rinnovamento della mente e del cuore; un segno, la cenere che riceviamo sulla fronte, che ci vuol comunicare il suo messaggio di umilta' e conversione; tre impegni: preghiera, digiuno ed elemosina, che vogliono ricordarci le tre direzioni importanti della nostra vita.
1) La cura della relazione con Dio, che è ascolto della sua parola, preghiera personale e in famiglia, prendersi un tempo per partecipare anche in giorno feriale alla celebrazione dell'eucaristia, vivere il sacramento della riconciliazione.
2) La cura della relazione con noi stessi, significata dal digiuno, che se vissuto bene aiuta l'autocontrollo e la ricerca di equilibri ai quali non pensiamo spesso, ad esempio potrebbe essere per me l'occasione di riscrivere la mia personalissima scala di valori, la rinuncia al superfluo, perché tutto possa diventare aiuto concreto ai più bisognosi ed indifesi.
3) La cura della relazione con il nostro prossimo, perché quello è il senso dell'elemosina. lo ripeto ancora una volta perché fa bene soprattutto a me: la parola elemosina viene dal verbo greco eleao che indica non tanto un aiuto materiale, quanto un coinvolgimento nella vita dell'altro, un farsi prossimo, un avere compassione, un entrare dentro le situazioni. Elemosina è carità, comprensione, amabilità, perdono, verso i vicini e verso i lontani.
Il segno della cenere allora, non è mai facile da spiegare (almeno io mi trovo sempre in difficoltà). Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai: è una delle due formule che si usano quando vengono imposte le ceneri. Certo lo sappiamo che tutto passa ed ha una fine (nei giorni scorsi le prime letture ci hanno fatto meditare proprio sulle opere dell'uomo che per quanto maestose poi crollano) e non siamo qui per un "pistolotto" sullo stile: state in guardia... attenti che poi... (alcuni lo facevano per tempo, magari tirando fuori un teschio per far più impressione ai fedeli). Molto semplicemente vogliamo avere una attenzione speciale a far si che quella tendenza a vivere e centrarsi troppo sul presente che naturalmente abbiamo, possa lasciare spazio a quel guardare oltre che tanto abbiamo sottolineato nel cammino parrocchiale, sia per quello che riguarda le omelie domenicali sia per quello che riguarda il cammino dei gruppi giovani. Per questo, dopo aver ricevuto la cenere baceremo il libro dei vangeli e ascolteremo la seconda formula: convertiti e credi al vangelo, credi alla parola eterna, credi alla parola che non passerà e che ci assicura che il nostro destino è la risurrezione.
La cenere ci parla di penitenza, ma non e' questione di mortificarsi e farsi del male, no! Il mondo di oggi (io!!!) ha bisogno di austerità, di sobrietà perché sciupiamo, consumiamo troppo. E al mondo possiamo dire che la sobrietà è libertà e che invece di consumare possiamo "dare la festa della condivisione"! e anche in un giorno mesto come il mercoledì della ceneri la chiesa può esercitare il ministero dell'allegria e della gioia: ricevo le ceneri per cominciare a vivere lo slancio della carità!
La cenere ci parla di umiltà: non ha certo lo splendore del fuoco, o la sua forza; non ha la vitalità dell'acqua o la fecondità della terra; non ha la bellezza delle pietre preziose ne' la fragranza di un profumo. Sì, concima bene, ma ci sono altre cose che concimano bene e il paragone non è poi così edificante. Mi fa bene pensare che ricevo sulla fronte qualcosa che non serve a nulla, perché è bene che io senta e faccia i conti (almeno oggi!!!) con la mia incapacità, che io faccia un bagno di umiltà; però, è anche vero che non siamo destinati ad essere pura polvere, perché su questa polvere del suolo, Dio ha soffiato il suo soffio che è spirito di vita. Riceviamo le ceneri, ma baciamo idealmente anche la polvere della terra dalla quale veniamo, dalla quale siamo nati, la terra che sono i nostri cari, la terra che sono coloro i quali ci sono stati d'esempio, le persone che ci hanno amato e ci hanno parlato di Gesù. Baciamo con gratitudine questa terra, perché prima di noi l'ha baciata e l'ha amata Dio.
Omelia di don Maurizio Prandi
Il trinomio prezioso
Gioele (Prima lettura) descrive la penuria e la fame in cui versa il popolo di'Israele in seguito a un'invasione di cavallette che ha distrutto il raccolto, ma facendosi portavoce di Dio invita tutti alla conversione e al pentimento: è stato il peccato del popolo a causare codesta disfatta. Ora occorre dare segno di pentimento e di conversione, soprattutto con la penitenza, la mortificazione e il digiuno. Il mondo cambia a partire dalla coscienza del singolo uomo e nessun vantaggio e mai possibile se non lo precede lo sforzo di rinnovamento e di radicale trasformazione interiore. L'imperfezione è il primo ostacolo d'abbattere per ritrovare se stessi e la precarietà e la miseria morale sono pericoli da combattere nella persona singola e nella società. Così sempre, e non soltanto nel popolo d'Israele oppresso dalla penuria e dalla carestia. Un coefficiente valido per optare per il rinnovamento è il digiuno. Esso era considerato nell'Antico Testamento un mezzo per umiliarsi davanti a Dio e per entrare nel vivo della comunione con lui; con il digiuno si fa esperienza del divino e si incrementa la familiarità con l'Assoluto. Rinunciare al cibo o ridurlo alla frugalità è un espediente che favorisce l'alleggerimento, lo svuotamento di se stessi per accrescere quell'umiltà che ci conduce a Dio e che ci predispone ad amare il prossimo. Per questo il digiuno è associato alla preghiera e alle opere di carità, senza le quali esso non avrebbe alcun valore se non di mera esteriorità innecessaria. La carità è reale ed effettiva quando deriva dall'umiltà e dalla fede e quando è anzi una conseguenza di queste. Se allora il digiuno non serve ad accrescere il nostro essere umili e devoti, non sarà mai vero digiuno e non condurrà mai alla carità concreta. Preghiera e digiuno in altri termini ci portano all'umiltà e questa conduce alla carità.
Ed è proprio questa la sintesi del Mercoledi delle Ceneri, che vede affollate le nostre chiese solitamente semideserte nei giorni feriali dell'inverno, perché ciascuno riceva sul capo un granello di polvere. Essa ci indica innanzitutto il valore dell'umiltà, la necessità di dover ammettere la nostra insufficienza e la nostra precarietà, riconoscendo di dover dipendere da Qualcuno che ci sovrasta ma che ci ama. L'umiltà per la quale consideriamo noi stessi nient'altro che polvere e cenere e che è stata alimentata dall'astinenza dai pasti (o almeno da una pietanza) prevista nella giornata di oggi e che avrà la sua concretezza nel bene che saremo in grado di fare ai fratelli. L'umiltà ci spinge a cercare Dio considerato come bene supremo e a orientare la nostra vita a Lui in un continuo processo ininterrotto chiamato conversione. Se sei polvere e cenere e se Dio ti ama, ebbene convertiti e credi al Vangelo, è la frase che vi viene detta al momento in cui veniamo cosparsi delle sacre ceneri.
Il Vangelo di oggi, che inaugura liturgicamente l'inizio di un percorso di rinnovamento spirituale che interessa l'interiorità del singolo e l'intera comunità ecclesiale, ci parla della vera carità, scaturente dall'umiltà e dalla mortificazione che conducono alla fede: "Non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
La metafora esprime che è necessaria l'umiltà e la fuga dalla vanagloria. Praticare la carità gonfi di presunzione e di vano orgoglio non fa altro che rendere ridicoli, poiché dimostra l'inutilità stessa delle nostre presunte opere di bene. Inutilità in tal modo palesata sia davanti a Dio sia davanti agli uomini, per il semplice fatto che non vi è difficoltà alcuna a fare il bene quando questo non ci costa nulla e non ottiene certo dei meriti il compiere delle buone azioni al solo scopo di ottenere il plauso e l'approvazione di chi ci sta osservando. In casi come questi si è capaci di buone azioni che sapremo fare solo in quella circostanza, ma che non saremo in grado di ripetere in futuro, con la conseguenza di sterile falsità e ipocrisia da parte nostra. Quando si esercita l'amore ravvivati da una profonda umiltà e da una vera disposizione di cuore, la nostra trasparenza sarà indubbia e la sincerità con cui si a il bene sarà di edificazione agli altri. La carità deriva infatti da uno sprone che può darci solamente un cuore puro e uno spirito ben disposto, riceve la spinta iniziale dall'umiltà e nella fede trova la sua continua forza di inerzia.
In queste settimane privilegiate che ci attendono saremo condotti all'esercizio dell'umiltà perché saremo spronati a guardare a Dio che da parte sua non cessa di chiamarci a conversione e ad instaurare una relazione di amore con noi nel suo Figlio Gesù Cristo. Corrisponderemo all'appello di Dio che ci invita alla comunione con sé radunandoci nel suo Figlio Gesù e rendendoci consapevoli di essere sempre amati e prediletti nonostante le deficienze di cui è causa il nostro peccato. L'umiltà consisterà nel riconoscerci effettivamente bisognosi di questa comunione con Cristo e di saperci insufficienti e privi di orientamento quando essa venga a mancare; essa è la risorsa privilegiata che ci pone sempre di fronte al nostro peccato, ravvivando in noi la coscienza di manchevolezza verso Dio che rovina peraltro noi stessi e la nostra convivenza. L'umiltà cancella l'orgoglio e la presunzione aprendo le porte al dono della fede, che in essa viene coltivato, approfondito e alimentato e la fede non potrà che condurre al "prestare attenzione" al fratello, concependo così la carità sincera, disinvolta e disinteressata.
Omelia di padre Gian Franco Scarpitta
Commento su Mt 6,1-6.16-18
Collocazione del brano
Questo brano fa parte del discorso della Montagna di Matteo. Dopo le sei antitesi, con cui Gesù supera e completa la legge di Mosè, egli sottolinea il modo giusto con cui praticare i tre atti di religiosità più diffusi nella sua società: l'elemosina, la preghiera e il digiuno. Il vangelo di Matteo è attraversato dal senso della giustizia, la giustizia che deriva dalla giusta osservanza della Legge e della volontà di Dio. In modo ancora più specifico il discorso della montagna ricorda ai suoi uditori che la loro giustizia deve essere superiore a quella di scribi e farisei, i quali con le loro opere buone cercavano soprattutto un riconoscimento da parte degli altri uomini. Questo brano è stato scelto per iniziare il cammino di Quaresima poiché ci ricorda le opere da compiere in modo speciale in questo periodo il loro vero significato.
Lectio
1State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Il Signore ci mette in guardia. Non dobbiamo "praticare la nostra giustizia" davanti agli uomini. Praticare la giustizia è un termine tecnico, è seguire la Legge, compiere ciò che è prescritto dal buon israelita. A noi fare le dovute trasposizioni nella condotta del buon cristiano. Gesù si riferisce in particolare all'atteggiamento dei farisei, i quali avevano come intento fondamentale appunto quello di osservare scrupolosamente la Legge, ma spesso il loro atteggiamento rimaneva superficiale e non andava al cuore della loro vita. Lo scopo risultava essere quello di essere ammirati dagli altri. Per queste persone il giudizio è categorico: non riceveranno ricompensa (salario) da parte di Dio. Non è che bisogna compiere le opere di giustizia per ottenere un tornaconto, ma queste ci aiutano ad entrare in comunione con Dio che è il primo ad essere giusto e misericordioso. E' questa la vera ricompensa.
2Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Gesù passa in rassegna tre attività fondamentali del pio israelita. La prima è l'elemosina. Nella Legge erano previste delle procedure precise per sfamare i poveri (es. la decima triennale prevista da Dt 14,28-29), ma l'elemosina personale e spontanea era considerata un elemento di distinzione delle persone pie. Proprio per questo Gesù ricorda di compiere questo gesto senza suonare la tromba. Ovviamente è un'espressione iperbolica, suggerisce di non sottolineare il gesto in sé come ovviamente molti invece facevano. Costoro vengono chiamati ipocriti, cioè equiparati agli attori che con una maschera davanti alla faccia inscenavano sentimenti non propri. Il termine è passato nel parlare comune, indicando appunto colui che atteggia sentimenti non del tutto sinceri. Questi ipocriti che vogliono essere ammirati dalla gente hanno già ricevuto la loro ricompensa, hanno raggiunto il loro obiettivo.
3Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Gesù esorta il suo interlocutore a fare l'elemosina in modo tanto segreto che la mano sinistra non sa cosa abbia fatto la mano destra. Questo sembra quasi un proverbio. Non è molto chiaro in cosa consista questo modo di fare segreto, però si può arguire significhi che nemmeno il nostro amico più intimo sappia quando e cosa abbiamo dato in elemosina. Dio invece vede nel segreto, conosce la tua elemosina e le motivazioni con cui l'hai compiuta, e ricompenserà la tua generosità.
5E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Ancora gli ipocriti vengono additati come esempio negativo. Vi erano dei momenti di preghiera comune compiuti al Tempio o nella sinagoga, però poi vi erano delle persone che pregavano da sole in questi luoghi o addirittura all'esterno, nelle piazze, sempre per farsi vedere. Gesù critica queste persone, sempre per i motivi di cui sopra.
6Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. L'atteggiamento antitetico a costoro è quello di chi si ritira nella camera, cioè nella parte più interna della casa, che non aveva finestre e quindi era proprio il luogo meno indicato per mettersi in mostra. Non solo: bisogna chiudere anche la porta. La preghiera viene dunque vista come un impegno personale, un incontro con Dio, non certo un modo per ostentare la propria pietà religiosa. Di nuovo si ripete la conoscenza da parte di Dio e la sua ricompensa, secondo lo stile amato dalla letteratura ebraica. I versetti 7-15 sono stati tagliati e Matteo li dedica al Padre Nostro. Gesù ci suggerisce di non sprecare troppe parole quando preghiamo e ci indica quali sono le parole giuste, quelle appunto del Padre Nostro, accompagnate anche dall'esortazione a perdonare coloro che ci hanno fatto dei torti.
16E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Infine si arriva al digiuno. Il digiuno richiesto dalla Legge era quello del Giorno dell'espiazione (Lv 16,31). Inoltre in caso di disastri nazionali o momenti di particolare necessità veniva indetto un digiuno pubblico. L'atteggiamento che Gesù vuole criticare qui è però il digiuno privato, che i farisei praticavano il lunedì e il giovedì. Anche qui vi era chi ostentava la sua situazione di digiuno per farsi notare e ammirare dagli altri.
17Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, 18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Gesù dà invece dei consigli di bellezza, non assumere uno stile di lutto, ma di gioia. Il profumarsi il capo con l'olio veniva fatto nei giorni di festa. In fondo il digiuno, se fatto con il desiderio di incontrare il Signore è un momento di festa e di gioia.
Meditiamo
- Quali sono le opere di giustizia che pensi di compiere durante questa Quaresima?
- Quali le motivazioni che ti portano a compiere questi gesti o a rinunciare a qualcosa?
- Qual è la ricompensa che ti aspetti dal Signore?
Preghiamo (Orazione del Mercoledì delle Ceneri) O Dio, nostro Padre, concedi, al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male.
Omelia a cura del Monastero Domenicano Matris Domini
tratto da www.lachiesa.it