24 giugno: la Natività di San Giovanni Battista
News del 23/06/2017 Torna all'elenco delle news
Giovanni Battista è l’unico santo, oltre la Madre del Signore, del quale si celebra con la nascita al cielo anche la nascita secondo la carne. Fu il più grande fra i profeti (Lc 7, 26-28), perché potè additare l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29.36). La sua vocazione profetica fin dal grembo materno è circondata di eventi straordinari, pieni di gioia messianica, che prepararono la nascita di Gesù (cfr Lc 1, 14.58). Giovanni è il Precursore del Cristo con la parola e con la vita (Mc 6, 17-29). Il battesimo di penitenza che accompagna l’annunzio degli ultimi tempi è figura del Battesimo secondo lo Spirito (Mt 3,11). La data della festa, tre mesi dopo l’annunciazione e sei mesi prima del Natale, risponde alle indicazioni di Luca (1,39.56-57).
Si tratta di una festa antichissima risalente al IV secolo. Perché la data del 24 Giugno? Nell'annunciare la nascita di Cristo a Maria l'angelo le dice che Elisabetta sua parente è al sesto mese. Dunque il Battista doveva nascere sei mesi prima di Gesù e in questo modo è rispettata la cronologia (Il 24, anziché il 25 giugno, è dovuto al modo di calcolare degli antichi, non per giorni, ma per Calende, Idi e None). Naturalmente, queste date hanno valore liturgico e simbolico, non storico. Non conosciamo il giorno e l'anno esatti della nascita di Gesù e quindi neppure del Battista. Ma questo cosa cambia? L'importante per la fede è il fatto che è nato, non il quando è nato.
Il culto si diffuse rapidamente e Giovanni Battista divenne uno dei santi cui sono dedicate più chiese nel mondo. Ventitre papi presero il suo nome. All'ultimo di essi, papa Giovanni XXIII, è stata applicata la frase che il Quarto Vangelo dice del Battista: "Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni". Pochi sanno che i nomi delle sette note musicali (Do, Re, Mi, Fa', Sol, La, Si) hanno a che vedere con Giovanni Battista. Sono desunte dalla prima sillaba dei sette versi della prima strofa dell'inno liturgico composto in onore del Battista.
Il brano evangelico parla della scelta del nome di Giovanni. Ma è importante anche ciò si ascolta nella prima lettura e nel salmo responsoriale della festa. La prima lettura, dal libro di Isaia, dice: "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra". Il salmo responsoriale ritorna su questo concetto che Dio ci conosce fin dal seno materno:
"Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre...
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi".
Noi abbiamo un'idea molto riduttiva e giuridica di persona che genera molta confusione nel dibattito sull'aborto. Sembra che un bambino acquisisca la dignità di persona dal momento in cui questa gli viene riconosciuta dalle autorità umane. Per la Bibbia persona è colui che è conosciuto da Dio, colui che Dio chiama per nome; e Dio, ci viene assicurato, ci conosce fin dal seno materno, i suoi occhi ci vedevano quando eravamo "ancora informi" nel seno della madre. La scienza ci dice che nell'embrione c'è, in divenire, tutto l'uomo futuro, progettato in ogni minimo particolare; la fede aggiunge che non si tratta solo di un progetto inconscio della natura, ma di un progetto d'amore del Creatore. La missione di san Giovanni Battista è tutta tracciata, prima che nasca: "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore, a preparargli le strade...".
La Chiesa ha ritenuto che Giovanni Battista fu santificato già nel grembo materno dalla presenza di Cristo; per questo celebra la festa della sua nascita. Questo ci da l'occasione per toccare un problema delicato, divenuto oggi acuto a causa dei milioni di bambini che, soprattutto per la diffusione spaventosa dell'aborto, muoiono senza aver ricevuto il battesimo. Che dire di loro? Sono anch'essi in qualche modo santificati nel grembo materno? C'è salvezza per essi?
La mia risposta è senza esitazione: certo che c'è salvezza per essi. Gesù risorto dice anche di essi: "Lasciate che i bambini vengano a me". Secondo un'opinione divenuta comune dal medioevo i bimbi non battezzati sarebbero andati nel Limbo, un luogo intermedio in cui non si soffre, ma neppure si gode della visione di Dio. Ma si tratta di un'idea che non è stata mai definita come verità di fede dalla Chiesa. Era un'ipotesi dei teologi che, alla luce dello sviluppo della coscienza cristiana e della comprensione delle Scritture, non possiamo più mantenere.
Quando espressi tempo fa questa mia opinione in uno di questi commenti evangelici, ebbi diverse reazioni. Alcuni esprimevano gratitudine per questa presa di posizione che toglieva loro un peso dal cuore, altri mi rimproveravano di abbondare la dottrina tradizionale e di sminuire così l'importanza del battesimo. Ora la discussione è chiusa perché recentemente la Commissione Teologica Internazionale che lavora per la congregazione della Dottrina della fede ha pubblicato un documento in cui si afferma la stessa cosa.
Mi sembra utile tornare sull'argomento alla luce di questo importante documento per spiegare alcune delle ragioni che hanno portato la Chiesa a questa conclusione. Gesù ha istituito i sacramenti come mezzi ordinari per la salvezza. Essi sono quindi necessari e chi, pur potendoli ricevere, contro la propria coscienza li rifiuta o li trascura mette a serio repentaglio la propria salvezza eterna. Ma Dio non si è legato a questi mezzi. Egli può salvare anche per vie straordinarie, quando la persona, senza sua colpa, è privato del battesimo. Lo ha fatto per esempio con i Santi Innocenti, morti anch'essi senza battesimo. La Chiesa ha sempre ammesso la possibilità di un battesimo di desiderio e di un battesimo di sangue, e tanti di questi bambini hanno conosciuto davvero un battesimo di sangue, anche se di diversa natura...
Non credo che la chiarificazione della Chiesa incoraggerà l'aborto; se lo facesse sarebbe tragico e ci sarebbe da preoccuparsi seriamente, non della salvezza dei bambini non battezzati, ma dei genitori battezzati. Sarebbe un prendersi gioco di Dio. Tale dichiarazione darà, al contrario, un po' di sollievo ai credenti che, come tutti, si interrogano sgomenti davanti alla sorte atroce di tanti bambini nel mondo d'oggi.
Torniamo prima a Giovanni Battista e alla festa. Nell'annunciare a Zaccaria la nascita del figlio l'angelo gli disse: "Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita" (Luca 1, 13-14). Molti davvero si sono rallegrati per la sua nascita, se a distanza di venti secoli siamo ancora qui a parlare di quel bambino.
Vorrei fare di quelle parole anche un augurio a tutti i papà e alle mamme che, come Elisabetta e Zaccaria, vivono il momento dell'attesa o della nascita di un bimbo: Possiate anche voi avere gioia ed esultanza nel bimbo o nella bimba che Dio vi ha affidato e rallegravi della sua nascita per tutta la vostra vita e per l'eternità!
Omelia di padre Raniero Cantalamessa
Giovanni, il Battista, dono di Dio
Per Elisabetta si compì il tempo e diede alla luce un figlio. I figli vengono alla luce come compimento di un progetto, vengono da Dio. Caduti da una stella nelle braccia della madre, portano con sé scintille d'infinito: gioia ( e i vicini si rallegravano con la madre) e parola di Dio. Non nascono per caso, ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo appartiene ad una storia più grande, che i figli non sono nostri: appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo. Il genitore è solo l'arco che scocca la freccia, per farla volare lontano. Il passaggio tra i due testamenti è un tempo di silenzio: la parola, tolta al tempio e al sacerdozio, si sta intessendo nel ventre di due madri. Dio traccia la sua storia sul calendario della vita, e non nel confine stretto delle istituzioni.
Un rivoluzionario rovesciamento delle parti, il sacerdote tace ed è la donna a prendere la parola: si chiamerà Giovanni, che in ebraico significa: dono di Dio. Elisabetta ha capito che la vita, l'amore che sente fremere dentro di sé, sono un pezzetto di Dio. Che l'identità del suo bambino è di essere dono. E questa è anche l'identità profonda di noi tutti: il nome di ogni bambino è «dono perfetto».
Stava la parola murata dentro, fino a quando la donna fu madre e la casa, casa di profeti.
Zaccaria era rimasto muto perché non aveva creduto all'annuncio dell'angelo. Ha chiuso l'orecchio del cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato, e ora non ha più niente da dire. Indicazione che mi fa pensoso: quando noi credenti, noi preti, smarriamo il riferimento alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni, insignificanti, non mandiamo più nessun messaggio a nessuno. Eppure il dubitare del vecchio sacerdote non ferma l'azione di Dio. Qualcosa di grande e di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non arrestano il fiume di Dio.
Zaccaria incide il nome del figlio: «Dono-di-Dio», e subito riprende a fiorire la parola e benediceva Dio. Benedire subito, dire-bene come il Creatore all'origine ( crescete e moltiplicatevi): la benedizione è una energia di vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall'alto, ci raggiunge, ci avvolge, e ci fa vivere la vita come un debito d'amore che si estingue solo ridonando vita.
Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere dono che viene dall'alto? Cosa porterà al mondo? Un dono unico e irriducibile: lo spazio della sua gioia; e la profezia di una parola unica che Dio ha pronunciato e che non ripeterà mai più (Vannucci). Sarà «voce», proprio come il Battista, la Parola sarà un Altro.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
Festeggiamo la nascita di Giovanni Battista. Dio si serve degli uomini; con noi e per noi realizza i suoi piani di salvezza. Sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. Egli sa rendere fecondo ciò che è sterile e aprire la bocca ai muti. Intreccia le sue con le nostre storie affinché ciò che egli vuole si compia in cielo e sulla terra. Rende feconda la vergine Maria affinché generi il Salvatore del Mondo, ma concede la maternità anche ad Elisabetta, sterile e avanti negli anni. Predispone un incontro tra le due mamme e i rispettivi nascituri e già sgorga la gioia messianica! E' riconosciuta la Madre del Signore e il futuro battezzatore freme e sussulta di gioia nel grembo della madre sua. È lo stesso angelo ad annunciare a Zaccaria i motivi della gioia: "Elisabetta ti darà un figlio... Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita". Il suo compito sarà quello di preparare la via al Signore affinché Egli trovi un popolo ben disposto. Umanamente parlando, dato l'evolversi degli eventi e la sorte toccata a Cristo e allo stesso Giovanni Battista, potremmo anche concludere che la sua missione sia fallita. Ciò però eventualmente nulla toglie alla fedeltà del Precursore e interviene a sciogliere ogni dubbio il magnifico elogio che Cristo stesso ne tesse. Al più potremmo con migliore saggezza, concludere che la missione che Dio ci affida va sempre vista e valutata nel contesto di un ben più ampio progetto di salvezza e solo in quella luce assume la sua vera dimensione il suo pieno valore. Egli, infatti, precede e annuncia il Messia, l'Agnello di Dio, ma poi sa che deve farsi da parte e lasciare spazio a Colui dinanzi al quale egli si prostra e non si sente degno neanche di sciogliergli i legacci dei sandali. Lo precederà anche nel martirio: pagherà con la vita la sua coerenza e la sua incrollabile fermezza, ignaro delle prepotenze dei grandi e delle losche trame di due donne. Così egli concluderà la sua missione, alla stessa maniera di Cristo; così lo vediamo brillare nella chiesa come ultimo dei profeti dell'Antico Testamento e il primo dei tempi messianici.
Per bocca del profeta Dio annunciò: "Per voi... cultori del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla" (Ml 3,20). L'inno di Zaccaria è il mirabile sviluppo di questa profezia. Quando, obbedendo all'ingiunzione dell'angelo, diede a suo figlio il nome di Giovanni (che significa: Dio è misericordioso), avendo fornito la prova di una fede senza indugi e senza riserve, la sua pena finì. E, avendo ritrovato la parola, Zaccaria cantò un inno di riconoscenza contenente tutta la speranza del popolo eletto. La prima parte, in forma di salmo, è una lode a Dio per le opere da lui compiute per la salvezza. La seconda parte è un canto in onore della nascita di Giovanni e una profezia sulla sua futura missione di profeta dell'Altissimo. Giovanni sarà l'annunciatore della misericordia divina, che si manifesta nel perdono concesso da Dio ai peccatori. La prova più meravigliosa di questa pietà divina sarà il Messia che apparirà sulla terra come il sole nascente. Un sole che strapperà alle tenebre i pagani immersi nelle eresie e nella depravazione morale, rivelando loro la vera fede, mentre, al popolo eletto, che conosceva già il vero Dio, concederà la pace. L'inno di Zaccaria sulla misericordia divina è diventato preghiera quotidiana della Chiesa.
Omelia di don Roberto Rossi
tratto da www.lachiesa.it