Meditazioni davanti al presepe: i Magi e la stella
News del 03/01/2014 Torna all'elenco delle news
I Magi vengono a chiudere questo periodo di feste e per così dire coronano i riti natalizi. Per la liturgia della Chiesa il tempo di Natale continua fino alla solennità del Battesimo di Gesù, però nella percezione collettiva dopo l’Epifania si ritorna al ritmo ordinario.
Ho detto coronano perché i Magi sono conosciuti come Re e dal numero dei loro doni si arguisce anche in quanti fossero: in tre, i tre Re Magi appunto.
Di queste qualifiche la più importante è la terza, l’unica attestata con evidenza dal Vangelo. L’evangelista san Matteo non si sofferma sulla composizione della carovana, se questi Magi erano soli o se si fossero fatti accompagnare da dei servitori. A san Matteo interessa riportare che venivano da Oriente e che si erano mossi in cerca del Re bambino chiamato Messia Salvatore. Il segnale che li aveva fatto iniziare un così lungo viaggo era stato lo spuntare nel cielo di una stella particolare.
I Magi infatti erano anche dei sapienti, astronomi e istruiti nelle scritture religiose dei popoli vicini. Da lunghe osservazioni del cielo, da fidate conoscenze personali e da approfonditi studi sui testi antichi essi erano arrivati alla conclusione che quello era il tempo propizio.
Dopo la fine dell’esilio a Babilonia erano rimaste comunità ebraiche che avevano diffuso in tutto l’oriente le profezie contenute nelle loro Scritture sulla nascita di un Messia Salvatore.
Se andiamo a leggere la Bibbia il primo a parlarne fu un profeta pagano, Balaam chiamato da Balak, re di Edom, a maledire gli Ebrei che stavano per entrare nella terra promessa, invadendo il suo regno.
Balak aveva promesso al mago Balaam grandi onori e ricchezze in cambio dei suoi servigi. Balaam condotto a contemplare da un’altura l’accampamento di Israele al momento di parlare non volle rivolgersi come le altre volte alla magìa, ma lo spirito di Dio fu sopra di lui e invece di maledire benedisse.
Esprimendosi in versi diceva: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele.”.
Il re Balak si arrabbiò, ma non ci fu niente da fare, Balaam aveva parlato sotto ispirazione divina e in più aveva preannuciato l’arrivo, in un tempo lontano, di una stella in Giacobbe, cioè di un nuovo Re dotato di grande potere.
Quanto fosse viva questa tradizione e l’aspettativa che conteneva, lo testimonia anche il fatto che nel secondo secolo dopo Cristo un certo Simone scelse il soprannome di figlio della stella (Bar Kokhbà) per mettersi a capo della rivolta ebraica contro i Romani, proclamandosi al tempo stesso il Messia liberatore.
In realtà il Messia era già venuto nella persona di Gesù e i primi a riconoscerlo erano stati della gente ai margini della società, i pastori e degli stranieri, i Magi.
La città di Gerusalemme avvisata della cosa per un po’ si era interessata all’argomento, ma né le interrogazioni dei Magi, né la conferma dei capi dei sacerdoti e gli scribi erano stati capaci di smuoverla dalla suo torpore.
Ci aveva pensato Erode a smorzare gli entusiasmi e ad un certo punto a reprimere le voci insistenti sulla nascita di un nuovo Re. In quel momento il Re era solo lui e nessuno poteva usurparne il posto.
Erode che non era Ebreo di nascita, per una ironia della sorte proveniva dal popolo di Edom, quello del Re Balak che non aveva potuto ottenere i servigi di Balaam.
Anche Erode, come Balak con Balaam, intendeva giovarsi dei Magi, ma è essi, proprio come Balaam con Balak, si prendono gioco di lui e per un’altra strada fanno ritorno ai loro paesi di provenienza.
Si realizza così il disegno di Dio e non quello di Erode: i Magi inginocchiati davanti al bambino in atteggiamento di adorazione costituiscono le avanguardie di una grande moltitudine di gente proveniente da ogni popolo che aderirà alla fede in Gesù Messia Salvatore.
Con l’arrivo dei Magi alla casa di Betlemme dove intanto si erano trasferiti Maria e Giuseppe con il bambino si realizza anche la profezia proclamata come prima lettura: “tutti verranno… proclamando le glorie del Signore”.
L’annuncio del Natale è per tutti. La scena di Maria con il bambino Gesù in braccio è fra le più eloquenti e commoventi del repertorio delle immagini cristiane.
Se la vista della crocifissione può intimorire e confondere chi ancora non sa nulla della nostra fede, la visione della Madonna che presenta il suo bambino al mondo rassicura e affascina anche un non credente. Dalla contemplazione di questo quadro può partire un primo annuncio del messaggio cristiano.
Chi avrà paura di una madre che gioisce e si prende cura del suo figliolo? Chi non sarà interessato a saperne di più dopo essere stato informato che quella Madre sarà privata del suo Figlio mandato a morire senza colpa?
Come per i Magi oltre duemila anni fa anche oggi l’accesso alla fede per i popoli che ancora non conoscono l’annuncio del Vangelo passa attraverso la mediazione di Maria Madre del Signore.
I Magi, venuti da lontano e generosi nell’offrire i loro doni, ammoniscono anche noi, che già da tempo abbiamo riconosciuto in Gesù il nostro Salvatore.
Nel seguire la stella, simbolo della iniziale fede che incominciava a brillare nella loro coscienza di gente in ricerca, essi provarono una grandissima gioia.
Che a noi non capiti di lasciarci sfuggire, distrattamente e svogliatamente, l’occasione di incontrare, adorare e omaggiare il Re del mondo e così godere della stessa gioia che viene dalla fede in Gesù Messia e Signore.
Omelia di don Daniele Muraro
I Magi presentati dal Vangelo dell'Epifania (manifestazione) nella tradizione popolare sono diventati "re" su suggerimento di Isaia 60 e del Salmo 72. Il loro numero è diventato "tre" a causa dei doni che offrirono. Rappresentano anche i tre figli di Noè, ossia tutta l'umanità. Oggi le loro reliquie si trovano a K-ln in Germania, frutto del bottino che il Barbarossa sottrasse a Milano nel 1164.
I Magi, questi personaggi che arrivano all'improvviso nella scena natalizia, dall'Oriente a Gerusalemme, dietro il segno di una stella (una profezia?), e che la tradizione popolare ha conservato gelosamente tra i personaggi del presepe: chi erano? Chi sono? Uomini in cammino, decisi a ricercare, desiderosi di un incontro con la speranza. I Magi hanno solo pochi segni a disposizione: gli astri, una stella, parole oscure di profeti che indicano Betlemme come il luogo e che un bambino sarà Re. I Magi "sapevano e non sapevano", come dice il poeta Mario Luzi, procedono verso "l'avvenire o l'avvenuto?". Non vanno incontro a un futuro nebuloso e carico di incognite, neppure ricercano un passato estraniato e consolatorio. Hanno solo una domanda, vera e autentica come quella che ogni uomo porta con sé: dov'è il Re che è nato? Dov'è la salvezza, la speranza? E la cercano, con fatica e perseveranza, portando ad essa in dono l'oro della regalità e della signoria, l'incenso della lode e dell'adorazione, la mirra della consolazione di fronte al dolore del mondo. E trovano il Re: un bambino e, accanto, la Madre.
Trovare il vero Re, il Dio-con-noi, l'Emmanuele, è il desiderio di ogni uomo. È la domanda più profonda nel cuore di ognuno, perché è la ricerca del senso, della salvezza, della guarigione, della liberazione, del perdono. Trovarlo è gioia e la gioia del cuore indica con precisione "dove" lui si trova. Trovarsi... La prima parola di Dio rivolta ad Adamo è: "Dove sei?" perché anche l'uomo chiedesse a sua volta a Dio: "Dove sei?". E i due si potessero incontrare. Se le parole non osano troppo vorrei dire che non solo Dio è il dove dell'uomo, ma che anche l'uomo è il dove di Dio.
I Magi, partiti dall'Oriente lontano, sono giunti davanti al Bambino. Dopo il lungo viaggio, sotto la guida della stella, e l'infaticabile ricerca mai interrotta nonostante i depistaggi e le false tracce, sono finalmente alla vista del Salvatore dinanzi al quale si prostrano in adorazione. Quello che hanno trovato, di per sé, non ha nulla di straordinario: una casa, un bambino, una madre. Straordinario, casomai, è stato il cammino che li ha condotti fin lì, sotto un segno del cielo - la stella - interpretato anche grazie alla sapienza nascosta nella cultura e nella tradizione spirituale di cui sono ricchi tutti i popoli della terra. Così il cammino dei Magi è figura delle tappe che tutti i popoli e gli individui di ogni tempo devono percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. Prima di assaporare la gioia dell'incontro con Cristo, prima di adorarlo e di offrirgli il meglio di una vita - se non la vita stessa - occorre cercare, chiedere, seguire i segni di Dio che sono anche i segni dei tempi.
La meta è certa perché non è solo davanti, ma ci precede da sempre. "Non mi cerchereste se non mi avreste già trovato", dice il Signore per bocca di Agostino, "e non mi trovereste se non mi facessi già trovare".
L'epifania è la manifestazione della gloria di Dio, della sapienza nascosta nei secoli, che per non abbacinarci si rivela nella piccolezza di un bambino in braccio alla madre. Dio si è fatto piccolo, uomo nella carne, perché ogni uomo e ogni carne, anche la più "piccola" e "debole", possano contenere il mistero della grazia che è vita divina.
Erode, personaggio inquietante, era già "vicino", ma non "prossimo" al Bambino. Aveva le Scritture già chiare al punto di indicare la giusta via ai Magi, ma non seppe trovarla a sua volta. Altri desideri gli inquinavano la coscienza: il potere, il successo, la ricchezza. E nessuna stella, nessuna luce potevano rischiarargli l'anima. Oggi, anche noi cristiani, siamo oltremodo vicini alla manifestazione di Dio. Due millenni di cristianesimo sono alle nostre spalle. Ma la fede è sempre cammino e responsabilità personale, oltre che dono di Dio. E anche per noi, a volte, è possibile che quelli "venuti da lontano" giungano prima di noi.
Omelia di don Angelo Sceppacerca (Agenzia SIR)
la stella
Oggi festeggiamo l'arrivo dei Magi alla grotta di Betlemme.
Centro di tutto il racconto è una stella che li guida fino a Gesù.
Penso che ognuno di noi ha una o più stelle nella sua vita, cioè dei punti fermi da seguire.
Per Erode la stella è la diffidenza e la paura. La paura che la venuta di questo nuovo re gli faccia perdere il suo trono. Si comporta un po' come chi oggi rifiuta Dio o la sua Chiesa per paura di rimetterci. Questo succede anche perché spesso si è presentato Dio e la religione come un qualche cosa che viene a rattristare la vita, che viene a togliere e non a dare.
La stella dei sommi sacerdoti e degli scribi è il sapere, ma è un sapere che non risveglia in loro il desiderio della novità, tant'è vero che pur sapendo che il Cristo deve nascere a Betlemme non ci vanno e forse non ci credono neanche.
La stella dei Magi non la conosciamo. Sappiamo soltanto che ha funzionato.
Domandiamoci quali sono le stelle che oggi possono portarci a Gesù e alla conoscenza di lui.
Io penso che per poter tornare alla grotta e rifare l'esperienza dei Magi che sono pieni di gioia, basta fare la scelta ogni giorno di rimettersi in cammino ascoltando la Parola del Signore e di servire la vita di qualche povero. Questa è una stella sicura.
Omelia di padre Paul Devreux
Cercare dopo essere stati cercati
Rileva Ravasi che la presenza di una stella nei libri della Bibbia non è affatto casuale e assume un'importanza rilevante.
Già nel libro dei Numeri (24, 17), in una circostanza del tutto singolare e allusiva (cap. 23), il re Balak chiede al mago Balaam di maledire Israele ritenuto suo nemico; l'uomo "dall'occhio penetrante", al contrario, rivolge parole di conforto verso gli avversari del monarca facendo ricorso non alla magia ma alla fedeltà a Dio, che era favorevole alla stirpe di Giacobbe e alla fine conclude con un oracolo: "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele... " alludendo alla promessa del Messia Salvatore. L'Apocalisse (2, 28) identifica in Cristo la "stella del mattino", cioè il Messia promesso che ha fatto ingresso nella storia. Dove non si parla propriamente di stella, si fa riferimento alla luce, al fulgore, il barbaglio di provenienza divina che è di orientamento per tutti gli uomini e che spesso la Scrittura mette in contrasto con le tenebre: Isaia, al cap. 9, afferma che "il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce..." e Giovanni nel suo prologo evangelico parla di Gesù come "la luce vera che illumina ogni uomo; che splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno vinta."
Il ricorso alla luce è frequente nella Bibbia e sia associa alla vittoria di Dio sulle forze del male, alla sovranità di Cristo Messia Salvatore sul peccato.
La stella rappresenta la presenza orientativa del Signore che illumina e conduce gli uomini alla verità. Così anche a proposito dei personaggi che da sempre sono al centro dell'attenzione nella liturgia odierna dell'Epifania: i maghi vedono una stella e si mettono in cammino intenzionati ad adorare il Signore. Paragonabili al mago Balaam che aveva abbandonato i suoi propositi di magia, hanno percepito la presenza del divino che li coinvolgeva, si sono lasciati interpellare, si sono posti in atto di attenzione e di disposizione di animo e finalmente si sono messi in viaggio per adorare il Bambino.
Protagonista di tutto è lo stesso Signore Incarnato, che già nella greppia era stato di richiamo per i pastori, cioè per esponenti di una certa categoria sociale fra le più deprezzate del tempo, escluse dalla possibilità di salvezza perché ignoranti, villani e incapaci di conoscere la Legge. Proprio a loro, che erano sempre stati esclusi dal numero dei "giusti" eletti graditi a Dio ed erano relegati fra i peccatori, il Bambino, anche se silente e dimesso, era stato latore per mezzo terzi dell'annuncio di "una grande gioia", quella della salvezza e della liberazione.
Omelia di padre Gian Franco Scarpitta