30 dicembre 2022 - Festa della Santa Famiglia di Nazareth

News del 29/12/2022 Torna all'elenco delle news

Nel Martirologio Romano:«Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto».
La festa della Santa Famiglia celebra la Sacra Famiglia di Nazaret all'interno del Tempo di Natale.

La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all'istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure sì eccezionali, ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.

La festa della Sacra Famiglia è stata introdotta nella liturgia cattolica solo localmente nel XVII secolo. Nel 1921 Benedetto XV la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; Giovanni XXIII la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania.

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II l'ha spostata ancora alla prima domenica dopo il Natale o, se il Natale cade di domenica, al venerdì 30 dicembre.

Nel Rito Ambrosiano è celebrata l'ultima domenica di gennaio (terza o quarta Domenica dopo l'Epifania), quindi nel Tempo Dopo Epifania, rimanendo fedele alla più antica collocazione. Nella Domenica fra l'Ottava di Natale del Signore, il Rito ambrosiano celebra l'Eucaristia con il tema Cristo Verbo e Sapienza di Dio.

La festa di oggi: significato e preghiera (leggi su papaboys.org)

 

La famiglia è il piano di Dio per l'uomo

Il racconto di Matteo 2,13-23 si divide in tre parti: la fuga in Egitto della Santa Famiglia (13-15), l'uccisione dei bambini di Betlemme (16-18), il ritorno a Nàzaret (19-23). La liturgia omette la parte centrale, concentrandosi sulla fuga e sul ritorno, descritti entrambi secondo un medesimo schema: apparizione dell'angelo che affida un compito a Giuseppe, esecuzione del comando, citazione di un profeta.

L'evangelista, attraverso l'immagine dell'entrata e dell'uscita dall'Egitto e il riferimento alle Scritture, presenta Gesù come Colui che ripercorre il cammino del popolo: Abramo, i figli di Giacobbe e Mosè scesero in Egitto e da lì risalirono; il popolo sperimenta proprio in quella terra di schiavitù la sua rinnovata condizione di figlio amato e liberato, come proclama il profeta Osea («dall'Egitto ho chiamato mio figlio»); Cristo è il Messia nel quale si compie definitivamente l'evento della liberazione. Perché ciò accada, anche il Figlio deve attraversare le acque della morte, senza che questa abbia l'ultima parola, e la sua risurrezione sarà l'approdo alla terra promessa del Regno divino che Egli è venuto a realizzare. Il racconto presenta dunque un marcato richiamo alla Pasqua di Israele e a quella di Gesù, così come alla nostra. Entrare in Egitto anche per noi significa entrare in una qualche morte, ma poiché è il Signore a chiedercelo, tale esperienza diventa il principio di una vita nuova. Infatti ciò che più ci ripugna e che eviteremmo molto volentieri, sacrifici, rinunce e umiliazioni, sono quell'Egitto in cui, soffrendo, possiamo elevare il nostro grido al Padre e tornare a sentirci figli, attendendo con fiducia la sua liberazione. Quando invece stiamo bene, corriamo il rischio di voler fare a meno del Signore, paghi delle nostre illusorie gratificazioni. Nelle situazioni di precarietà, solo l'obbedienza alla Parola ci consente di dare un senso alla nostra morte spirituale. Giuseppe ancora una volta viene presentato come modello di un'obbedienza che si pone a custodia della vita; dalla sua testimonianza risulta infatti che soltanto l'obbedienza al piano di Dio ci rende autentici promotori della vita, altrimenti agiamo solo per istinto, senza traghettare la nostra esistenza e quella delle persone affidate alla nostra responsabilità verso la promessa di Dio.

È questa la grande sfida per le famiglie di oggi: dare priorità al piano di Dio e non alle esigenze indotte dalla mentalità odierna. La Santa Famiglia rimane immigrata in terra straniera per un tempo indefinito, quasi a significare che occorre attendere con pazienza i tempi di salvezza di Dio e non i nostri, che sono in genere frettolosi e possono condurre a scelte premature e controproducenti. Questa pagina è modernissima, in quanto tutte le famiglie che sono state costrette ad emigrare possono rispecchiarsi in essa, sentendosi comprese e appoggiate da Gesù, Giuseppe e Maria, nostri fratelli stranieri. Tale ?stranierità' deve permanere come condizione permanente dell'uomo di fede, chiamato continuamente a uscire da se stesso per realizzare la comunione con l'Altro e con l'altro dal volto uguale al mio; essa è condizione necessaria anche per ogni nucleo familiare, in cui i singoli membri devono assumere come prima fondamentale sfida la capacità di andare verso gli altri. Segue poi l'ulteriore sfida di riconoscere e affrontare i pericoli che attentano alla vita e all'amore della famiglia; una terza sfida consiste nel saper riconoscere i segni che indicano un tempo nuovo di vita nella piena signoria di Dio.

Giuseppe raccoglie tutte e tre le sfide e dà questa impostazione di fede alla sua famiglia. La sua doppia obbedienza al messaggero divino si concretizza nel ripetersi entrambe le volte dei medesimi verbi e oggetti: «si alzò... prese il bambino e sua madre». In tali formulazioni notiamo un primo aspetto significativo, ossia la portata teologica delle espressioni, che menzionano il verbo della risurrezione e la compresenza del bambino e della madre, sempre insieme, come a dire che chi nella vita dà spazio a Gesù e a Maria è certo di risorgere dalle morti che l'esistenza comporta. Ancora, osserviamo come il ricorrere di uguali azioni e soggetti ci richiami al fatto che la santità di una famiglia si costruisce nelle cose ordinarie, che potrebbero apparire banali, ma vissute ogni giorno sempre più consapevolmente e profondamente, consentono di stare alla presenza di un Mistero che rende la famiglia non solo grembo in cui la vita si genera, ma culla in cui l'Amore costantemente si contempla, si vive e si serve.

Omelia di don Antonino Sgrò 

 

PAPA FRANCESCO nella Festa della Santa Famiglia 2021:

Per custodire l’armonia in famiglia bisogna combattere la dittatura dell’io, quando l’io si gonfia. È pericoloso quando, invece di ascoltarci, ci rinfacciamo gli sbagli; quando, anziché avere gesti di cura per gli altri, ci fissiamo nei nostri bisogni; quando, invece di dialogare, ci isoliamo con il telefonino – è triste vedere a pranzo una famiglia, ognuno con il proprio telefonino senza parlarsi, ognuno parla con il telefonino; quando ci si accusa a vicenda, ripetendo sempre le solite frasi, inscenando una commedia già vista dove ognuno vuole aver ragione e alla fine cala un freddo silenzio. Quel silenzio tagliente, freddo, dopo una discussione familiare, è brutto quello, bruttissimo! Ripeto un consiglio: alla sera, dopo tutto, fare la pace, sempre. Mai andare a dormire senza aver fatto la pace, altrimenti il giorno dopo ci sarà la “guerra fredda”! E questa è pericolosa perché incomincerà una storia di rimproveri, una storia di risentimenti. Quante volte, purtroppo, tra le mura domestiche da silenzi troppo lunghi e da egoismi non curati nascono e crescono conflitti! A volte si arriva persino a violenze fisiche e morali. Questo lacera l’armonia e uccide la famiglia. Convertiamoci dall’io al tu. Quello che deve essere più importante nella famiglia è il tu. E ogni giorno, per favore, pregare un po’ insieme, se potete fare lo sforzo, per chiedere a Dio il dono della pace in famiglia. E impegniamoci tutti – genitori, figli, Chiesa, società civile – a sostenere, difendere e custodire la famiglia che è il nostro tesoro!

Scarica e leggi tutto l'ANGELUS di papa Francesco (dal sito www.vatican.va)

 

GUARDA IL VIDEO su Padre Pio TV

 

LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA della Festa della Santa Famiglia di Nazareth tratto da www.lachiesa.it