6 agosto: Festa della Trasfigurazione del Signore: la luce del Tabor trasfigura la nostra vita
News del 05/08/2016 Torna all'elenco delle news
Il tempo delle vacanze può essere per noi, discepoli del Rabbì di Nazareth, una possibilità per ricercare nuovi tempi dello Spirito, per dedicarci a qualche lettura formativa, per tentare di fare il punto della propria vita credenti. Una spiaggia silenziosa alle prime luci dell'alba, una vetta solitaria che ti lancia verso il cielo, la dolcezza delle colline, possono essere luoghi privilegiati per lasciare che la Parola ci raggiunga. Ci colpisca. Ci cambi il cuore. Così è successo a Pietro, Giacomo e Giovanni.
Gesù sale sul Tabor e i tre discepoli gli vanno dietro. Non lo capiscono fino in fondo, ma si fidano. Non riescono ancora a capire il mistero di quel Rabbì che parla apertamente della sua passione e morte, ma seguono il suo cammino.
In silenzio. Testa bassa. Uno dietro all'altro. Si sale. Il fiatone batte il ritmo della confusione.
E poi accade. Un fruscio. Una bagliore. Gesù è trasfigurato davanti ai loro occhi. Mosè ed Elia conversano con Lui e i discepoli fanno l'esperienza della gloria e della bellezza di Gesù. Pietro è talmente fuori di sé che propone un soggiorno residenziale...
Povero Pietro, ancora non sa che il maestro lo porterà su un cammino lungo e faticoso, che dovrà fare i conti con la povertà che lo abita e masticare la rabbia della sua piccolezza. Quella luce stupenda non basterà a dissipare le tenebre e le ombre delle sue paure. Pietro tradirà, dirà di non conoscere Gesù, piangerà lacrime amare, ma troverà dentro di sé il coraggio di lasciarsi amare, di rialzarsi, di ripartire.
No, la luce del Tabor, non è spenta. E' rimasta lì, stupenda e nascosta, nel cuore del focoso Pietro.
Ai discepoli confusi è concesso un anticipo della gloria: ecco chi è il messia che seguono, ecco qual è la destinazione della Sua - e loro - avventura.
Croce e gloria sono i due lati del mistero di Gesù, sono il vertice della Sua rivelazione. La Trasfigurazione svela che l'una sta dentro l'altra e anticipa quale sarà l'esito del cammino di Gesù.
Ai discepoli di allora e di oggi è indicata una via: ascoltatelo.
La voce del Padre non chiede gesti eroici o sacrifici inauditi, non annuncia catastrofi per gli infedeli e paradisi scintillanti per pochi eletti.
Il Padre dice ai discepoli di ascoltare il Figlio, questo è il suo desiderio, questo è il principio della nostra trasfigurazione: "Ascoltatelo!"
Coraggio, cari amici, tra ombrelloni, rifugi alpini o città deserte, oggi la liturgia ci richiama al primato dell'ascolto e alla possibilità di vivere una nuova trasfigurazione nella nostra vita. Mettiamo nelle Sue mani le nostre fatiche e le ombre che ci inquietano, consegnamo a Lui tutte le preoccupazioni e le ansie che appesantiscono il cuore. Saliamo al Tabor, con Lui. La luce della sua bellezza non ci lascerà mai soli.
Omelia di don Roberto Seregni
Vista l'alba, la notte non fa più paura
Questi è il Figlio mio prediletto.
Gli eventi che hanno segnato la storia di quest'ultimo decennio sono davvero di portata straordinaria, forse epocale. Chiamati a vivere sulla frontiera di due secoli e sul crinale di due millenni che si passano il testimone, abbiamo tutti respirato l'atmosfera della eccezionalità con accenti di spettacolarità dovuta alla pervasiva diffusione mediatica. Il confine tra virtuale e reale appare sempre più incerto. Questo clima ci raggiunge nella vita delle nostre comunità. Gli stessi appuntamenti ecclesiali sentiti e promossi per la carica di entusiasmo e passione che suscitano, rischiano di trascurare il valore della quotidianità. In passato erano i monaci, i religiosi ed i cristiani più devoti accusati di fuga dal mondo, oggi sono le persone stressate nella corsa quotidiana tra casa, scuola e lavoro a desiderare l'evasione cercando rifugio altrove.
Anche la vita dietro al rabbi di Nazaret, senza una sua scuola come gli altri maestri, dopo i primi entusiasmi era diventata esigente ed impegnativa. Il continuo camminare per le strade polverose, il lungo sostare nelle piazze assediati dalle folle, i rischi corsi nell'incontrare i lebbrosi, sfidando la legge ed il contagio, aveva spento nel cuore degli apostoli l'illusione di un legittimo successo, dopo tanti sacrifici. In questo laboratorio di umanità autentica anche se debole e spesso abbandonata, i discepoli vengono preavvisati che proprio per essa come per tutta l'umanità il maestro dovrà dare la vita a Gerusalemme. Era davvero tutta in salita e difficile da capire il programma finale del viaggio intrapreso con Gesù, non li convinceva del tutto la sua parola: "chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita a causa del vangelo la salverà" (Mc 8,35).
A questo punto c'era bisogno di una rassicurazione, di una forte conferma. In qualche maniera Gesù ripropone a tre suoi discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, l'esperienza del suo battesimo dopo la prova delle tentazioni, dove viene riconosciuto dal Padre come il Figlio amato e confermato nella sua missione.
Al termine della salita "Gesù si trasfigura davanti ai loro occhi e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime e apparve loro Elia con Mosè" (Mc 9,2-3).
È un istante di beatitudine, di rapimento gioioso, di luminosità avvolgente che riempie di felicità tutta una vita.
Un'esperienza così esaltante che fa dire a Pietro prima non voleva andare a Gerusalemme per paura: "Maestro, è bello per noi stare qui" (Mc 9,5).
Che non si trattasse di un sogno o peggio di un'illusione come al battesimo nel Giordano, è la voce del Padre a confermarlo: "Questi è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo" (Mc 9,7).
D'ora in poi vale la pena camminare con uno mite ed umile di cuore che va a donare la vita sulla croce per attrarre tutti a sé, nell'abbraccio del Padre.
Nell'epifania gloriosa del Messia nascosto, con la Trasfigurazione, non viene meno il tema dominante del vangelo. Questa scena di gloria per quanto passeggera manifesta chiaramente colui che deve conoscere per un certo tempo l'abbassamento del servo sofferente.
Lo splendore della Trasfigurazione immette anche oggi nella nostra esistenza talvolta opaca e rassegnata, la trasparenza divina di uno sguardo d'amore e di speranza su noi stessi e le persone che incontriamo, energia trasformante della grazia che rinnova il nostro cuore e rianima la volontà per trasformare le piccole scintille di bontà attorno e dentro di noi in fuochi accesi per tutti.
Il mistero della Trasfigurazione viene a dirci che quando hai visto l'alba puoi affrontare il buio di altre notti. Ce lo ricorda San Pietro dopo aver fatto tesoro dell'esperienza del Tabor e della Pasqua con la sua prima lettera, diventata fonte ispiratrice del recente Convegno ecclesiale di Verona. "Sappiate essere come lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori" (1Pt 1,19).
Con il linguaggio evocativo della poesia e l'occhio contemplativo del credente, così appare l'attesa dell'alba ad un prete in preghiera con la sua comunità nel cuore:
Verrà un'alba,
in cui una vita travagliata e rifiutata, disprezzata e calunniata,
invece di indurire il cuore si abbandoni alla provvidenza.
Verrà un alba,
In cui siano l'umiltà e la mitezza ad accogliere
E la semplicità a rassicurare.
Verrà un alba,
in cui come il sole posa sulla montagna e la montagna sul mare,
la pace si posi sul cuore e gli occhi sulla speranza.
(Luigi Verde)
D'ora in poi la storia orientata verso traguardi di civiltà, non vive solo di lotte sofferte e spesso cruente dovute al mistero del male, ma soprattutto di una trasfigurazione ed epifania continue, perché la "gloria del Padre brilla sul volto dei suoi figli" (Sal 96).
Omelia di don Giuseppe Masiero
Ingresso nel Mistero
Estrapolato dal cammino del sonno morale, l'apostolo cammina con Gesù, e guidato da Lui, riceve in dono di partecipare all'ingresso nel Regno del Mistero in atto, della Verità in potenza che si esprime con tutta la sua realtà, trasformando e trasfigurando in Verità tutto quello e tutti quelli che stanno nello spazio e nel tempo del raggio cristico.
La Trasfigurazione del sè di Gesù davanti ai suoi diventa anche la trasformazione degli atteggiamenti dei suoi davanti a Lui, assumendo in primis il volto interiore della contemplazione spirituale, e poi la capacità data in dono di vivere il segreto dello spirito messianico di Gesù e dell'apostolo stesso, che non riesce più a parlare di Gesù e di se stesso come prima, e tace nell'ascolto di un'esperienza di Mistero profondo che si fa', piano piano, nel cammino della discesa dal monte.
L'ingresso nel Mistero del Messia apre alla visione del Regno che trapassa,riveste, trasfigura e sublima la storia, con la tentazione istintiva e passionale di farsi una tenda di Verità nell'oggi; ma Gesù richiama ai suoi il cammino, l'esodo che non deve essere tradito mai, per nessuna cosa al mondo: ne va dell'identità di Dio e di noi.
L'ingresso nel Mistero di Dio in Gesù bilancia la storia e la fa penetrare del mistero della persona che in Dio si fa a sua immagine: quella cristica. Seguire Gesù è essere trasformati nella figura cristica: trasfigurati in modo che tutto ciò che appare dentro e fuori il nostro mondo sia sempre più, sempre meglio, sempre, solo Verità universale.
Omelia di don Luciano Sanvito