12 giugno 2016 - XI Domenica del Tempo Ordinario: Amore e perdono, un cammino di vera conversione
News del 11/06/2016 Torna all'elenco delle news
Il tema del peccato, della conversione della misericordia, è al centro della parola di Dio di questa XI domenica del tempo ordinario. I tre testi biblici, sono, infatti improntati al tema del peccato e del pentimento, alla conversione del cuore e al cambiamento radicale della vita, nella misura n cui ci lasciamo toccare dalla grazia di Dio e ci immergiamo in una vita più prettamente spirituale e meno materiale, più eticamente rispoendente al vangelo, che alle nostre personali idee e convinzioni o progetti di vita. Un esempio di questo cambiamento radicale del modo di pensare ed agire è espresso nel testo della prima lettura di oggi, nel quale è citato il gravissimo peccato del Re Davide, che è il mandante dell'assassinio del marito di Bersabea, che lui voleva a tutti i costi fare sua. Si leggono in queste vicende del passato, anche riporttae dai testi sacri la cronaca dei nostri giorni con violenze di ogni genere, con omicidi efferati di ogni tipo. Grande è il peccato di chi uccide il fratello per interessi personali o per altri motivi che hanno attinenza con le leggi, con le guerre, con il terrorismo e con la violenza. Ogni omicidio grida vendetta al cospetto di Dio. Davide sa di aver fatto una cosa gravissima al cospetto di Dio e si pente. Certo Uria, marito di Bersabea, non tornerà più in vita, come non tornano in vita chi muore per violenza o naturalmente. La morte chiude ogni vicenda umana ed apre l'orizzonte dell'eternità, per il bene o per il male, per la gioia o per la sofferenza. Chiediamo oggi perché facciamo il male a noi stessi e agli altri, in tanti modi, più o meno palesi o subdoli. Forse al solo fine di godere della sofferenza degli altri o di impossessarsi dei beni degli altri, della vita degli altri, de pensieri degli altri? Un discernimento va fatto seriamente nella nostra vita di cristiani che non siamo affatti esenti da certi comportamenti immorali e violenti. Quante guerre di religione abbiamo combattuto anche noi e quante guerre ci facciamo tra di noi. Mors tua, vita mea, sempra essere la legge che domina nelle coscienze di tutti, cristani, atei e di altre religioni del mondo che tutti dovrebbero predicare la pace, l'amore e il perdono. "Perché dunque disprezziamo la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi?". La consapevolezza dei nostri errori passa attraverso la coscientizzazione del male fatto. E se non ne siamo in grado di capirne la portata, qualcuno altro pure ce lo deve far capire: «Ho peccato contro il Signore!». Da qui si parte per ottenere il perdono di Dio, come avvenne a Davide, tramite Natan: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».
Il testo del Vangelo di oggi è tra i più belli e significativi nell'orizzonte della misericordia di Dio. Parla della donna peccatrice che Gesù perdona, nel cui cuore e nelle suoi sentimenti vede un riflesso d'amore. Infatti chi ama molto, sa perdonare molto. Amore e perdono camminano insieme.
Il Vangelo ci racconto di questo fatto, avvenuto nella casa di un fariseo, dove Gesù era entrato per pranzare. In poche parole, entra in una casa di osservanti esteriori della legge di Dio e Gesù non discrimina nessuno.
Lo fanno proprio chi era presente in quella circostanza che si trovano di fronte ad una donna ben conosciuta in città, tanto da essere identificata con una peccatrice pubblica. Cosa successe in quella casa è raccontato dall'evangelista Luca, con dovizia di particolari?
La conversione del cuore nasce dalla fede vera e solo chi ha una grande fede avverte il peso del peccato, delle sue debolezza e la necessità di cambiare strada.
Aver la consapevolezza del male e del bene, ci fa sperimentare la gioia di stare in comunione con Dio, quando siamo nella sua grazia e nella sua misericordia, come ci ricorda il salmo responsoriale di oggi.
I giusti sperimentano la vera gioia che viene dal cielo. Cosa che abbiamo notato in tanti personaggi della Bibbia che con grande umiltà, ma anche con profondo convincimento interiore hanno saputo discernere il bene dal male e trarne le conseguenze. Infatti, una volta imboccata la strada della verità, della giustizia, della pace e dei valori biblici e cristiani hanno vissuto nella serenità. D'altra parte, l'apostolo Paolo nel brano della sua lettera ai Gàlati che ascoltiamo come seconda lettura di questa domenica, ci ricorda "che l'uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo... poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno". Chi vive in Cristo è una persona nuova, la sua legge fondamentale è l'amore, la donazione e l'oblazione. Infatti, scrive San Paolo, io "sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano".
Concludendo la nostra meditazione sulla parola di Dio di questa domenica, eleviamo al Signore la nostra umile preghiera con le espressioni che la liturgia pone all'attenzione dell'assemblea domenicale, convocata per la celebrazione della Pasqua settimanale: "Dio, che non ti stanchi mai di usarci misericordia, donaci un cuore penitente e fedele che sappia corrispondere al tuo amore di Padre, perché diffondiamo lungo le strade del mondo il messaggio evangelico di riconciliazione e di pace.
Omelia di padre Antonio Rungi
La peccatrice ai piedi di Gesù e il nostro «perbenismo»
Entro in questo racconto grondante di lacrime e di profumo, grondante di vita, e provo a mettermi dalla parte della peccatrice, a guardare con i suoi occhi. Lo faccio perché così fa Gesù. Il suo sguardo si fa largo nel groviglio delle contraddizioni morali della donna per fissarsi sul germe intatto, sul germe divino che è nel cuore anche dell'ultima prostituta. E risvegliarlo.
Che spinta potente deve aver sentito quella donna per decidere di sfidare tutte le buone consuetudini, di calpestare i rituali consolidati, solo per dare ascolto al suo cuore inquieto. E che convinzione altrettanto forte deve aver avuto, per sapere con tutte le sue fibre che quel giovane rabbi, di cui aveva sentito raccontare gesti e parole, non l'avrebbe disprezzata, non l'avrebbe cacciata.
Va diritta davanti a lui, non gli chiede permesso, fa una cosa inaudita tanto è sconveniente: mani, bocca, lacrime, capelli, profumo su quei piedi.
Lei ha capito il cuore di Gesù meglio di tutti. Simone, tu non mi hai dato un bacio, questa donna invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi. Dal poco al molto amore: Gesù desidera essere amato, va in cerca di persone e ambienti pronti a dargli affetto.
Il racconto rivela tutta l'umanità di Gesù, volto alto di Dio e dell'uomo. Gesù non solo dà affetto, ma sa anche riceverlo. Ama e si lascia amare, e in questo atteggiamento la sua umanità e la sua divinità si riconoscono, si ricongiungono.
Simone era un fariseo molto religioso e molto duro. Perché a volte la religiosità ha tolto sensibilità al nostro cuore? Forse è accaduto quando abbiamo vissuto la fede come osservanza delle regole e non come risposta all'amore di Dio.
Molto le è perdonato perché molto ha amato. Gesù ci invita ancora a convertirci a un Dio diverso da quello che temiamo e non amiamo, a un Dio che mette la persona prima della sua stessa legge. Anzi la sua prima legge, la prima sua gioia è che l'uomo viva.
Gesù ci invita ancora a cambiare il paradigma della nostra fede: dal paradigma del peccato a quello dell'amore. Non è il peccato l'asse portante del nostro rapporto con Dio, ma il ricevere e restituire amore.
Noi pensiamo la fede come un insieme complicato di dogmi e di doveri, con molte leggi e poco profumo; Gesù invece va dritto al cuore: ama, hai fatto tutto.
L'amore non fa peccati. L'amore contiene tutto, tutti i doni e tutti i doveri (M. Bellet). La vita non si sbaglia scommettendo in partenza sull'amore.
Quella donna mostra che un solo gesto d'amore, anche se muto e senza eco, è più utile per questo nostro mondo dell'azione più clamorosa, dell'opera più grandiosa. Questa è la vera rivoluzione portata da Gesù, possibile a tutti, possibile a me, ogni giorno.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Il peccato
"Il Signore ha perdonato il tuo peccato: tu non morirai.": così risponde Dio al re Davide pentito. Tuttavia, quando Davide concepisce il pensiero di edificare un Tempio, ma non un tempio qualsiasi... il più grande tempio del mondo, il più ricco tempio del mondo, che sarebbe diventato il più famoso e ammirato tempio del mondo... Dio gli risponde: "Non sarai tu a edificarmi un tempio; perché troppe guerre hai combattuto e troppo sangue è stato versato durante il tuo regno. Salomone, tuo figlio, lui mi costruirà un tempio. Tu accantonerai i materiali e gli darai le istruzioni necessarie, per realizzare un'opera che diventerà l'emblema di Israele, l'orgoglio degli israeliti e mio.".
Il peccato lascia una traccia, un vulnus, nel profondo del nostro intimo: non parlo dei sensi di colpa; quelli ci sono sempre, ma sono di natura psicologica; loro malgrado, certuni si trascinano i sensi di colpa per tutta la vita. Contro i sensi di colpa, il sacramento della riconciliazione non può fare granché, anzi, non può fare nulla.
Quando parlo di vulnus, di traccia che il peccato lascia nella persona di colui/colei che lo ha commesso, intendo una situazione di globale fragilità causata appunto dal peccato.
È come se il peccato... anzi, no, niente ?come se'... il peccato indebolisce l'intero edificio della persona: da quel momento la struttura non è più solida come prima; è più difficile resistere alla tentazione ed è più facile ricadere nel peccato.
Non dico che il peccato diventa inevitabile; dico che quella crepa, quel punto debole bisogna monitorarlo con grande cura.
Non sto parlando di peccati cosiddetti veniali... La colpa di Davide era gravissima!! Per i pochi presenti che non conoscono la storia: l'antenato glorioso del Messia, il santo re Davide, da donnaiolo impenitente qual era, aveva messo incinta la moglie di un suo soldato, Uria l'hittita, approfittando dell'assenza di lui; Davide aveva tentato di far passare quel bambino per il figlio di Uria, richiamandolo dalla guerra con una licenza premio, affinché l'uomo facesse con sua moglie quello che - si dice - fanno tutti gli uomini di ritorno dalla guerra... Ma Uria no, quello era un hittita, e gli hittiti amano l'arte della guerra più della moglie, più dei figli... nessuna distrazione frivola, neppure per i doveri coniugali... L'unica soluzione rimasta era quella di eliminare il marito. E Davide, al quale non mancava certo né la fantasia, né l'astuzia, aveva trovato un modo "pulito' per sbarazzarsi del problema: bastava ordinare al generale dell'esercito di farlo schierare là dove più ferveva la battaglia e far arretrare gli altri soldati, cosicché Uria rimanesse spacciato. E, tanto per aggiungere un ultimo particolare macabro, la lettera da consegnare al generale, che conteneva la sentenza di morte, Davide la affidò ad Uria in persona.
Ma si può essere più str... più malvagi di così?
Il sacerdote e profeta Natan, consigliere di fiducia di Davide, rivelò al re che Dio era a conoscenza del suo delitto: beh, non era necessario che glielo rivelasse Natan... Dio vede tutto! Nel racconto, Natan rappresenta la coscienza di Davide, che gli rimorde a tal punto da costringerlo a pentirsi e confessare il suo peccato. Purtroppo c'era andata di mezzo la vita di un uomo e non si poteva riparare. Al tempo stesso, il Re aveva potere di vita e di morte sui sudditi, sulle mogli, sui figli...Non c'era un'autorità abilitata a giudicare un Re... l'istituto dell'impeachment è venuto dopo...
Ed ora veniamo alla vicenda raccontata nel Vangelo: in confronto al peccato di Davide, quello di Simone il fariseo appare del tutto irrilevante, almeno secondo il nostro modo di pensare...E poi c'è la prostituta: quella sì che è una grande peccatrice! Sciupauomini, rovinafamiglie, etc. etc..MA... colpo di scena! Con Gesù non si può mai star tranquilli: riesce sempre a ribaltare le sorti della partita. Colui che sembrava il vincitore, il fariseo osservante, il pio israelita, stimato in società... perde il match contro la prostituta, peccatrice seriale, rifiuto umano, istigatrice e complice di adultèri maritali...
Colpisce il fatto che la donna non dica neanche una parola; il suo comportamento parla da solo, rivelando un cuore contrito ed umiliato; i gesti che compie sulla persona di Gesù, con discrezione, ma con singolare passione, rivelano che l'amore della donna per il Maestro non era neppure paragonabile al trasporto manifestato nei confronti dei clienti....
A questo proposito, mi piace ricordare un aneddoto che, il compianto Cardinale Michele Pellegrino, Arcivescovo di Torino, amava raccontare al termine del suo mandato di Pastore della Diocesi: una sera fu invitato a cena da due prostitute che abitavano una soffitta del centro storico; p. Pellegrino accettò volentieri l'invito; l'incontro si concluse in un modo che non saprei definire... tra l'imbarazzato e il comico: salutando il Cardinale, le due signore gli promisero che, da quella sera, oltre alla candela accesa tutti i giorni alla Madonna, affinché non facesse mancare il lavoro, ne avrebbero accesa una anche per lui, ogni sera.
Vi garantisco che incontri come questo possono cambiare la vita di un prete! In meglio!! Non capita spesso che un uomo di Dio rivolga parole di conforto e di misericordia a una persona che vive una condizione umana, ritenuta dai più gravemente immorale. Nella stragrande maggioranza dei casi, noi (preti) operiamo all'interno della Chiesa, con la gente che frequenta gli ambienti cattolici, che viene a Messa la domenica, o, come direbbe il Signore, con le novantanove pecore dell'ovile... Invece, Papa Francesco, nella sua recente esortazione apostolica Amoris Lætitia, ci ricorda che Gesù è pastore di tutte 100 le pecore, e non permetterà che alcuna si perda. Il Buon Pastore lascia le 99 al sicuro ed esce dall'ovile, a cercare quell'unica perduta; trovatala, se la carica sulle spalle e, tutto contento, ritorna all'ovile e fa festa con gli amici. San Luca conclude: "Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione." (cfr. Lc 15,4-7). È parola del Signore.
Omelia di fr. Massimo Rossi
Liturgia e Liturgia della Parola della XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) 12 giugno 2016
tratto da www.lachiesa.it