29 maggio 2016 - Solennità del Corpus Domini: siamo noi oggi il corpo visibile del Cristo

News del 27/05/2016 Torna all'elenco delle news

Tra la festa della Santissima Trinità e quella del Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa pone quella del Suo Corpo che si fa pane e si dona a noi: alimento per eccellenza e alimento di vita eterna. L' Eucarestia è "il sacramento della vita e della morte del Signore" (P. Cantalamessa). Infatti il suo sangue versato è per eccellenza il calice della salvezza e il suo corpo è straordinario farmaco d'immortalità. "Essendo eterno ed incorruttibile Tu rendi incorruttibili quelli che mangiano Te, e li porti all'eternità con la smisurata efficacia che ti è naturale" (Filocalia).
L'uomo è ciò che mangia, diceva Feuerbach, un ateo che intendeva dire che nell'uomo non c'è altro che materia, ma così, senza volerlo, ha dato una definizione esattissima dell'Eucarestia confermando -senza saperlo-ciò che aveva già detto San Leone Magno: "La partecipazione all'Eucarestia, tende a farci diventare ciò che mangiamo".
Gesù nell'Eucaristia è presente non come una cosa, ma come una Persona, cioè come un Io che si comunica al nostro io, quindi c'è comunione di persone, incontriamo veramente qualcuno.

Tutti mendicanti

Quando andiamo alla Comunione tendendo la mano per ricevere il Signore della vita, siamo come dei mendicanti che tendono la mano per chiedere la carità del Pane di vita eterna, siamo il povero che tutto riceve, anzi riceve il Tutto: una carica esplosiva straordinaria, un fuoco ardente e incendiante. Eppure non bruciamo e non sentiamo la scossa! Non è normale non sentire che il fuoco brucia, e che la corrente dà la scossa. Siamo troppo protetti dall'irruzione di Dio. C'è troppo isolante in noi, cioè troppa indifferenza, troppo poca consapevolezza di chi stiamo per ricevere, troppa sterpaglia e rovi (= gli affanni a gli affari del mondo e le preoccupazioni della vita) che ci impediscono di essere raggiunti da questa forza ad altissima tensione che ci attraversa. Il Cristo si riversa in noi come una forza e un liquore inebriante che dovrebbe trasformaci totalmente, e noi non ce ne accorgiamo neanche, rimaniamo tali e quali con le nostre tristezze e pesantezze, invece di fare l'esperienza dell'ebbrezza dello Spirito. Dobbiamo chiedere la grazia di ridiventare normali: di sentire il fuoco bruciare e la scossa scuotere!

Noi, le piccole ostie

Nella Consacrazione, il sacerdote consacra tante piccole ostie assieme a quella grande, fatte di pane azzimo, cioè non fermentato perché senza lievito. Le piccole ostie siamo noi e dobbiamo diventare anche noi pani azzimi, cioè senza lievito di malizia, di vanagloria e di tutto quello che fermenta e fa gonfiare smisuratamente il nostro io che accaparra tutto e ci impedisce di essere attenti al Tu che riceviamo nell'ostia consacrata. E ci impedisce di sentire la scossa.
Il culto eucaristico poi, non si esaurisce nella Comunione, ma c'è anche l'adorazione a Gesù presente nel Tabernacolo. Ultimamente questo aspetto è stato un po' dimenticato, o perlomeno sottaciuto e va rivalutato. E' infatti un bellissimo gesto quello di andare a salutare Gesù presente nel tabernacolo, ogni volta che passiamo davanti ad una chiesa o fare l'adorazione ogni volta che ne abbiamo l'opportunità. E' come esporsi ai raggi potentissimi del nostro Sole divino.

Gesù, mendicante pure lui?

Nella Comunione e nella S. Messa, siamo noi i mendicanti della Parola e del Pane, ma nel Tabernacolo il mendicante è Gesù che ci dice: c'è qualcuno che si ricorda che Io sono qui veramente presente e in attesa che qualcuno bussi alla mia porticina per riversare su di lui un oceano di luce e di amore? E dopo saremo anche noi come piccoli Soli, come dice Dionigi l'Areopagita, che prima si sono riempiti di splendore irradiato e poi lo trasmettono agli altri. 


T'adoriamo Ostia Divina, t'adoriamo Ostia d'Amore

Celebriamo oggi la Solennità del Corpus Domini che per antica tradizione è la festa più importante e sentita della cristianità circa il culto eucaristico. Il centro della vita di ogni cristiano è la SS.Eucaristia, sia come celebrazione del memoria della pasqua del Signore, sia come partecipazione alla mensa eucaristica ed al banchetto del cielo che la SS.Eucaristia anticipa sacramentalmente.
Intorno a questa festa si sono sviluppate importanti manifestazioni di culto e di fede, che, soprattutto in alcune comunità conservano la loro freschezza, validità, incisività nella vita spirituale dei cristiani. Parliamo della Processione del Corpus Domini che in questa giornata si svolge in tutte le nostre comunità, ove la solennità la si festeggia di Domenica. Alla scuola della SS.Eucaristia si sono formati i santi che oggi vengono riproposti come modelli di vita per quanti sentono nel loro cuore l'urgenza di una vera comunione con il Signore e nel Signore con tutti i nostri fratelli nella fede e nell'umanità. I bellissimi canti religiosi e liturgici dedicati all'Eucaristia costituiscono per se stessi una catechesi ed una lezione di spiritualità eucaristica. Tutti i santi attratti dal grande mistero della fede, che racchiude in sé la presenza in corpo, sangue, anima e divinità di nostro Signore Gesù Cristo, hanno scritto ed hanno composto canti in onore di Gesù Sacramentato. Dai Padri della Chiesa, ai grandi teologi, ai santi di ieri e di oggi. Ascoltando loro e leggendo i testi composti da chi davvero è stato attratto dall'Amore Eucaristico noi possiamo capire il senso di questa odierna celebrazione. Il classico canto che conosciamo tutti quanti "T'adoriamo, ostia divina" ci invita a rinnovare la nostra lode a Dio, il nostro grazie verso colui che ha dato la vita per noi, Gesù Cristo Redentore. Rinnoveremo questa lode al Signore anche quest'anno con il partecipare prima di tutto alla liturgia eucaristica e poi alla solenne processione del Corpus Domini, che è la madre di tutte le processioni che si svolgono nelle nostre città e nei nostri quartieri, in quanto a camminare per le strade della nostra vita quotidiana è lo stesso Cristo nel santissimo sacramento dell'altare. Non è l'immagine della Madonna e neppure di santi, non sono le icone del Cristo, della Vergine Santa e dei Santi, ma è Gesù stesso che passa per le nostre strade a benedire, confortare e consolare, ma anche a chiedere un impegno di vita cristiana che parta proprio dal culto eucaristico e che si sviluppi in questo orizzonte.

Il testo della sequenza che leggeremo oggi nella liturgia della santa messa ci immette nei contenuti teologici della SS.Eucaristia. "Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito! Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona".
La liturgia della parola è chiaramente tutta improntata ai testi eucaristici, a partire dalla prima lettura tratta dal libro della Gènesi, nella quale si parla del sacrificio offerto al Signore dal sacerdote Melkisedek. Testo di chiaro riferimento al mistero dell'eucaristia, che è sacrificio di lode e di ringraziamento.
La seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi, ci presenta il momento dell'istituzione dell'eucaristia e la trasmissione orale di questo grande avvenimento alla vigilia della passione di Cristo che si celebra nel cenacolo, alla quale anche Giuda, il traditore, prende parte. Forte richiamo a quale tipo di approccio spirituale abbiamo noi con l'Eucaristia. Con la sensibilità di Giovanni o l'indifferenza di Giuda? A vedere come ci si accosta alla SS.Eucaristia in molte chiese e soprattutto a livello personale dovremmo pensare davvero che l'Euacristia sta diventando la grande sconosciuta nella vita dei cristiani, a partire dagli stessi bambini che hanno fatto la prima comunione e dopo le feste e festiccine si domenticano facilmente dell'eucaristia e l'abbandonano immediatamente. Come è triste sapere che tanti bambini e giovani una volta ricevuto il sacramento vi si accostano raramente o per niente. I frutti di un approccio più positivo all'Eucaristia difficilmente lo recuperiamo. Giustamente allora l'Apostolo Paolo rammenta ai cristiani di Corinto questo fatto speciale: l'istituzione dell'eucaristia e del sacerdozio cattolico in quell'ultima memorabile cena di Dio tra noi.

Ma è soprattutto il Vangelo a far convergere l'attenzione sul mistero dell'eucaristia con il presentarsi la moltiplicazione dei pani che, come si sa nel Vangelo dice chiaro riferimento al mistero eucaristico. Dal Vangelo secondo Luca, ascoltiamo, infatti, il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Chiudiamo questa nostra riflessione sul Corpus Domini con quanto diremo nel Prefazio dell'Eucaristia che ci introduce nel mistero della transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Gesù. Chi mangia questo cibo e beve questa bevanda ha la vita eterna e non va incontro al giudizio di condanna. "Nell'ultima cena con i suoi Apostoli, egli volle perpetuare nei secoli il memoriale della sua passione e si offrì a te, Agnello senza macchia, lode perfetta e sacrificio a te gradito. In questo grande mistero tu nutri e santifichi i tuoi fedeli, perché una sola fede illumini e una sola carità riunisca l'umanità diffusa su tutta la terra. E noi ci accostiamo a questo sacro convito, perché l'effusione del tuo Spirito ci trasformi a immagine della tua gloria".

Accostiamoci spesso a questo sacro convinto soprattutto di domenica, nei tempi forti dell'anno liturgico e in tutte le feste e ricorrenze. Saremo felici davvero e per l'eternità, in quanto ricevendo il corpo del Signore noi siamo intimamente legati a Lui e lo amiamo davvero più della nostra stessa vita. 

Omelia di padre Antonio Rungi 
 

E venne Colui che si prende cura

Gesù prese a parlare di Dio e a guarire quanti avevano bi­sogno di cure. C'è tutto l'uo­mo in queste parole; il suo nome: creatura-che-ha-bisogno, di Dio e di cure, di pane e di assoluto. C'è tut­ta la missione di Gesù: accogliere, dare speranza, guarire. C'è il nome di Dio: Colui-che-si-prende-cura. La prima riga di questo vangelo la sen­to come la prima riga della mia vi­ta: sono io uno di quegli uomini, ho bisogno di cure, di qualcuno che si accorga di me e poi mi sospinga ol­tre. Ma il giorno declina, bisogna pensare alle cose pratiche, gli apo­stoli intervengono: mandali via per­ché possano andare a cercarsi da mangiare.
Ma Gesù non ha mai mandato via nessuno. Il Signore non manda via perché lui per primo ha bisogno di comunione, con ogni do­lore, con ogni peccato, ogni sorriso. Vive di comunione, vive donando­si. Gesù replica invece con un ordi­ne che inverte la direzione del rac­conto: date loro voi stessi da man­giare.
«Date»: un ordine che attraversa i secoli, che arriva fino a me, che e­cheggerà nel giorno del Giudizio: a­vevo fame e mi avete dato da man­giare...
Dio che lega la nostra sal­vezza a un po' di pane donato, lega la sconfitta della storia al pane ne­gato. Non abbiamo che cinque pa­ni e due pesci... è poco, quasi nien­te. Ma la sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso tra tutti è sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare a sazietà, da solo, voracemente, il tuo pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che hai, due pesci, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle fe­rite, un po' di tempo e un po' di cuo­re. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato. Sulle colonne del­l'avere troveremo solo ciò che ab­biamo dato ad altri.
Dal pane al corpo. La festa del Cor­po di Cristo, offerto come pane, di­ce che «né a noi né a Dio è bastata la Parola. Troppa fame ha l'uomo e Dio ha dovuto dare la sua carne e il suo sangue» (Divo Barsotti). «Ecco il mio corpo», ha detto Gesù, e non, come ci saremmo aspettati: «ecco la mia anima, il mio pensiero, la mia divinità, ecco il meglio di me», sem­plicemente, poveramente: «ecco il corpo». La cosa più vicina a noi, ca­sa della fatica, volto modellato dal­le lacrime e levigato dai sorrisi, sa­cramento di incontri, luogo dove è detto il cuore. Cristo dà il suo corpo, perché vuole che la nostra fede si appoggi non su delle idee, ma su di una Persona, assorbendone storia, sentimenti, piaghe, gioie, luce; dà, perché dare è la legge della vita, u­nica strada per una felicità che sia di tutti. 

Omelia di padre Ermes Ronchi 

 

Il mistero della comunione tra Dio e l'uomo

La festa di oggi pone al centro il mistero della comunione tra Dio e l'uomo. Il "Corpo di Cristo", l'intera sua persona e esistenza, è il dono che Dio ha fatto all'umanità. Oggi per noi che significato ha? Penso di poter dire che questo "dono" ci permette di gustare la presenza di Dio in mezzo a noi. Presenza che non spaziale, dentro l'ostia, non è dentro il calice, l'azione di Dio non si esprime nello spazio, ma creando la creatura. Ora la creatura deve accogliere l'azione di Dio perché Lui possa essere presente anche come spazio. La presenza di Dio è nella nostra vita, siamo noi oggi il corpo visibile del Cristo. Penso che questo ci interessi! Dio non è presente se non accogliamo la sua azione e non ne siamo consapevoli!
Si legge oggi come Vangelo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. "Abbiamo solo cinque pani e due pesci", in realtà abbiamo davvero poco di fronte a tanta fame di pane, di amore, di senso! In ebraico la parola pane, leHeM, può essere letta:" a servizio della vita". Il pesce poi, nelle religioni antiche, è il segno della vita nascitura, simbolo del feto nelle acque uterine. Se mangiamo il pesce il venerdì, non è in realtà per penitenza, ma perché nell'antichità romana il venerdì era il giorno di Venere, la dea dell'amore e della fecondità! In ebraico le stesse lettere della parola pesce: DaG, lette all'inverso, indicano la parola "felicità" -GaD-, come se fosse necessario passare dalla notte del mare -simbolo del male- per accedere alla Vita che sarà gioia piena. Le moltiplicazioni dei pani nei Vangeli abbinano sempre pani e pesci come preannuncio dell'Eucarestia, dove il pane sarà vita donata e il vino primizia della gioia del regno. Il pesce invece non fa parte dell'ultima Cena, perché, essendo simbolo della vita, è il Signore stesso a essere la Vita, mangiata e bevuta dai discepoli. Tuttavia nelle apparizioni del Risorto il pesce è presente a più riprese.

Mangiare il Corpo e bere il Sangue è dunque nutrirsi con la Vita di colui che, prima di istituire l'eucarestia, ha scelto di sposare il destino di tutta l'umanità: lava i piedi dei discepoli, quasi per assumere la polvere della loro strada. Associarci allora a nostra volta al suo destino è cibarci dell'eucarestia che ci rialza e ci rinfranca per spezzare il pane della nostra vita. Il Signore ci ha lasciato il suo Corpo e il suo Sangue da condividere tra noi. Questo cibo moltiplica all'infinito lungo i secoli, sotto tutte le latitudini, facendo di tutti un solo corpo, un solo sangue. Ciascuno lo riceve secondo la propria capacità: l'Amore si dà sempre totalmente, ma non tutti sono in grado di aprirsi a lui senza resistenze. Eppure si dona continuamente, fonte inesauribile, riempie con la stessa gratuità un bicchiere o una botte. Che cosa facciamo di tanta generosa sovrabbondanza, di questo corpo dato per noi, di questo sangue, calice di novità? Nel matrimonio ebreo gli sposi bevono allo stesso calice e poi lo rompono, come segno che ormai il loro destino è uno solo e che nessuno potrà bere alla stessa coppa della loro vita. E noi siamo invitati a sposare il destino del Figlio dell'uomo, morto e risorto per i suoi fratelli! Amici, abbiamo una grande responsabilità: rendere presente Dio a quelli che ci vivono a fianco, sfamare durante la settimana secondo le esigenze di quelli che incontriamo, con quello che abbiamo, condividere il dono che Dio ci fa continuamente.

tratto da www.lachiesa.it

Liturgia e Liturgia della Parola della Solennità del Corpus Domini (Anno C) 29 maggio 2016